È desiderio di S.E. Rev.ma Mons. Mario Oliveri, “a causa del clima di incertezza e smarrimento che sconvolge il presente, riproporre all’attenzione di tutti il secondo Intervento alla “Tre Giorni del Clero” tenuta nei giorni 18-20 Settembre 2007 per ribadire oggi come allora, con rinnovata convinzione, all’ interno della più ampia riflessione circa l‘immutabile natura della Liturgia, l’importanza del Motu Proprio “Summorum Pontificum” del Papa Benedetto XVI”.
La riflessione che abbiamo compiuto questa mattina sulla natura immutabile della Liturgia rende facile ed agevole la comprensione del significato e del valore del Motu Proprio Summorum Pontificum circa la celebrazione della Santa Messa in forma ordinaria secondo la riforma del Messale promulgata dal Papa Paolo VI, ed in forma straordinaria secondo il Messale del 1962 di Giovanni XXIII, che ha apportato semplici variazioni rispetto al Messale di San Pio V, o meglio, che ha introdotto le variazioni avvenute sotto il Pontificato di Pio XII. Il significato ed il valore - a mio giudizio di fondamentale importanza - del Motu Proprio di Benedetto XVI consiste nell’aver ricordato, implicitamente e sebbene non expressis verbis che la riforma liturgica, voluta e chiesta dalla Costituzione Conciliare Sacrosanctum Concilium, e quindi attuata sotto il Pontificato di Papa Paolo VI, non ha mutato la natura o la sostanza della Divina Liturgia, non ha toccato - non ha voluto farlo né lo poteva fare - ciò che appartiene all’essenza del Divin Sacrificio della Santa Messa: intatta è rimasta la Santa Messa in ciò che essa è per istituzione divina, intatta è rimasta la sua natura sacrificale (di vero Sacrificio, di vera ri-presentazione sacramentale del Sacrificio del Calvario, come anticipato da Cristo stesso nell’Ultima Cena, della Santa Cena sacrificale di Cristo con i suoi Discepoli, con quelli che Egli aveva scelti perché fossero i suoi Apostoli, con coloro che per sua volontà aveva chiamati a diventare capaci di rendere presente il Mistero di Cristo Salvatore, nel tempo e nello spazio, donec veniat, fino al compimento del Regno.
Intatto dunque, è del tutto indispensabile affinché si realizzi sacramentalmente il sacrificio di Cristo, è rimasto il ministero voluto dal Signore Gesù, il ministero del Sacerdozio santo, partecipazione del suo Sacerdozio, attraverso il quale soltanto può rendersi presente il Mistero di Cristo, può costituirsi la Nuova ed Eterna Alleanza, può costituirsi il Popolo della Nuova ed Eterna Alleanza, può attuarsi il culto spirituale gradito a Dio.
Intatta, la riforma liturgica, ha lasciato la necessità che tutti i riti ed i segni liturgici manifestino il vero contenuto e la vera natura di ogni autentica azione liturgica, manifestino cioè che la Liturgia, ed in maniera eminente e suprema la Santa Messa, è azione di Cristo, è azione che avviene per mezzo del ministero sacerdotale, è azione tutta rivolta a Dio, alla Trinità Santissima, è azione che prende tutti coloro che rigenerati dalla Grazia della Redenzione diventano capaci di diventare, in Cristo, offerta gradita al Padre, diventano addirittura oggetto del compiacimento del Padre (il Quale pone nel Figlio tutto il suo compiacimento, compiacimento che si riversa su tutti quelli che sono del Figlio, che sono di Cristo). Chi potrebbe ragionevolmente negare che tutte queste caratteristiche emergevano con evidenza nella Celebrazione della Divina Liturgia prima della riforma liturgica? Sono esse diventate meno evidenti con la riforma liturgica? Se qui e là è, ahimè, avvenuto non è certamente in forza della volontà del Concilio e dell’Autorità della Sede di Pietro che ha approvato la riforma liturgica, ma è perché l’interpretazione e l’applicazione concreta delle variazioni generate dalla riforma liturgica, qui e là, da parte di non pochi, non sono state attuate secondo la lettera, né secondo la mens della Costituzione Conciliare, sono avvenute sotto l’influsso e la spinta di una visione liturgica incompleta e talvolta anche errata (quasi come se si fosse davvero cambiata la concezione di che cosa è la Liturgia, di che cosa è la Santa Messa). Non ha forse dovuto il Papa Giovanni Paolo II, con l’Enciclica Ecclesia de Eucharistia (2003) richiamare con forza il carattere sacrificale della Santa Messa, la verità della mirabile transustanziazione, e quindi della verità della presenza nell’Eucaristia, vera, reale e sostanziale del vero Corpo e del vero Sangue di Cristo, dunque di Gesù Cristo vivo e vero, dunque del suo vero Sacrificio, dunque del vero Pane di Vita eterna?