Quando un soggetto con una conoscenza liturgica pari a quella che un tucano ha di Aristotele si imbatte nella liturgia tradizionale o anche, semplicemente, in chi ha cura dei paramenti e degli arredi disprezzando la visione liberal-pauperistica per cui “Nella liturgia va bene tutto purché sia innovativo e giovane”, appellerà l’interlocutore come “amante di pizzi e merletti”. Ma è vero? Chiariamo la situazione.
Pizzi e merletti sono degli antichi “strumenti” sartoriali non per sostituire, ma abbellire (sul perché di questa specificazione si vedrà sotto) camici, cotte, rocchetti e tovaglie: insomma, quanto è fatto di stoffa. Si tratta appunto di abbellimenti, assai gradevoli se limitati, come ogni abbellimento. Provate a immaginare una ragazza: con qualche gioiello e del trucco sembrerà più gradevole, se è tutta truccata e onusta di monili non risalterà per niente. Pertanto, l’uso di pizzi “ascellari”, cotte che lasciano interamente travedere la talare sotto non sono affatto tradizionali, ma vezzi di vanità che, peraltro, servono il fianco alle critiche di chi reputa i frequentatori (e i servienti e i celebranti) della Messa antica un insieme di dandy retrò che, tra un sigaro e un brandy, contemplano, affascinati allo stesso modo, un libro di Valery, una carta da parati giapponese e un paramento liturgico.
Non soltanto, infatti, esistono regole precise per i pizzi (si veda il Trimeloni e alcuni decreti della SCR), ma la liturgia tradizionale non è questo. Vivere a pieno la liturgia tradizionale significa ben altro: orientare l’altare (e la vita) a Cristo crocifisso, genuflettersi devotamente al Santissimo Sacramento, osservare i digiuni e le astinenze, pregare l’Ufficio divino. Come potete osservare è molto diverso: non è estetica, ma sostanza; certo, da essa scaturisce poi una cura anche per i dettagli, ma sempre in vista di qualcosa di più grande o, meglio, per Qualcuno.
Forse fischieranno le orecchie a coloro che si sciolgono davanti ad un sacerdote in camice tutto di pizzo e pianeta ma salta le commemorazioni o non canta la Messa perché preferisce solo la forma letta, ma, francamente, chi se ne importa. La liturgia tradizionale, per conservarsi, ha bisogno di veri custodi, non di languidi esteti.