È recentemente apparso su «La difesa del popolo», il settimanale della diocesi patavina, un articolo intitolato Lasciamoci toccare dalla liturgia, in cui emerge il pensiero di due autori: Andrea Grillo, liturgista apprezzato da molti seminari e da gran parte del clero, acerrimo nemico della Tradizione, fautore di una riforma continua e convinto dell’ormai vetustà del Concilio Vaticano II; suor Piera Moretti, studiosa da tendenze sicuramente meno progressiste del succitato Grillo (anche perché bisognerebbe mettersi d’impegno). Ebbene, dal momento che gli articoli del professor Grillo sono tanto apprezzati dai nostri pastori, penso che non sia un problema provare a contestare alcune affermazioni, tratte dall’articolo che potete rinvenire a questo link. Mi sembra corretto inserire il riferimento perché così il lettore potrà trovare il contesto delle affermazioni.
«Il tema che nel mondo ecclesiale suscita più discussioni, confronti e persino aspre polemiche è proprio la liturgia»: non siamo stati certo noi a fare una riforma liturgica e a vessare, negli ultimi anni, coloro che sono affezionati alla Messa tradizionale; dovremmo dire in alternativa che gli ucraini creano discussioni, confronti e aspre polemiche perché non accettano la presenza russa.
«Una liturgia il cui significato profondo, forse, non abbiamo ancora capito pienamente»: siamo pronti ad essere illuminati dalla sapienza del professor Grillo. Battute a parte, non la si capirà mai finché la si considera un giocattolo da smontare e rimontare a proprio piacimento o in nome delle celeberrime “motivazioni pastorali”.
«Abbandoniamo le polemiche per ascoltare insieme che cosa lo Spirito dice alla Chiesa»: è una citazione diretta di papa Francesco, cui giriamo, rispettosamente, l’affermazione di cui sopra.
«Altri passaggi sembrano richiamare l’avvertimento sui “merletti” dato qualche settimana fa ai vescovi siciliani su una Chiesa ancora troppo ancorata a celebrare, nelle forme, il passato»: ma cosa c’entrano i merletti? Non soltanto il sottoscritto ricorda che pizzi e merletti debbono soggiacere a regole precise ed al buon costume, ma si interroga anche su un aspetto: non è che siete voi fissati con questi merletti? Alla fine la locuzione “pizzi e merletti” è più usata da chi vorrebbe (e lo ha fatto) incendiare i paramenti che non dai loro utenti. Poi un’altra domanda: che significa essere ancorati a celebrare, nelle forme, il passato? È possibile fare qualche esempio? Perché altrimenti si parla solo di aria fritta e qualche buon tempone potrebbe dire che anche Nostro Signore è un po’ noioso, ripetitivo, poco aperto alla creatività liturgico-pastorale scaturita dall’esperienza dello Spirito (da leggersi rigorosamente senza pause e con un sorriso da ebete sulla faccia) perché comandò di ripetere il Suo sacrificio come aveva fatto in una cena circa 2000 anni fa.
«Ma non è il cambiamento della liturgia la ragione della crisi della Chiesa, anzi, il cambiamento della liturgia è stata una risposta a una crisi già precedente»: davvero? Beh, allora vuol dire che ad un certo punto i fedeli hanno smesso di andare a Messa, i seminari si sono svuotati, i matrimoni religiosi sono drasticamente diminuiti e, di conseguenza, la Chiesa ha cambiato la liturgia; che senso avrebbe? È come somministrare una medicina ad un malato, che però non guarisce e continua a stare peggio; un medico serio smette di dargli quel farmaco, ritenendolo inutile se non addirittura dannoso.
«L’equivoco – più forte altrove che in Italia, va detto – fa credere anche all’interno di movimenti giovanili che “tornando alla ‘vecchia’ liturgia si possano ritrovare la fede e l’incontro con il Signore”»: certo, è proprio un equivoco: infatti le chiese pullulano di ragazzi e giovani attratti dalla novità, dalla freschezza della liturgia in progress, da costruire insieme, mica vanno in quei manicomi in cui si celebra la stessa Messa da secoli…le foto e le statistiche pubblicate dagli istituti ex Ecclesia Dei sono sicuramente false: le prove ce le ha il cugggino del professor Grillo, che però non può farle vedere a nessuno perché sono insieme all’iPhone non ancora uscito ma che lui ha già.
«Se lo chiamiamo ancora “celebrante” ne distorciamo l’esperienza»: verissimo, infatti si diventa preti per fare i buffoni, gli animatori sociali, per urlare col megafono alle feste dell’oratorio reggendo un bel boccale di birra, mica per celebrare la Messa!
«È la nostra incapacità di celebrare che alimenta le forme di tradizionalismo»: che molti sacerdoti siano incapaci di celebrare e non vogliano imparare a farlo è indubbio, ma la critica al Messale di Paolo VI non è (solo) sulla prassi, ma sui testi, sulle rubriche, sullo spirito cui si regge.
«Da oltre mille vescovi che in Vaticano, mentre uno diceva la messa, tutti dicevano il breviario per conto loro»: a parte che non è vero, perché vi sono decine di filmati che mostrano i padri conciliari segnarsi insieme, indice di una partecipazione alla stessa liturgia e non della individuale recita dell’Ufficio. Anche ammettendo che sia vera la frase, però, non mi risulta che questo sia conforme alle rubriche del Messa di Pio V. Vi erano abusi e malcostumi? Certamente, ma non è a questi che vogliamo tornare.
«Aggiornamento dei linguaggi non verbali»: sono quelle frasi fantastiche messe lì, senza senso. Un esempio di linguaggio non verbale da aggiornare?
«La Chiesa, che nel Sinodo si è impegnata ad ascoltare tutti, anche il più piccolo»: tranne coloro che frequentano la Messa tradizionale, loro necessitano di rieducazione forzata.
Sono alcuni stimoli, alcuni punti di discussione. Ora, io vorrei invitare il professor Grillo a rispondere a queste affermazioni, ma puntualmente, non dicendo che ha già risposto e ha già detto tutto sull’argomento, perché chi sa di essere nel giusto non ha paura di dirlo o di ripetersi. Dico bene? Altrimenti parleremo sempre e solo per ideologia, sia pure prezzolata dalle conferenze episcopali, senza farci toccare (per davvero) dalla liturgia.