L’orrore dei riti ecumenici

Al di là degli inutili spauracchi su una Messa ecumenica o su un Novissimus Ordo, è bene ricordare che esistono già i riti ecumenici, vero pericolo per la fede cattolica, sommo bene da preservare.

L’orrore dei riti ecumenici

Al di là degli inutili spauracchi su una Messa ecumenica o su un Novissimus Ordo, è bene ricordare che esistono già i riti ecumenici, vero pericolo per la fede cattolica, sommo bene da preservare.

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All’interno dell’attuale, drammatico, contesto di crisi ecclesiale, gioca un ruolo fondamentale la figura del conservatore; è colui che accetta il Concilio Vaticano II e le sue riforme, esalta il magistero di Giovanni Paolo II e stravede per Benedetto XVI, riservando tuttavia i peggiori insulti all’attuale pontefice. Il conservatore arriva sempre in ritardo: vede come un ostacolo quello che arriverà dopo, accettando sempre, per compromesso, il male attuale. Tra i vari temi che inquietano i conservatori vi è lo spauracchio dell’introduzione di una nuova Messa ecumenica, a cui potrebbero prendere parte anche ministri di culto acattolici. Prospettiva terrificante? Forse, se non fosse che i riti ecumenici esistono già e sono già ampiamente praticati. Papa Pio XI, nella sua enciclica Mortalium animos del 1928, ricorda ai cattolici di evitare le lusinghe ecumeniche dei cosiddetti “pancristiani”, coloro che miravano alla creazione di gruppi ecumenici in cui prevaleva l’atteggiamento dell’indifferentismo religioso (sono più i punti di unità che quelli di separazione, i dogmi creano problemi e dunque vanno ignorati, le differenze sono soltanto questioni storiche e non dottrinali).

I riti ecumenici sono già una realtà: se la lex credendi va di pari passo con la lex orandi si capisce come queste liturgie ecumeniche, che nulla hanno di cattolico, o negano apertamente dei dogmi oppure non li esprimono chiaramente. A partire dagli anni successivi al Concilio, non si contano i riti ecumenici: cosiddette “liturgie della Parola”, vaghi momenti di preghiera, sempre evitando gesti che possano infastidire gli acattolici. È proprio questo il problema: perché dover omettere o modificare qualcosa che esprime chiaramente la nostra santa fede? Essa va sempre espressa, non possono esserci ambiguità, vieppiù negli atti di culto, che dovrebbero esprimere la fede dell’intera Chiesa. Cito un punto particolarmente critico tratto dal Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme sull’ecumenismo, in cui si esprime una scandalosa attenzione perché non vengano turbate le coscienze eretiche e scismatiche:

«Quando si tratta di assistere ad una celebrazione liturgica di tal genere, si dovrebbe prestare un’attenzione del tutto particolare alla sensibilità del clero e dei fedeli di tutte le comunità cristiane interessate, come anche alle consuetudini locali, che possono variare secondo i tempi, i luoghi, le persone e le circostanze. In una celebrazione liturgica cattolica, i ministri delle altre Chiese e comunità ecclesiali possono avere il posto e gli onori liturgici che convengono al loro rango e al loro ruolo, se lo si ritiene opportuno. I membri del clero cattolico invitati alla celebrazione di un’altra Chiesa o comunità ecclesiale possono, se ciò è gradito a coloro che li accolgono, indossare l’abito e le insegne della loro funzione ecclesiastica».

Particolarmente problematica è la presenza di ministri di culto protestanti nelle chiese cattoliche o la celebrazione congiunta con essi; ai sensi della Apostolicæ curæ di Leone XIII tali soggetti sono dei laici, travestiti da chierici. È pertanto del tutto scorretto far benedire loro il popolo, donare loro croci pettorali e anelli. Chi scrive questo articolo è arcivescovo di Canterbury tanto quanto il dottor Justin Welby.

Esperienze come quella del monastero di Taizé, che dichiara esplicitamente di vivere una spiritualità ecumenica, non possono essere vissute da un cattolico. Come si può pregare con coloro con cui non si è in comunione? Peggio ancora, come si può pregare con chi non crede neppure ai sette Sacramenti?

Infine, è certamente da condannare la condivisione dei luoghi di culto; cappelle come quella dell’aeroporto di Milano Linate, dotate di un’area ecumenica, fino ad arrivare alle grigie prayer and meditation rooms in molti aeroporti e stazioni, esprimono in maniera spaventosa l’idea del relativismo, l’accettazione de jure del culto acattolico.

Luca Farina

Luca Farina

Caposervizio della sezione Liturgia. Si è laureato in Filologia Moderna all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Insegna italiano, storia e geografia all'istituto "Jean Monnet" di Mariano Comense.
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