Nella liturgia cristiana, la Lectio Divina (lettura divina) è una pratica tradizionale mistica di preghiera sulla Bibbia, ed ha come fine l’unione spirituale con Dio.
La Lectio Divina, cioè “lettura della volontà di Dio”, avviene attraverso la lettura delle Sacre Scritture nella convinzione che Dio voglia istruire tramite esse.
E’ raccomandabile leggere il testo con la penna in mano, cominciando a sottolineare i soggetti, le azioni, i sentimenti, le qualità. Man mano il testo acquista rilievo inaspettato. A volte la nostra meditazione della Scrittura è arida perché leggiamo cursivamente, affrettatamente, oppure perché la più grande preoccupazione è di andare in cerca subito di commenti, di spiegazioni, senza faticare di persona leggendo con attenzione.
Dopo aver analizzato il brano nei suoi elementi, si cercano altre pagine che riportino situazioni simili, nel Nuovo e nell’Antico Testamento. La Lectio si allarga, vengono alla memoria avvenimenti o figure bibliche, il testo che stiamo leggendo è rischiarato da un atteggiamento di Gesù in un’altra occasione, da una parola di San Paolo e via dicendo. Bisogna star attenti, tuttavia, a non considerare la Lectio Divina come esegesi del testo biblico: l’esegesi preclude uno studio di tipo scientifico sul testo, mentre la Lectio è un mettersi in ascolto di Dio che parla alla nostra anima mediante la Sua Parola.
La Meditatio è il secondo gradino e consiste nel ricercare i valori permanenti o i messaggi del testo. Risponde alla domanda: che cosa ci dice il testo? Meditare vuol dire “ruminare” la pagina biblica attraverso delle domande o, in altre parole, considerando i valori permanenti. Da quello che Gesù ha detto duemila anni fa o da ciò che Abramo ha fatto 3500 anni fa, bisogna cogliere alcuni valori perenni: quali sono, perché sono importanti, che significano nel contesto odierno, che senso hanno per me. Si entra quindi in dialogo con la Parola di Dio; che cosa dici a me? Quale atteggiamento mi suggerisci attraverso questo testo? Da quale atteggiamento mi metti in guardia? Quale mistero di te mi riveli? Quale profondità del cuore umano scopri?
L’Oratio è il quarto gradino, dove si dialoga con il Signore Gesù, partendo dal testo, mediante la lode, il rendimento di grazie, la domanda. Viene alla mente una semplicissima definizione di santa Teresa d’Avila:«L’orazione non è altro che un intimo rapporto di amicizia, un intrattenimento con Colui da cui sappiamo di essere amati». Solo a questo punto il colloquio con Gesù entra in movimento. Ad un certo istante della meditatio, il cuore si scalda e si predispone ad accogliere le mozioni spirituali che il Signore permette per gustare il qui e ora dell’incontro.
La Contemplatio è il quarto momento. E’ un passaggio delicatissimo: all’attività umana – certamente guidata dalla grazia se si vuole giungere alla preghiera – si sostituisce gradualmente l’azione di Dio. E’ il momento in cui ci mettiamo di fronte al mistero da cui è nato il brano biblico, al mistero di Dio-amore, al mistero di Cristo e dello Spirito diffuso e operante nella storia. Allora il brano parla a me, per me, non è più soltanto un veicolo di messaggi generali. Dimenticando i particolari si contempla il mistero di Dio che è il cuore d’ogni pagina della Bibbia, il mistero della Santissima Trinità. Si contempla in un colloquio semplice che è adorazione, lode, offerta, ringraziamento, richiesta di grazie oppure anche umile sguardo. Non lo sguardo povero di chi guarda e non sa più cosa fare bensì sguardo arricchito da tutta la Parola che si è meditata, sguardo che è la risposta alla Parola. Se la lectio è un ascolto attivo, la contemplatio è il momento passivo dell’intimità. Ed è importante perché, di fatto, soltanto a livello di quest’intimità noi cominciamo a conoscere Dio nell’esperienza, nel cuore, e non soltanto nell’intelletto. Il Signore può certamente chiamare alla contemplazione senza passare per la parola della Scrittura, però ordinariamente è la Scrittura che suscita in noi la fede nella Parola e, dalla fede, la contemplazione.
