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Le diatribe tra casula e pianeta

Già prima del Concilio Vaticano secondo (1962-1965) iniziarono a nascere diatribe per l’utilizzo della pianeta in un contesto nuovo in cui era stata riscoperta la casula. Durante il Concilio si decise la sostituzione della pianeta con la casula per le celebrazioni liturgiche.

Partiamo con ordine. Forse non tutti sono a conoscenza dell’”abissale differenza” tra casula e pianeta: due paramenti liturgici omologhi utilizzati dal celebrante per presiedere la liturgia della messa. La pianeta era originalmente una veste ampia, con un’apertura tonda per la testa, che avvolgeva la persona del sacerdote celebrante come se fosse una casa: un rifugio sicuro (der. casa/casula ) indossato come suddetto durante la celebrazione della messa; il suo ingresso all’interno della liturgia cristiana deriva dall’antico mantello da viaggio utilizzato dagli antichi. Era chiamato in latino paenula o anche proprio casula. Con il tempo e con la grande espansione del cristianesimo, questo paramento liturgico andava piano piano sempre più arricchendosi di stoffe e decori preziosi; sono presenti illustrazioni del XIII secolo che mostrano le pianete molto più ampie delle casule moderne. Questa graduale crescita portò chiaramente anche ad una graduale diminuzione della “pesantezza” dei paramenti. Questo accadde poiché divenne pressoché difficile per il celebrante compiere i gesti ed i movimenti durante le celebrazioni. Dunque dopo poco divenne una veste semi-rigida foderata e senza maniche, da indossare con un’allacciatura sui fianchi. Nel XVII secolo la pianeta era ormai costituita come la conosciamo oggi da due strutture rigide, una per il davanti e l’altra per il dietro. Le chiese più ricche ne avevano per corredo alcune realizzate con tessuti pregiati, ricami e decorazioni, tanto da rappresentare delle opere d’arte ormai legate alla tradizione delle celebrazioni religiose. Molte di quest’ultime sono pervenute fino ai giorni nostri soprattutto quelle appartenute a santi o a ecclesiastici d’alto rango.

Esistevano diversi tipi di pianeta:

  • romana: ha apertura trapezoidale per il capo e la cucitura sul petto dei due lembi di stoffa delle spalle; come ornamento posteriore presenta una striscia verticale centrale detta “colonna” e quello anteriore ha la forma di forma di una croce commissa;
  • spagnola: presenta la cucitura sulle spalle e solitamente una lunghezza leggermente superiore rispetto alla pianeta romana; gli ornamenti anteriore e posteriore sono entrambi a “colonna”;
  • tedesca: ha cucitura sulle spalle e l’apertura tonda per il capo; l’ornato posteriore è a forma di croce, mentre quello anteriore è a “colonna”;
  • francese: anche questo modello ha la cucitura sulle spalle, mentre presenta una apertura simile a quella romana, ma meno marcata; l’ornamento è simile al modello tedesco.

Nel XX secolo è riapparsa la tendenza di tornare alla forma più ampia del paramento, anche se leggermente diversa da quella originale: le primissime casule infatti avvolgevano completamente il sacerdote fino ai talloni, quelle che ritornato in uso nel secolo del Concilio Vaticano II invece erano più corte e semplici (come spesso quelle attuali). L’introduzione di questa “nuova” forma provocò da parte di molti cristiani una reazione fortemente negativa, per cui la Sacra Congregazione dei riti emise, il 9 dicembre 1925, un giudizio negativo, che fu esplicitamente ritirato con la dichiarazione Circa dubium de forma paramentorum del 20 agosto 1957 che lasciò la decisione al giudizio prudente degli Ordinari locali. C’è da sottolineare che esiste una fotografia che mostra Papa Pio XI mentre la messa nella Basilica di San Pietro indossando una sorta di casula moderna nella festa di San Giuseppe del 1930. Durante il Concilio Vaticano II si decise la sostituzione della pianeta con la casula per le celebrazioni liturgiche. Lo scopo era quello di “ritornare ad una tradizione antica”, ora c’è da chiedersi se effettivamente ci sia stato un vero ritorno ad una “tradizione antica” o se piuttosto si sia utilizzato un pretesto, effettivamente buono, per peggiorare le cose.

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