Recentemente è stata ritrovata, a Firenze, una preziosa reliquia: si tratta di una vertebra di San Giovanni Battista, da tempo smarrita. Quando si parla di reliquie si pensa quasi sempre ai tempi medievali, quando queste hanno conosciuto uno sviluppo nuovo e singolare. Ma qual è il loro significato? Perché sono così importanti per la comunità cristiana? E qual è il ruolo che possono ancora svolgere oggi, nel XXI secolo? Analizziamo, come primo momento, la storia dell’impiego delle reliquie.
Già al tempo del Paganesimo molte erano le reliquie legate più che altro ai miti di fondazione; una particolare andava rinnovata continuamente, il fuoco sacro di Vesta a Roma, che si credeva risalisse a ben prima della fondazione dell’Urbe.
Con l’epoca cristiana, prima dell’editto di Milano, erano considerate reliquie i corpi dei martiri sepolti nelle catacombe, che più precisamente erano chiamate “koimeteria”, cioè “luoghi del riposo”. I corpi santi erano l’espressione visibile del ricordo dei dolori patiti per la fede in Cristo, uno stimolo a fare altrettanto, forse meglio, sicuramente un invito alla santità. Dobbiamo immaginare la devozione dei primi cristiani che, di fronte a quei corpi, sentivano riecheggiare le parole “hic vir, despiciens mundum et terrena, triumphans divitias coelo condidit ore, manu” (Quest’uomo, disprezzando il mondo e le cose terrene, trionfando ottenne ricchezze in cielo con le parole e con le opere). E ancora un altro segnale di speranza e di coraggioso zelo, fornito dalle parole di Giacomo, “Beatus vir, qui suffert tentationem: quoniam cum probatus fuerit, accipiet coronam vitæ, quam repromisit Deus diligentibus se” (Beato l’uomo che soffre la tentazione, poiché quando sarà stato provato, riceverà la corona della vita, che Dio ha promesso a coloro che lo amano). Ecco la natura, il significato e lo scopo delle reliquie nei secoli delle persecuzioni.
Con l’età costantiniana, dal 313, si proclamò la libertà di culto, e l’imperatrice Elena, madre di Costantino e cristiana, scelse di indicare una direzione diversa per il culto delle reliquie, più radicale: si trattava di tornare alla fonte, cioè a Cristo, e dunque di ritrovare gli strumenti della Passione. C’è tutta una documentazione precisa sulla “missione” in Terra Santa di Sant’Elena, in cui si narra anche il ritrovamento delle tre croci sul Golgota e il riconoscimento di quella del Signore grazie alla guarigione di un uomo che vi fu adagiato sopra. Gli strumenti della Passione furono portati a Roma, dove si conservano tuttora, in maniera più frammentaria; dal Palazzo Lateranense ora si trovano nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme. È con questa svolta che si origina il culto che troviamo nel Medioevo, enfatizzato a tal punto che con il Concilio di Trento la Chiesa dovette imporre delle regole rigide sulle reliquie: da lì l’obbligo del sigillo e del riconoscimento della reliquia come tale da parte dell’autorità preposta. Dal Cinquecento la diffusione delle reliquie non si è fermata, anzi, si è arricchita anche dei resti dei martiri dell’età moderna e poi contemporanea, uccisi nel nome della falsa religione (protestantesimi vari, ortodossia russa), dell’ideologia (comunismo, nazionalismi socialisti) e delle nuove spiritualità che hanno soppiantato l’adorazione del vero Dio in questi tempi di nuovo paganesimo (rituali satanici e di formazioni parareligiose).
Ma non solo reliquie di Martiri; la Chiesa ne conserva anche di Confessori, Dottori della Chiesa, Vergini. Tutte, però, hanno un filo conduttore che parte da Cristo e a lui torna, perché i Santi sono l’immagine vivente di Dio, gli esempi che ci hanno preceduto nella fede e che è necessario seguire, per progredire sempre di più nella via del bene e concorrere per la corona di gloria.
Detrattori di questa pia pratica, non solo fuori della Chiesa ma anche dentro (si fa per dire…) di essa, adducono prove e testimonianze e idee e teorie secondo le quali il culto delle reliquie sarebbe sbagliato, inutile e, addirittura, dannoso. Molti ricordano come nella Bibbia non ci sia traccia di tale uso, eppure dimenticano che l’Arca dell’Alleanza fu costruita per ordine dell’Altissimo con materiali preziosi per contenere le tavole della Legge, come segno della perenne presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Più tardi vi si conserverà anche il bastone di Aronne.
Altri si pongono nel solco di una religiosità priva di fronzoli, pensando probabilmente di essere innovativi. Dimenticano che è un’idea antica, formulata già da Ludovico Antonio Muratori, che già nel Settecento auspicava nella “Regolata divozion”, cioè in una fede senza “medaglie, Agnus Dei, corone, pazienze, abitini, cordoni, immagini di santi, brevi, confraternite, e simili altre invenzioni visibili di pietà”. Tuttavia, il Muratori era ben consapevole del ruolo soprannaturale svolto da questi oggetti, ma comunque li riteneva superflui per una persona di cultura.
Infine, ci sono coloro che, insieme a reliquie, processioni, statue, si scagliano anche contro il Santo Sacrificio dell’Altare, additato come espressione del magico potere dei preti di influire sulle folle. Lutero si è già espresso a suo tempo, la Chiesa ha già risposto col Magistero, il Demonio continua ad urlare e a dimenarsi ma il Signore insegna che deve tacere. E oltre non è necessario spingersi.
In conclusione, considerando quanto espresso, e badando che la realtà, che non è questa, ma quella in cui Cristo vive in eterno, in quanto reale è immutabile e sempre coniugata al tempo presente, si può affermare con certezza che il ruolo delle reliquie, oggi come nel III secolo, è sempre il medesimo: è il ricordo tangibile degli esempi dei Santi, necessario perché tutti bisogna che lo siano. Ovviamente non è purtroppo vero che tutti si salvano, e lo disse chiaramente Gesù, istituendo l’Eucarestia, pronunciando le parole “pro vobis et pro multis”, e non “pro omnibus”: l’inferno è tuttaltro che vuoto, ma il cristiano ha il dovere di combattere la tirannia di Satana in questo mondo, per portare il maggior numero di anime a Dio. E le reliquie ci ricordano la via: Fede, Speranza, Carità.