In questi giorni, la stampa e i social sono pieni di voci, ipotesi, scommesse. Si parla di “toto Papa” con la stessa leggerezza con cui si parlerebbe di un cambio di governo o dell’elezione di un segretario di partito. I nomi vengono lanciati, valutati, confrontati. Si esaminano le biografie, le affiliazioni, le simpatie teologiche e politiche, come se il prossimo Pontefice dovesse rappresentare una corrente, incarnare una linea, rassicurare un’area o accontentare l’opinione pubblica.
Ma è necessario dirlo con chiarezza: il Papa non è il capo di un partito.
Il Papa è il Successore di Pietro, non di Francesco. Non raccoglie l’eredità personale di un uomo, ma assume il ministero apostolico che Cristo ha affidato a Simon Pietro, quando gli disse: “Pasci i miei agnelli… pasci le mie pecore” (Gv 21,15-17). Il nuovo Pontefice non sarà chiamato a continuare un’agenda, ma a confermare i fratelli nella fede (Lc 22,32), a custodire ciò che la Chiesa ha ricevuto, a difendere e trasmettere la verità intera del Vangelo.
Tutto questo non può essere ridotto a una strategia. Il Conclave non è un conclave di potere, ma un cenacolo di discernimento. Non è lo spazio della diplomazia, ma il tempo dello Spirito Santo.
La Chiesa crede, con assoluta certezza, che è Dio a scegliere il suo Vicario. Ma Dio non agisce meccanicamente. Il Signore ispira, ma non forza. Lo Spirito Santo illumina, ma non impone. Tocca ai Cardinali – uomini, peccatori, liberi – lasciarsi condurre dalla grazia, e non dalle proprie ambizioni.
Sant’Ambrogio ricordava: “Ubi Spiritus, ibi libertas” (2Cor 3,17), ma possiamo anche dire: dove la libertà si chiude, lo Spirito non passa.
È quindi possibile che venga eletto un Papa “secondo gli uomini”, quando i Cardinali si lasciano prendere da logiche umane. Ma è anche possibile – ed è ciò che dobbiamo chiedere con forza nella preghiera – che lo Spirito trovi cuori docili, disponibili, purificati, pronti a scegliere non il più gradito, ma il più adatto alla volontà di Dio.
Come fedeli, dobbiamo rifiutare la mentalità del mondo. Non siamo spettatori di un evento mediatico. Non aspettiamo un volto, un’idea, una bandiera. Aspettiamo un padre, un custode, un testimone.
Il prossimo Papa sarà il ponte tra la terra e il cielo, e la sua prima fedeltà sarà a Cristo, non ai commentatori o alle attese del tempo.
L’elezione del Romano Pontefice è, nel cuore stesso della Chiesa, un atto spirituale. La barca di Pietro oggi naviga ancora in acque agitate: confusione dottrinale, divisioni interne, perdita del senso del sacro e dell’identità cattolica. Per questo, più che mai, non abbiamo bisogno di un riformatore brillante o di un comunicatore efficace. Abbiamo bisogno di un uomo di Dio.
Uno che, come Pietro, sappia inginocchiarsi e dire: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6,68).
Uno che, come il buon pastore, sia disposto a dare la vita per le pecore (Gv 10,11).
Uno che, come Paolo, possa dire: “Non mi vergogno del Vangelo” (Rm 1,16).
Come direttore di questo blog, “Ecclesia Dei”, realtà nata per difendere la fede integrale, la retta dottrina e la Tradizione viva della Chiesa, sento il dovere di ricordare che il Papa non è un compromesso, ma un mandato. Non è un messaggio per il mondo, ma un sacramento per la Chiesa.
E ora che le porte della Sistina si chiuderanno, e i Cardinali si troveranno soli davanti al giudizio di Dio, noi fedeli dobbiamo vegliare in preghiera, chiedendo con insistenza:
“Domine, da nobis Papam secundum Cor Tuum.”
Signore, donaci un Papa secondo il Tuo Cuore.