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Memorie del Rito Ambrosiano – III

Capo Primo, Parte terza.

Capo Primo, Parte Terza

§ V. Altre istituzioni del santo Pastore

Egli dunque riconoscer si deve per istitutore del canto e della divisione in tre parti del giorno della salmodia, degli inni, delle antifone per la mattina cioè, pel mezzo giorno e pella sera. Egli ha sistemate e fissate altresí le funzioni, le preci e le cerimonie, che vi si avevano da osservare. Due sorta di vigilie a’ tempi d’Ambrogio celebravano nella Chiesa Milanese a miglior sistema da lui ridotte, altre ordinarie ed altre straordinarie, quelle vale a dire in cui si vegliava tutta la notte. In altri luoghi scorgeremo altre di lui non meno importanti istituzioni

§ VI. Il santo Vescovo riesce ad estirpare un’inveterata superstizione

Sant’Ambrogio intraprese gagliardi combattimenti per estirpare dalla sua Chiesa una superstizione tanto più difficile a vincersi, quanto più essa era radicata e sparsa quasi dappertutto e si diffondeva con un apparente pretesto di pietà (S. August. lib. VI. Confess. et in Ep. 64).

Erasi introdotto un costume in diversi luoghi della Chiesa, di portare del pane, del vino e delle carni sopra le tombe dei Martiri, nei luoghi d’orazione, ove si amministravano i sacramenti e ne’ cimiteri sotto pretesto di onorare questi santi e di sollevare i morti. E quantunque vi fossero delle persone, le quali praticavano questa cerimonia con sobrietà, nondimeno ve n’erano di quelle, che ne abusavano stranamente, soggettandosi all’ubriachezza ed a molti eccessi di gola, di sorta che, ed i più santi luoghi, ed i più solenni giorni venissero profanati con crapole vergognose e sacrileghe. Imperocchè questi miserabili credevano di non poter essere esauditi da Dio, qualora non avessero proseguito a bevere sopra le tombe dei Martiri fino a sera (Idem, de Elia et ieiun. cap. 173).

Il Santo non cessava di deplorare una sí strana follia degli uomini, che prendevano l’ubriachezza per un sacrifizio e che s’immaginavano di procurarsi colle loro crapole il favore e la protezione dei santi Martiri, che col digiuno si erano preparati a soffrire i tormenti ed il martirio. Non potendo adunque Sant’Ambrogio più lungamente soffrire una pratica, che seco traeva sí abominevoli abusi, e che troppo assomigliavasi alla superstizione praticata dai Pagani nei funerali, più tollerare non la volle ed assolutamente la proibí ad ogni sorta di persone.

Per la qual cosa restò essa abolita anche nella maggior parte dell’Italia ed in molte altre provincie per l’esatta disciplina e la severa correzione dei santi Vescovi, i quali seriamente pensavano alla futura vita (Hermant, Vita di S.Ambr. T. II. lib. IX. c. V. p.157 )

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