L’incarnazione del Signore, che, fra poco, contempleremo nel Natale, ci spinge a porci una domanda: perché un bambino è tanto importante per noi? Non potrebbe la storia fare a meno di un desolato parto in una grotta di Betlemme per procedere? Assolutamente no. Per noi cristiani quel bimbo “avvolto in fasce che giace in una mangiatoia” è il centro di tutta la storia, di tutto il mondo, di tutta la nostra vita. Il fatto che Cristo sia chiamato “nuovo Adamo” ci ricorda proprio questo: che, dopo il peccato di Abramo, dopo il morso alla mela, dopo che un uomo aveva per sempre separato la stirpe umana da Dio, millenni dopo, Nostro Signore ha scelto di tornare fra di noi, per cambiare il tempo e donarci l’eternità. Quanto videro gli occhi di quei poveri pastorelli della Palestina! Che fortuna ebbero quegli uomini, che si credevano abbandonati a loro stessi, che si trastullavano per i campi, portando qualche pecorella al pascolo e, forse, senza nemmeno troppa voglia!
Gesù Cristo scende nel mondo in una “notte splendida”, vuole scendere mirabilmente dalle stelle, vuole donarci di ricongiungerci con Lui. Solo per misericordia e per Amore. L’Amore di Dio, che ama senza confini, perdona sempre e ci invita nel Suo Regno, al termine di tutti i tempi. Lo stesso San Paolo parlava dell’uomo dopo Cristo come d’una ‘nuova stirpe’. E non finisce qui. L’incarnazione del Signore, come pure la Sua morte e resurrezione, non è solo un fatto storico, è qualcosa che continua ad avvenire ogni giorno nei nostri cuori. Seguiamo questa traccia, non lasciamoci distrarre da chi, magari, ci propone anche una calda stanza d’albergo, al posto di una fredda grotta. Solo lì si trova il Signore.