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L’offertorio della Messa Romana

Nel Rito Romano, al termine del Vangelo, o del Credo, il sacerdote bacia l'altare al centro e saluta il popolo, invitandolo alla preghiera. Dominus vobiscum, perché mediante la grazia discesa dall'altare l'uomo elevi la mente alla contemplazione dei divini misteri che stanno per compiersi.

Nel Rito Romano, al termine del Vangelo, o del Credo, il sacerdote bacia l’altare al centro e saluta il popolo, invitandolo alla preghiera. Dominus vobiscum, perché mediante la grazia discesa dall’altare l’uomo elevi la mente alla contemplazione dei divini misteri che stanno per compiersi; per questo sarà nuovamente avvisato, più tardi, nel dialogo del prefazio, sursum corda. A seguito dell’antifona d’offertorio viene scoperto il calice: è lo svelamento del mistero, è la spoliazione di Cristo operata dai crocifissori. Questa la dimensione in cui il fedele si trova ontologicamente, soltanto nascosta agli occhi. Si procede alla presentazione del pane e del vino, attraverso due preghiere distinte.

Suscipe, sancte Pater, omnipotens aeterne Deus, hanc immaculatam hostiam, quam ego indignus famulus tuus offero tibi, Deo meo vivo et vero, pro innumerabilibus peccatis, et offensionibus, et neglegentiis meis, et pro omnibus circumstantibus, sed et pro omnibus fidelibus christianis vivis atque defunctis: ut mihi et illis proficiat ad salutem in vitam aeternam. Amen

Accetta, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, questa vittima immacolata, che io, indegno tuo servo, offro a Te, Dio mio vivo e vero, per i miei innumerevoli peccati, offese e mancanze, e per tutti i circostanti, come pure per tutti i fedeli cristiani vivi e defunti, affinché a me ed a loro torni di salvezza per la vita eterna. Amen

È da notare come già dalla prima preghiera di offerta il sacerdote chiami il pane hostia, cioè vittima sacrificale, offerta a Dio Padre per la salvezza eterna di coloro che assistono al Sacrificio e di tutti i cristiani, sia vivi che defunti. Il richiamo è, progressivamente, alla Chiesa militante (pro omnibus circumstantibus; fidelibus chistianis vivis), purgante (defunctis) e trionfante (proficiat ad salutem in vitam aeternam): durante la Santa Messa partecipa tutto il Corpo Mistico di Cristo, in quanto Comunione dei Santi.

Prima dell’offerta del calice, invece, il vino viene unito all’acqua, in cornu epistolae, attraverso una preghiera che spiega il motivo dell’infusione anche dell’acqua, ricordando che dal fianco trafitto di Nostro Signore continuo exivit sanguis et aqua (Gv 19, 34). Il vino è simbolo della natura divina di Gesù, l’acqua di quella umana, che è la nostra: l’unione ipostatica in Cristo vero Dio e vero uomo ha fatto sì, mediante il mistero della Redenzione, che l’umanità potesse ascendere alle sedi celesti e lì diventare simile a Dio; Deus homo factus est ut homo fieret Deus, scrive Sant’Ireneo (“Adversus haereses”; 4, 20, 4).

Deus, qui humanae substantiae dignitatem mirabiliter condidisti, ac mirabilius reformasti, da nobis: per hujus aquae et vini mysterium, ejus divinitatis esse consortes, qui humanitatis nostrae dignatus est particeps: Jesus Christus Filius tuus Dominus noster, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti, Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen

O Dio, che in modo meraviglioso creasti la nobile natura dell’uomo, e più meravigliosamente ancora l’hai riformata, concedici di diventare, mediante il mistero di quest’acqua e di questo vino, consorti della divinità di Colui che si degnò farsi partecipe della nostra umanità, Gesù Cristo tuo Figlio, Nostro Signore, che è Dio e vive e regna con Te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen

Riguardo questa orazione, il gesuita Padre Giuseppe M. Petazzi scriveva

Come è meravigliosa, o mio Dio, la preghiera che il tuo Sacerdote recita nell’atto di infondere alcune stille d’acqua nel vino! Ci ricorda anzitutto la dignità della natura umana: humanae substantiae dignitatem, opera mirabile della tua sapienza e della tua potenza infinita: mirabiliter condidisti. Il corpo stesso dell’uomo è un miracolo di sapienza, che da sé e solo canta la gloria del Creatore, meglio che gli astri del cielo coi loro fulgori: molto più l’anima umana, anche solo considerata nell’ordine naturale, attesta stupendamente le magnificenze del Signore, perché ne rispecchia la luce intellettuale piena d’amore.

Ma molto più mirabile è la formazione dell’uomo, mirabiliter condidisti, se penso che nell’atto stesso di crearlo, Tu, o Signore, gli hai infuso la grazia, ineffabile partecipazione della tua natura, stupenda espansione della tua vita divina. Per mezzo della grazia, la Trinità Santissima prese ad inabitare nell’anima umana, elevandone tutte le attività ad un ordine superiore e veramente divino; il cui termine doveva essere la beatitudine stessa di cui Dio è beato.

