Le imposte che la Chiesa (non) paga

Un mito che va avanti da anni quello della Chiesa che non paga le tasse. Un vero e proprio mito che perseguita il cristiano con frasi tipo “il Vaticano non paga le tasse”, “non hanno mai pagato un euro”, “ah se il Vaticano pagasse le tasse”, e ancora “potrebbero risolvere la povertà nel mondo”.
Molto spesso, e nella maggior parte dei casi, il cristiano non sa difendersi da queste accuse vuoi perché non saprebbe argomentare l’argomento o perché non è abbastanza informato. Ecco perché ho deciso di fare una ricerca al riguardo, proprio per fornire una conoscenza sufficiente a formulare e sostenere una tesi attendibile e veritiera.

Carta canta si dice, infatti, chi continua a dire che il Vaticano ha evaso 5 miliardi di IMU allo Stato italiano non offre alcun dato che permetta di verificare l’attendibilità di questa affermazione. C’è addirittura chi dice che la Chiesa possiede un patrimonio assai voluminoso, o addirittura che un immobile su quattro, presente sul territorio italiano, appartenga al Vaticano. Si tratta chiaramente di dati fantasiosi (e bisogna averne tanta di fantasia) ed irrealistici, primo perché la maggior parte del patrimonio della Chiesa è riconducibile ad un patrimonio artistico, faccio riferimento alla Cappella Sistina per esempio. In secondo luogo, la maggior parte dei suoi immobili sono chiese, che non rendono nulla e per i quali bisogna invece sostenere elevati costi di manutenzione.

Risultato immagini per chiesa parrocchiale

Ciò che rende davvero sono gli immobili dati in affitto e su questi lo Stato del Vaticano (per generalizzare) da sempre paga le imposte (termine corretto) senza sconti o riduzioni. E’ però anche vero che gode di esenzioni, ma, attenzione, stiamo parlando di esenzioni di cui beneficiano tutte le altre Confessioni religione, tutti i partiti, i sindacati e tutti coloro che realizzano le condizioni previste dalla legge. E’ chiaro che stiamo parlando di esenzioni per immobili destinati ad enti senza scopo di lucro, come scuole, mense per i poveri o centri culturali. Vi starete chiedendo qual è il motivo per cui questi enti godono di tale beneficio, la risposta è semplice: i comuni rinunciano all’imposta proprio perché la comunità riceve un vantaggio che è più ampio di quello che si sarebbe realizzato incassando l’imposta. A sostegno di questa tesi gioca il fatto che le attività alberghiere, anche se gestite da enti religiosi, pagano regolarmente le imposte.

Tutto questo per quella che riguardava l’allora ICI e l’attuale IMU. Dovete però sapere che la storia non finisce qui, infatti, si aggiungono la TASI, tributo locale per i servizi indivisibili, e l’IRES, imposta nazionale per le persone giuridiche. Per gli enti non commerciali (quindi non solo la Chiesa Cattolica ma qualunque ente) l’IRES è applicata con l’aliquota ridotta del cinquanta per cento (a conti fatti il 12%). Va poi inoltre ravvisato che, a differenza delle società commerciali, gli enti non commerciali non possono recuperare l’Iva sui lavori o sugli acquisti.

Va poi precisato in ultimo che con l’ICI (art. 7 commi d, i dlgs 504/1992) e poi con l’IMU (art. 9 co. 8 Dlgs 23/2011) si e’ sempre prevista l’esenzione, tra gli altri, per i fabbricati e pertinenze destinati esclusivamente all’esercizio del culto ed alle attività di cui all’art. 16 lett. “a” L 222/1985. Nello specifico, tale esenzione vale per la chiesa e la casa canonica. Per quanto riguarda la casa canonica ovviamente non esiste alcuna disposizione di legge che ne indichi l’esenzione. Essa acquisisce l’esenzione in quanto pertinenza della Chiesa. Molti comuni tuttavia disconoscono l’esenzione quando il Parroco non ha la residenza anagrafica nella casa canonica.

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Per concludere vorrei riportare alcuni dati che ci vengono forniti da una dichiarazione del presidente dell’Amministrazione del patrimonio della Santa Sede, Monsignor Nunzio Galantino. Le tasse pagate nel 2019, dall’ente vaticano che gestisce gli immobili intestati direttamente alla Santa Sede, ammontano a 5.750.000 euro di IMU e a 354.000 euro di TASI. Va poi aggiunta la modica cifra di 3.200.000 euro di IRES che conduce ad un totale di 9 milioni di euro circa. Prestate attenzione perché queste cifre fanno riferimento ai soli beni posseduti dalla Santa Sede per la maggior parte nel comune di Roma. Perciò bisognerà poi considerare quanto viene versato a tutti gli altri comuni italiani dalle oltre 26 mila parrocchie presenti sul territorio nazionale.

Siete ancora sicuri che la Chiesa Cattolica non paghi le tasse? Anzi no, scusatemi, non sono tasse ma imposte, sono due concetti completamente diversi su cui consiglio di fare attenzione. Detto ciò ricordatevi anche di quanto la Chiesa fa ogni giorno per il bene del Paese. In particolare di come lo fa: nel silenzio in favore dei più bisognosi.

Partiamo dai fatti, non dalle parole.

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