Le rogazioni nella tradizione liturgica

Ancora oggi in alcune zone, nel tempo delle rogazioni, i contadini fabbricano croci con i rami potati abbellendoli con ramoscelli di ulivo benedetto. Scopriamo cosa sono e a cosa servono.

Il termine “rogazione” deriva dal verbo latino “rogo”, che significa: chiedere, pregare, supplicare incessantemente. Per “rogazioni” comunemente si intendono quelle processioni penitenziali che si svolgono in occasione della  festa di San Marco evangelista (25 aprile) e nei tre giorni che precedono la festa dell’Ascensione del Signore.  

In realtà, i due riti sono ben differenti, in quanto sono da ricondurre ad  ambiti originari distinti nel tempo e nello spazio; la processione del 25 aprile viene propriamente appellata come “Litania maggiore”, mentre quella che si compie durante il triduo vigilare dell’Ascensione viene dai liturgisti denominata come “Litanie minori” o “rogazioni” propriamente dette.  

Secondo la dottrina classica, queste processioni penitenziali vengono compiute dai fedeli per diversi scopi: assicurare i frutti della terra, la protezione contro i fulmini, la grandine, gli uccelli voraci, gli insetti e gli animali nocivi al raccolto, la protezione contro la siccità e la clemenza del clima assicurando in tal modo, la feracità del suolo, il sostentamento come dono di Dio, attraverso l’agricoltura, la giusta collera di  Dio verso l’umanità che risiede nel peccato e impetrare il divino favore sulle  necessità della chiesa sotto la guida del Sommo Pontefice successore di Pietro.  La penitenza esteriormente dimostrata deve essere l’indice di un autentico  cambiamento dell’anima, che può avvenire solo dopo aver rigettato il peccato  e meritarsi dunque in questo modo dal Signore la liberazione da tutte le calamità che affliggono il mondo nella sua totalità. I Santi sono anello diretto  di congiunzione tra terra e cielo, ponte sicuro che convoglia le intercessioni a  Cristo stesso: per questo dunque durante le rogazioni si recitano le Litaniae Sanctorum che accompagnano il cammino dei fedeli e la loro preghiera.  Le sacre scritture della messa delle rogazioni (ora purtroppo abolita ma  anticamente celebrata dopo la processione penitenziale) propongono la  meditazione sui felici esiti della confidenza in Dio nelle avversità laddove  l’uomo persevera fiducioso nell’orazione profonda, con cuore contrito ed  umile, sicuro di ottenere dal cielo tutto ciò di cui bisogna avere per vivere  onestamente. Le processioni delle rogazioni minori si svolgevano per tre  mattine consecutive nei giorni di lunedì, martedì e mercoledì in quanto  l’Ascensione cadeva di giovedì. Il percorso prendeva avvio nel mattino presto  e si poteva snodare per diversi chilometri in modo che tutto il territorio della  parrocchia potesse essere, almeno a distanza, benedetto. Si partiva sempre  dalla chiesa parrocchiale verso una meta significativa, un capitello o l’incrocio di strade ove il corteo si fermava. Il prete benediva in direzione dei quattro  punti cardinali e invocava la protezione divina contro le folgori e la grandine,  la peste, la fame e la guerra e contro “il flagello del terremoto”. I fedeli  rispondevano: Libera nos Domine. Al rientro in chiesa, il prete proclamava gli oremus finali delle litanie dei santi. Seguiva la Messa senza il canto del gloria.  

Le rogazioni maggiori che il calendario liturgico propone per il 25 aprile (come suddetto), hanno origini ancora più antiche. Si rifanno alla ricorrenza  pagana, Rogalia, con processioni in onore di Cerere, dea delle messi, allo  scopo di propiziare buoni raccolti. Di questa tradizione ne parla già Ovidio nei “Fasti”: “Una turba vestita di bianco, preceduta dal flamine Quirunale si recava nel lucus, bosco sacro dell’antica Robico dove offriva il sacrificio di  una pecora e di una cagna gettandone sul fuoco le viscere con il flamine,  l’incenso e spargendo sopra una tazza di vino. Il sacrificio della cagna era  posto in relazione alla costellazione del Cane (Canicula) il cui apparire è  accompagnato dal caldo torrido, detto, appunto “Canicola” che secca la terra e  danneggia le messi.  

Alla fine del VI secolo, durante il papato di Gregorio Magno, la Chiesa  cristianizzò questo rito e nel suo Sacramentario lo definì “Litanie maggiori”, mentre quelle minori venivano acclamate nei giorni precedenti  l’Ascensione.  

Ancora oggi in alcune zone, nel tempo delle rogazioni, i contadini fabbricano croci con i rami potati abbellendoli con ramoscelli di ulivo benedetto. Secondo una diffusa credenza, piantarli nei campi e negli orti teneva  lontano le streghe, i diavoli e la Madre di San Pietro che, secondo la leggenda,  a cavallo tra giugno e luglio, scatena lampi, tuoni e tempeste. Ai tempi di Papa Liberio (352-366), le Rogationes erano “suppliche per la fecondità della terra e l’abbondanza dei raccolti”.  

Il concilio Vaticano secondo, con la sua innovazione liturgica, prevede ancora  le rogazioni. Le troviamo nel nuovo benedizionale in italiano. Naturalmente  il contesto cambia, non si riferiscono solo alle campagne ma all’intero creato che l’uomo è chiamato a coltivare e custodire. Si suggerisce di farle nei tre  giorni che precedono l’Ascensione, che nel N.O. cade di domenica. La  liturgia della Parola propone il testo evangelico o quello degli Atti degli Apostoli che narra l’Ascensione di Gesù al cielo che invia i suoi discepoli a portare il Vangelo nel mondo intero.  

Nel primo giorno la Benedizione è diretta alla comunità locale. Il secondo  giorno si prega per chi lavora nei campi ma anche in fabbrica, in ufficio o in  casa. Nell’ultimo si consiglia di recarsi in processione in riva a un fiume o attorno alla fontana del paese e pregare per la salubrità di sorella acqua e  ricordando che l’acqua lustrale con cui ci segniamo entrando in chiesa e che viene usata nelle aspersioni è il “vivo ricordo del nostro Battesimo”.

Questo articolo è tratto da
Templum Domini 11 | Marzo-Aprile 2022

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