Dall’oratio nasce la Consolatio, termine che richiederebbe una lunga spiegazione. In questo articolo lo utilizzo nel senso di “paraklesis” neotestamentaria: si sperimenta nel cuore gioia e affinità con gli atteggiamenti evangelici proposti dal messaggio del testo, si avverte il tocco di Dio. Consolatio è quindi un termine neotestamentario e vuol dire una profonda gioia interiore, gusto delle cose di Dio, gusto di Dio come Dio, gusto della verità, della castità, del sacrificio, dell’amore. E’ il gusto dei frutti dello Spirito Santo, una specie di istintiva connaturalità con i valori evangelici che la lectio ci ha fatto scoprire, che la contemplatio ci ha proposto nella persona di Gesù e ora, nel momento della consolazione, si uniscono alla nostra persona. E’ per questa consolatio che i santi compiono tante opere, sostengono tante fatiche apostoliche, che i martiri affrontano le persecuzioni.
Alla consolatio segue quell’atteggiamento specifico del Nuovo Testamento che si chiama Discretio, il discernimento. Consiste nel cogliere con chiarezza la differenza tra valori e disvalori, valori evangelici e contraffazioni. Qui il tocco di Dio è più forte. Il discernimento è la capacità di percepire dove opera lo Spirito di Dio, lo spirito evangelico, lo Spirito di Cristo: nelle situazioni, nelle decisioni, negli avvenimenti, nei problemi. E di percepire dove invece opera lo spirito di Satana, lo spirito di menzogna, lo spirito di inganno, lo spirito di amarezza, lo spirito di confusione. Il discernimento, quando ci è dato attraverso una sensibilità spirituale, quasi istintiva e permanente, è chiamato il dono del discernimento degli spiriti per il quale San Paolo prega affinché sia dato ai suoi, ed è indispensabile per chi ha delle responsabilità.
Chi ha poche scelte da fare ha già le sue scelte, e se le vive in obbedienza e in umiltà si santifica. Chi deve fare delle scelte pastorali, apostoliche, ha un grandissimo bisogno di questo discernimento per capire dove opera lo Spirito di Cristo e dove inganna lo spirito di Satana: qui c’è del giusto, qui c’è sacrificio evangelico, qui c’è santità, qui c’è obbedienza sincera: qui invece c’è falsità, furbizia, qui c’è apparenza, qui ci sono cose che sembrano buone, ma in realtà suonano male.
La Deliberatio è il gradino successivo alla discretio e indica una scelta evangelica concreta. Ogni grande scelta cristiana, in particolare le scelte religiose – povertà, castità, obbedienza – nascono dalla conformità spirituale con l’essere di Cristo.
L’ultimo passo è l’Actio, l’agire evangelico, che consegue alla scelta, alla deliberatio: si compie concretamente un’azione che cambia il cuore, converte la vita.
Gli otto momenti si potrebbero riassumere con altre parole: il momento della salita (lectio, meditatio, oratio), la vetta (contemplatio), la discesa (consolatio, discretio, actio). Qui è risolto il famoso dilemma preghiera-azione. Non sono affatto due realtà parallele o contrapposte, perché l’agire evangelico nasce dalla preghiera evangelica della Scrittura. Sono due momenti di un unico movimento, che è l’uniformarsi al movimento di Cristo verso l’uomo, alle scelte e all’agire di Cristo.
Il 16 settembre 2005, Papa Benedetto XVI ha rilanciato la Lectio Divina dicendo:
“In questo contesto, vorrei soprattutto evocare e raccomandare l’antica tradizione della Lectio divina: l’assidua lettura della Sacra Scrittura accompagnata dalla preghiera realizza quell’intimo colloquio in cui, leggendo, si ascolta Dio che parla e, pregando, Gli si risponde con fiduciosa apertura del cuore (cfr DV 25). Questa prassi, se efficacemente promossa, recherà alla Chiesa – ne sono convinto – una nuova primavera spirituale.”
Papa Benedetto XVI