Ah! Mio Signore, hai tanto amato l’uomo che nell’atto stesso di crearlo, gli hai detto: “Ego ero merces tua magna nimis” (Gn 15,1): la tua intelligenza sarà saziata dalla luce mia infinita, il tuo cuore si delizierà, s’inebrierà del mio amore, della mia gioia infinita.

Subito, il celebrante torna al centro dell’altare e offre il calice con il vino e l’acqua, dicendo la preghiera

Offerimus tibi, Domine, calicem salutaris tuam deprecantes clementiam: ut in conspectu divinae majestatis tuae, pro nostra et totius mundi salute com odore suavitatis ascendat. Amen

Ti offriamo, o Signore, questo calice di salvezza, e scongiuriamo la tua clemenza, affinché esso salga come odore soave al cospetto della tua divina maestà, per la salvezza nostra e del mondo intero. Amen

Anche qui, il riferimento al Sacrificio salvifico di Cristo e alla dimensione soprannaturale legata alla Comunione dei Santi della Messa è chiaro. Inoltre, irrompono nella preghiera due dei quattro fini per cui si offre il Sacrificio, l’impetratorio e il propiziatorio.

L’offertorio della Messa Romana

Subito dopo, il sacerdote, inchinato all’altare, pronuncia la seguente orazione

In spiritu humilitatis et in animo contrito suscipiamur a te, Domine; et sic fiat sacrificium nostrum in conspectu tuo hodie, ut placeat tibi, Domine Deus

Con i sentimenti di uno spirito umiliato, e d’un cuore contrito, possiamo noi, o Signore, esserti accetti; e sia tale oggi il nostro Sacrificio agli occhi tuoi da meritare, o Signore Dio, le tue compiacenze

La preghiera è una delle più antiche dell’offertorio, documentata già nel IX secolo. Essa è tratta da un passo del terzo capitolo del profeta Daniele, che dice: “Potessimo esser accolti con il cuore contrito e con lo spirito umiliato, come olocausti di montoni e di tori, come migliaia di grassi agnelli. Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te e ti sia gradito, perché non c’è confusione per coloro che confidano in te” (Dn 3, 39-40). Riconosciutosi peccatore, come Cristo che innocente prende il peccato del mondo, il sacerdote implora poi lo Spirito Santo

Veni sanctificator, omnipotens aeterne Deus: et benedic (il sacerdote fa il segno di croce sulle oblate) hoc sacrificium, tuo sancto nomini praeparatum

Vieni Santificatore, Dio onnipotente ed eterno, e benedici questo sacrificio preparato per dar gloria al tuo santo nome

Qui si manifesta il fine latreutico, cioè di adorazione a Dio. Non solo, lo Spirito Santo è invocato perché, come nel giorno dell’Annunciazione ha operato l’incarnazione del Verbo nel ventre verginale di Maria, così durante la Messa, per le parole dello stesso Verbo incarnato, Gesù Cristo, si degni di renderlo nuovamente vivo e vero nelle spoglie delle oblate.

Se si usa l’incenso, il turibolo si presenta a questo punto. Se nell’infusione si chiede l’intercessione potente di San Michele Arcangelo, durante l’incensazione delle offerte e dell’altare si fa, invece, riferimento alla preghiera che sale a Dio come il fumo dell’incenso, perché, una volta offerta, possa l’uomo ottenere la misericordia del Signore.

Successivamente, il Sacerdote lava le mani dicendo alcuni versetti del Salmo 25

Lavabo inter innocentes manus meas et circumdabo altare tuum, Domine, ut audiam vocem laudis et enarrem universa mirabilia tua. Domine, dilexi decorem domus tuae et locum habitationis gloriae tuae. Ne perdas cum impiis, Deus, animam meam et cum viris sanguinum vitam meam, in quorum manibus iniquitates sunt, dextera eorum repleta est muneribus. Ego autem in innocentia mea ingressus sum; redime me et miserere mei. Pes meus stetit in directo, in ecclesiis benedicam te, Domine. Gloria Patri

Salmo 25

Laverò nell’innocenza le mie mani e girerò attorno al tuo altare, Signore, per far risuonare voci di lode e per narrare tutte le tue meraviglie. Signore, amo la casa dove dimori e il luogo dove abita la tua gloria. Non travolgermi insieme ai peccatori, con gli uomini di sangue non perder la mia vita, perché nelle loro mani è la perfidia, la loro destra è piena di regali. Integro è invece il mio cammino; riscattami e abbi misericordia. Il mio piede sta su terra piana; nelle assemblee benedirò il Signore. Gloria al Padre

Tornato al centro, bacia l’altare e, voltandosi verso i fedeli, li invita alla preghiera perché il sacrificio sia gradito a Dio e possa fruttificare. La risposta è esplicativa del senso di esso, operato “a lode e gloria del suo nome [del Signore, ndr], per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa”.

Con l’orazione secreta l’offertorio è concluso. Iniziano, ora, il prefazio e poi il Canone, in cui realmente il Signore si fa presente in mezzo al suo popolo.

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