“Per amore di Gesù perdono il mio aggressore”

“Ho fatto una cavolata. So di aver sbagliato. Li ho uccisi perché erano troppo felici e per questo mi è montata la rabbia”

Sono queste le parole dell’assassino della coppia convivente uccisa a Lecce nei giorni scorsi, parole dure, ma parole che mostrano le fragilità e i problemi della società contemporanea.
Siamo in una società moderna, che si dice libera e felice, una società del progresso che sfida la società e vuol sempre più essere ai passi col tempo, dove tutto è permesso e dove nulla invece deve essere vietato.
Qualche anno fa abbiamo udito il debutto della canzone “cherofobia” nella quale Martina Attili esprimeva la sua paura di essere felice, proprio perché la paura di questa felicità è certamente presente nella nostra società, dove qualsiasi sacrificio viene visto come qualcosa di maligno che va evitato e da qui nasce la paura di essere felici, perché sempre, sempre, sempre più vogliamo solamente essere felici senza saper rinunciare a qualcosa.
Fino a poco tempo fa era normale vivere facendo qualche sacrificio, ma oggi questa parola è scomparsa dalla nostra vita dove prevale oramai il “tutto e subito”
Queste parole ci mostrano che forse in tutto questo progresso e tutta questa globalizzazione la società si è invece “raffreddata” si è lasciata andare, ha dimenticato la compassione, la gioia di essere felici per gli altri, per l’altro e si pensa in realtà solo ed esclusivamente a se stessi;
Certamente, se l’uomo perde una realtà sovrannaturale, un comandamento dell’amore, come insegna Cristo: “Amatevi gli uni e gli altri, come io ho amato voi” perdiamo indubbiamente i buoni rapporti che possiamo avere con gli altri e iniziamo a vedere gli altri come persone “da usare”, come persone da invidiare e di cui essere gelosi, quando invece, se tutto viene visto con l’amore, deve suscitare indubbiamente gioia e non invidia, poiché l’amore è questo, è anche sofferenza, sofferenza da coi nasce gioia.
Leggo però questo odio non solamente nell’omicida, che nonostante il gesto orribile e terrificante che ha compiuto resta sempre una persona, leggo questo odio anche nelle tante persone che stanno commentando questa notizia, dove per questa persona non si ha nemmeno un po di pietà, dove l’errore diviene intollerabile e inammissibile. Indubbiamente l’errore c’è stato e va commesso, ma indubbiamente bisogna offrire all’omicida anche conforto e perdono se veramente pentito.
Guardiamo all’esempio di Santa Maria Goretti, che poco prima di morire perdonò addirittura il suo aguzzino, che dopo aver trascorso la sua condanna in carcere venne accolto dalla famiglia della Santa e poi si ritirò in un convento cappuccino come fratello laico.
Ecco è proprio questo la carità cristiana, saper perdonare e accogliere il peccatore guardando però alla gravità di questa colpa, portandolo sulla via della croce e alla salvezza dell’anima!
Diceva San Pio da Pietrelcina: “Dio ci ama, e che ci ama è dimostrato dal fatto che ci tollera nel momento dell’offesa”
Impariamo anche noi da Dio, e tolleriamo gli altri, capiamoli senza indubbiamente essere buonisti, ma essendo realisti comprendiamo la fragilità umana.

Tag

Luca Niutta

Redattore presso la redazione di Ecclesia Dei.
Vedi tutti i suoi articoli

.

ti potrebbe interessare

Nell’anno 1873, qualche giorno prima dell’Assunzione, ebbe luogo a Roma una di queste terribili apparizioni dall’oltretomba, che corroborano così efficacemente la verità dell’inferno. In una di queste case malfamate, una disgraziata ragazza feritasi ad una mano, deve essere trasportata all’ospedale della Consolazione.

Un film un po’ datato ma che vale la pena conoscere è “I dialoghi delle Carmelitane”, prodotto nel 1960 dal regista Bruckberger a partire da una storia vera: il martirio della Carmelitane di Compiègne.La pellicola mette in scena la vita del convento carmelitano di clausura: le sbarre, i veli, la fuga mundi, oggi ritenute antiquate; […]

Nel Rito Romano, al termine del Vangelo, o del Credo, il sacerdote bacia l'altare al centro e saluta il popolo, invitandolo alla preghiera. Dominus vobiscum, perché mediante la grazia discesa dall'altare l'uomo elevi la mente alla contemplazione dei divini misteri che stanno per compiersi.
error: Questo contenuto è protetto!