Negli ultimi decenni, sia da parte delle istituzioni del mondo, sia di quelle ecclesiastiche, abbiamo assistito a un progressivo impauperimento esteriore di ogni cosa: dal vestiario ai paramenti, dall’abito corale a quello liturgico. Eppure, tante volte, a questo impoverimento esteriore noi cattolici ci accorgiamo che non corrisponde una spoliazione interiore. Oggi, nell’anno del Signore 2022, ci troviamo a vivere in un mondo trasformato che nulla ha più a che vedere con la semplicità di cui ci parla don Secci. L’agio è la quotidianità, lo spreco costume, il menefreghismo abitudine e il peccato diritto. Tutto ciò accade sia nella Chiesa, clero compreso, sia al di fuori di essa. La ragione è semplice, abbiamo dimenticato il valore della povertà spirituale, che nemmeno la povertà materiale del digiuno e dell’astinenza può riportarci, come per magia.
Ora, però, pensiamo a tutti i poveri del mondo. Che siano ucraini disperati per la guerra, africani sofferenti per la fame, o fratelli ai confini del mondo oppressi dalla persecuzione, quanto sono più vicini a Dio rispetto a noi! Persone improvvisamente espropriate dei loro beni ritrovano la capacità di inginocchiarsi e supplicare la Vergine in pubblica piazza, bambini abituati a patire la fame e a vedere la morte negli occhi ogni giorno si riscoprono capaci di incontrare l’unico e vero Dio, cattolici costretti a vivere nelle tenebre trovano ogni giorno la Luce.
E noi? Da dove dobbiamo ripartire? La Chiesa e lo stesso Sommo Pontefice ci invitano a praticare digiuno e astinenza in richiesta di soccorso da parte di Dio, come sarebbe poi obbligatorio in tempo di Quaresima. Ma, come scrive S.Giovanni, “Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20). Apriamo oggi il nostro cuore al Signore, spalanchiamogli le nostre porte e, allora, uniamoci al divino Sacrificio della Croce con cuore umile, spirito povero e animo di digiuno. Allora vivremo in povertà.