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L’odio della Madre

Anno Domini duemilaventuno, i figli sono dispersi dai padri per conto di una Madre che non vuol più essere figlia di Suo Padre, abbagliata dalle mode di questo mondo. Dov’è Dio?

Anno Domini duemilaventuno, i figli sono dispersi dai padri per conto di una Madre che non vuol più essere figlia di Suo Padre, abbagliata dalle mode di questo mondo. Dov’è Dio? Chi ancora parla di Lui fra i Suoi pastori, fra le schiere del Cristo? Chi ancora a Roma fa sentire la sua voce per rammentare al mondo che l’unica Salvezza sta nel piegare le proprie ginocchia dinnanzi a Cristo Sommo Re e Sacerdote senza se e senza ma? La risposta mostra una realtà che grida vendetta al Signore.

E la Madre, quella povera Madre che per duemila anni si era sforzata di crescere, di evangelizzare tutte le genti e di proteggere i suoi figli, ora non se ne cura più, troppo distratta e abbagliata nel guardare con amore ai figli degli altri. Troppo impegnata a cercare sedicenti quanto inutili dialoghi e scendere a compromessi con eresie e sette di ogni denominazione, con religioni, ideologie che altro non desiderano che il suo scalpo e il suo scranno.

Tolleranza, ecologia, ecumenismo, liberalismo, fratellanza universale, sostenibilità ambientale, povertà: sono le nuove Sette Virtù, non più cardinali e teologali, bensì materiali e sinodali, prone alle filosofie di questo mondo, attente alla risonanza mediatica e del tutto colluse con le politiche sociali trasversalmente portate avanti dai grandi della terra.

L’odio della Madre

Ed è qui che la Madre mostra oggi non già l’universalità del suo messaggio, quanto piuttosto quella dei suoi paradossi. Quella Chiesa, così attenta per mezzo dei suoi nuovi figli ai presunti ultimi della terra, disposta a qualsivoglia forma di dialogo, al patteggiamento dei propri valori, capace di rinnegare persino le proprie dottrine e chiedere scusa per presunti errori del passato, drogata di tolleranza fino al suo midollo, eppur così vividamente astiosa, perseguitrice, vendicativa. Questa volta però non sono gli ottomani di turno, gli aztechi o le streghe ad essere nel suo mirino, ma i suoi stessi figli, i suoi veri figli, quelli che nella loro sensibilità hanno tentato di restarLe accanto nei momenti di maggiori difficoltà, fedeli nel loro Credo in continuità con i secoli dei secoli. Quei figli, quelle pecore che il Pastore chiama a Sé ancora con la “messa di sempre” che da anni assistono al puro odio da parte della stragrande maggioranza dei vescovi diocesani e della Curia Romana, bollati come estremisti, esposti allo stigma sociale, derisi, sminuiti, denigrati alla stregua di quelle vecchie pianete sbattute in cantina e sostituite con quelle nuove casule in poliestere, emblema del nuovo modo edulcorato di rendere lode a Dio. La loro unica colpa è di desiderare la celebrazione della messa secondo il messale preconciliare, quello di San Pio V.

Nella Chiesa della tolleranza e della fratellanza universale, dove nessuno è giudicabile a prescindere dal colore della pelle, dal suo credo o dal suo orientamento, non è lecito pregare in latino, non è ammissibile per un sacerdote essere libero di celebrare la messa con quella forma liturgica che ha visto il fiorire di infinite grazie e la crescita di tutti i grandi santi che oggi, sebbene in sordina nonostante i depennamenti dal calendario, ancora si prova più o meno a ricordare. Che splendido paradosso, le persecuzioni tanto mediaticamente condannate e deprecate nel suo passato, oggi messe in atto attraverso quei subdoli e sottili sistemi, tipici della contemporaneità. Non un rivolo di sangue verrà versato nella persecuzione dei tridentini, solo qualche lacrima, nelle stanze di quei sacerdoti e di quei fedeli che si sono visti sottrarre da Jorge Mario Bergoglio anche l’ultimo barlume di tolleranza, l’ultima candela nella notte della Chiesa che il Santo Padre Benedetto XVI aveva caritatevolmente concesso, il Summorum Pontificum.

L’odio della Madre

E mentre questi fedeli e questi sacerdoti tridentini vengono umiliati, bollati addirittura quali “spazzatura iper-tradizionalista” dalle attuali schiere in capo alla Madre e ai suoi seminari, lo sconforto dilaga e la preghiera si intensifica ansiosamente. “Ci prepariamo alla resistenza” si sente vociferare, “protesteremo” si twitta sulle pagine social e sui blog attorno a cui fanno rete gli ultimi sparuti (e spauriti) figli di San Pio V, i quali sentono ormai di non avere forze sufficienti per vincere la loro battaglia. Ma di questa storia in fondo si è già sentito tanto parlare, Matteo, Marco e Luca, rispettivamente nei capitoli 8, 4 e 8 narrano il medesimo episodio, quello degli apostoli sulla barca in preda allo sferzare delle tempeste. Tutto sembrava perduto e il Signore pareva non curarsi della difficile situazione in cui versavano, dormiva. Ma, il finale ribalta ogni umano prognostico: laddove l’uomo non vide più speranza ecco il Signore destarsi e rimproverare i suoi discepoli chiedendo loro che fine avesse fatto la loro Fede. E con un secco imperativo, pose ordine nel disordine, pace nella guerra, salvezza nella perdizione.

Ecco che, con la medesima speranza, con la medesima Fede, su quella vacillante barca di Pietro in preda alle tempeste, ogni fedele e ogni sacerdote tridentino è chiamato a guardare la figura di Cristo, e facendo eco con un altro passo evangelico (Mc 9,24) ripetere costantemente: “Io credo! Aiuta la mia poca fede!”. Nessuno sarà dimenticato, nessuno resterà inesaudito, si verrà salvati prima che sia troppo tardi.

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