Tre sono gli artisti che segnano un forte cambiamento radicale nella realizzazione iconografica della Beata Vergine Maria: Beato Angelico, Filippo Lippi e Piero della Francesca.
Beato Angelico (nato Guido di Pietro, 1395 circa –1455), introduce nelle sue opere un nuovo stile che va distaccandosi sempre di più da quello che è il modello bizantino dei primi secoli del medioevo.
Esemplare è la Madonna con Bambino in trono (1435) che da un versante ricalca lo schema tradizionale giottesco e di Cimabue, dall’altro si propone come una nuova figura. La frontalità della Madonna conferisce solennità all’immagine sacra, ingentilita dal tenero abbraccio del Bambino, secondo l’antica iconografia bizantina della Madonna di Eleusa, che esprime tenerezza per i suoi movimenti più morbidi e meno ieratici. Anche il trono è basso e ricco di fastose tappezzerie, ma a dare un senso di spazialità contribuiscono il gradino marmoreo, di gusto rinascimentale, e la sapiente costruzione della figura della Vergine, con passaggi chiaroscurali che ne definiscono le forme. Gli incarnati chiarissimi del bambino sembrano emanare luce, suggerendo un senso di morbidezza della materia. In basso, ai lati del gradino, i frammenti verdi che si osservano sono tracce del prato fiorito sul quale si ergeva il trono.
Esempi di cesura verso il passato sono invece le scene dedicate ad alcuni episodi della vita di Gesù e di Maria. I personaggi rappresentati, oltre a perdere la staticità delle pitture bizantine, assumono una fisionomia più umana e contestualizzata in determinati luoghi. Si pensi all’Annunciazione, alla nascita di Gesù o all’annuncio della resurrezione alle pie donne.
Filippo Lippi (1406-1469) colloca la Vergine Maria in una stanza con una grande finestra che affaccia su un paesaggio montuoso. L’elemento di novità chiaramente è il taglio della figura, non frontale, ma di profilo. La Madonna siede su un trono di cui si intravede solo il morbido cuscino ricamato e il bracciolo intagliato, intenta a contemplare il figlio verso il quale rivolge un gesto di preghiera. L’espressione è dolce e indulgente, ma quasi malinconica, come se la Madre presagisse il doloroso destino del Figlio. Il piccolo Gesù, coperto solo dalle fasce, risponde allo sguardo di Maria e protende le braccia verso di lei, sostenuto da due angeli. Quello in primo piano rivolge lo sguardo all’esterno, per coinvolgere lo spettatore, con un volto sorridente. Le aureole sono appena accennate per lasciare spazio al paesaggio sullo sfondo.
Piero della Francesca (1412-1492) invece gioca con la prospettiva dei luoghi di contesto; si pensi alla perfezione dell’uovo di struzzo, simbolo di rinascita, pendente sul capo della Vergine con il bambino, e con la morbidezza e le ombre nei panneggi. In particolare, sia i santi che le rappresentazioni della Madonna perdono uno degli emblemi fondamentali: le aureole.
La Madonna della misericordia (1445), presenta:
– un legame con la tradizione iconografica mariana bizantina per lo sfondo dorato alle spalle della protagonista
– un elemento di novità: la Vergine appare imponente, di proporzioni decisamente maggiori rispetto alle figure inginocchiate ai suoi piedi, maestosa, con tanto di corona sul capo, che è coperto da un velo ricamato. Con un gesto solenne, allarga le braccia tenendo con entrambe le mani i lembi del suo mantello, in segno d’affetto e di protezione.
Otto personaggi accompagnano l’immagine mariana. Quattro uomini si prostrano, supplici e adoranti, alla destra della Madonna. Altrettante donne la invocano alla sua sinistra. I visi sono talmente caratterizzati da far pensare a dei ritratti delle persone legate alla Confraternita della Misericordia di Sansepolcro o comunque care all’artista. Il personaggio con i capelli rasati e vestito di rosso, all’estremità sinistra per chi guarda, sembra comparire anche in altre opere del pittore toscano, e secondo una tradizione rappresenterebbe proprio l’autore.