Ha provocato scomposte reazioni la decisione di don Giovanni Zampaglione, parroco a Montebello Jonico nella città metropolitana di Reggio Calabria, di celebrare una Messa per invocare la pioggia, assente ormai da tempo in molte località meridionali provate da una grave siccità. Nei commenti Facebook si leggono frasi del tipo: «Don Giovanni chi ti trovi nn ndi duni 6 numeri pu superanalotto??», «La chiesa perde i colpi. Di solito a indovinare gli eventi ci arrivava prima degli altri. Peccato che adesso il meteo lo dice già da 15 giorni che oggi avrebbe piovuto», «Siamo arrivati alla frutta», «Una messa per invocare la pioggia? Nemmeno i Celti», «Shamani [sic]. In fondo è la loro vera natura».
Che cosa si evince da questi interventi? Una concezione bislacca della religione, propria di quei falsi spiritualismi secondo i quali Dio ha a che fare soltanto con la dimensione spirituale, vive nel Cielo e lì resta confinato, senza curarsi degli eventi umani; una forma piuttosto grossolana di deismo, dottrina di derivazione britannica secondo la quale la divinità non interviene nelle vicende del mondo. È l’idea che spinse il poeta francese Jacques Prévert a scrivere: «Notre Père qui êtes au Cieux, restez-y1», e che facilmente sfocia in quell’indifferentismo religioso condannato da Gregorio XVI e Pio IX. È questa, purtroppo, la posizione che accomuna molte persone al giorno d’oggi, sovente espressa in questi termini: «Io mi faccio la mia vita, il mondo va avanti lo stesso, se Dio esiste lo incontrerò quando muoio».
La Chiesa sa, invece, che Dio è Signore del cielo e della terra, e, pertanto, non lo invoca soltanto per chiedere la salvezza eterna, le virtù ad essa necessarie ed altri doni spirituali, ma anche per le vicende naturali, come, per citare qualche titolo dai testi liturgici, nei tempi di carestia e pestilenza, per implorare la pioggia, per implorare il bel tempo, per scongiurare le tempeste, contro l’epidemia degli animali… Esempi simili si possono trovare anche nelle litanie della Divina Liturgia di San Giovanni Crisostomo. Anche durante la pandemia qualche teologo aveva dichiarato improvvidamente che chiedere a Dio di fermare il contagio era un rito pagano, così come per alcuni parroci chiedere di benedire una casa o un oggetto rientra più nel campo della superstizione che della fede. È evidente che tutto ciò è contrario alla Tradizione; certo, da Dio non si può esigere il miracolo né ritenere che Egli farà ciò che vogliamo a seguito dei nostri riti: Egli è Signore e dunque non è vincolato alle nostre esigenze, ma proprio perché è Signore può intervenire come e quando vuole anche nelle vicende umane e nei processi naturali, come già accaduto nell’episodio della tempesta sulla barca, in cui Gesù Cristo rimprovera gli apostoli di aver avuto poca fede in Lui ritenendolo incapace di intervenire poiché dormiente (cfr. Mt 8, 23-27).
Questa mentalità razionalista sopracitata ha portato alla soppressione de facto delle Rogazioni maggiori e minori, relegate nel Benedizionale e private del loro carattere penitenziale, all’evitare le orazioni di cui sopra, per la volontà di occultare un dato importante perché ritenuto imbarazzante nella predicazione odierna, ovvero che i disastri naturali, le malattie, le invasioni degli animali possono essere (e si sottolinei l’espressione eventuale, nessuno sta ricercando rapporti di causa-effetto in casi specifici, dal momento che, come dice Gesù Cristo a proposito del crollo della torre di Siloe, «se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo», cfr. Lc 13, 3-5).A titolo di curiosità liturgica, infine, si ricordi che nella stagione estiva era uso in Germania e Svizzera il rito del Wettersegen, una serie di preghiere da recitare alla fine della Messa per chiedere la salubrità dell’aria e un buon raccolto; questo rito è ancora praticato e concluso con la benedizione con la reliquia della Santa Croce alla fine delle Messe domenicali del periodo estivo nella chiesa di Santa Marta a Carona (frazione di Lugano).
Note
- «Padre nostro che sei nei cieli, restaci»