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Ode alla balaustra

Una celebrazione di un elemento architettonico, che però ha un valore semiotico, liturgico, teologico. La balaustra non è solo un arredo come un altro, ma un valore. È per questo che hanno voluto smantellarla.

«Dovete levare questa roba che crea intralcio! Togliete questa staccionata!»: sono alcune delle frasi che mi sono state riferite di recente dopo aver posizionato, peraltro in maniera temporanea e tutt’altro che invasiva, una balaustra davanti all’altare. La cosa interessante è che queste frasi vengono tutte da quelli che sono solito chiamare “giovani dell’altro ieri”: si tratta di persone con età maggiore ai 70 anni, cresciuti nelle parrocchie a pane e Che Guevara, a Messe beat e «ce lo chiede il Concilio».

Del resto, una testimonianza di queste sciocchezze si trova nel film Don Camillo e i giovani d’oggi, film del 1972 del regista Mario Camerini. A seguito della morte del compianto Fernandel, il parroco di Brescello è interpretato dall’energico Gastone Moschin. Senza fare troppi spoilers della trama possiamo dire che anche nel film è avvenuta la riforma liturgica post-conciliare, con tutte le sue stramberie non richieste. A Don Camillo viene assegnato un coadiutore che posso aiutarlo (cioè forzarlo) ad attuare i cambiamenti: in una scena si vede il giovane Don Francesco ordinare agli operai lo smantellamento dei candelabri, finché si avvicina alla balaustra, dove avviene questo dialogo:

«Bisognerà levare anche questa: una barriera di meno tra l’ostia e i fedeli».

«Ma non è mica il muro di Berlino, sa! È un segno di rispetto».

«Dio preferisce l’amore al rispetto».

Pur nella sua follia, il prete progressista ha capito a cosa serve la balaustra: separa, crea una barriera, ed è giusto che sia così. Già nel tempio ebraico vi era una parte separata dall’aula, così divenne nelle chiese cristiane con i tramezzi o le iconostasi (ancora presenti nelle chiese greche e russe). La balaustra è veramente il segno più semplice di separazione: distingue con chiarezza l’aula dal santuario, segna un confine. Mettere un muro, una barriera, serve a dire che ciò che sta dall’altra parte è diverso: non necessariamente qualcosa di ostile (come nel caso del muro di Berlino sopra menzionato), ma di diverso: tra un appartamento e l’altro vi sono dei muri per indicare che le case sono diverse, vi abitano persone diverse tra loro. La balaustra, in tal senso, serve proprio a dichiarare che quel che si trova dall’alto, quel che si celebra lì, è diverso da noi: è un mistero, ma è grazie ad esso che abbiamo la vita. Se fosse qualcosa di uguale a noi non potrebbe darci la grazia, invece è «senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli».

La balaustra, inoltre, permette di potersi accostare alla Santa Comunione restando in ginocchio: è il Signore che noi adoriamo e lo riceviamo con tutta la nostra devozione, sospesi tra il cielo (il presbiterio) e la terra (la navata).

Ma come si può fare? In tante chiese queste strutture sono state rimosse tra gli anni Sessanta e Settanta del XX secolo, nel più completo silenzio (omertoso) delle sovrintendenze storico-artistiche e degli enti diocesani che, spesso, plaudevano allo sfacelo, costosissimo, realizzato per la “Chiesa dei poveri”. In questi edifici si può pensare di costruirne di nuove, magari temporanee, in legno: sembra complicato, ma è un lavoro fattibile.

Nelle chiese in cui, grazie a Dio, non è avvenuta l’amputazione si può pensare di riutilizzarla come tale, evitando di appoggiarci sopra fioriere, fogli, borse, biglietti aerei, pezzi di ricambio della moto e di iniziare ad inginocchiarsi lì per la comunione. Inizialmente vi sarà resistenza, piano piano la situazione si sblocca.

Il nostro servizio di liturgia propone questi articoli appassionati con una visione in testa, ogni tanto proviamo a darvi, come oggi, qualche consiglio pratico per affondare l’establishment ecclesiale, anche solo per una balaustra. Vedremo poi come proseguire: stay tuned. 


Note:

  1. Voluto riferimento a quel «Ce lo chiede Bruxelles/Washington» per giustificare qualunque azione politica che non risponde agli interessi degli italiani.
  2. Vi invito, per esempio, a trovare nella Sacrosanctum Concilium il riferimento alla comunione in mano, all’eliminazione dei paramenti, alla celebrazione coram populo, all’uso sciatto che impera la maggioranza delle celebrazioni. Avvisatemi quando lo trovate.
  3. Eb 7, 26.

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