Nell’epoca moderna, per il Santo Padre, contemporaneamente successore di Pietro e sovrano dello Stato Pontificio, si esigeva una corte competitiva rispetto alle altre monarchie europee e degna del suo ruolo. Quindi,
“la Corte del papa […] magnificamente bizantina, finì per assumere anche le forme militari delle Corti regie di Francia e di Provenza durante l’esilio di Avignone, e tornato a stabilirsi di nuovo a Roma il papato, vi aggiunse le eleganze delle Corti italiane del rinascimento, per sovrapporvi da ultimo tutto il […] cerimoniale spagnuolo”[1].
Nel palazzo apostolico “ogni sala aveva un corpo di gentiluomini, di chierici, di cavalieri e di prelati diversi fino a che si giungeva innanzi al Papa introdotti dal maestro di camera”[2]. Camerieri d’onore, camerieri segreti, prelati domestici e protonotari apostolici partecipavano di una dignità non fine a sé stessa ma di servizio al Santo Padre, nel quale s’immedesima il Vicario di Cristo ed il Pastore, in terra, della Chiesa universale per la quale essi vivevano ed operavano[3]. I prelati di corte svolgevano incarichi descritti dal proprio grado e si distinguevano in prelati di mantellone e di mantelletta.
Dopo la presa di Roma del 1870, la corte papale continuò la sua esistenza, ma Pio X ritenne necessario effettuare una riorganizzazione onde meglio sancire i privilegi e le insegne di protonotari apostolici, prelati domestici ed altri prelati della Curia Romana. Dunque emanò il motu proprio Inter multiplices[4]. Il santo padre avvertì la necessità di riformare il cerimoniale dai primi momenti di pontificato, limitando alcuni eccessi ornamentali, che si trasformavano in vere torture per i fedeli, come l’obbligo di stare inginocchiati dinanzi a lui per l’intera durata delle udienze private o di rimanere ore in piedi, durante le riunioni delle Congregazioni. La sua intenzione era di offrire un esempio dell’antica umiltà cristiana di contro al cerimoniale rinascimentale, che fino a quel momento aveva adottato la corte pontificia, tuttavia non eliminando ma solo riformando la regalità del protocollo[5].
L’Inter multiplices è il documento che sancisce questa volontà insieme con la più ampia riforma della curia romana definita nella Sapienti Consilio[6]. Pio X parte dai protonotari apostolici, di cui riconosce quattro classi: partecipanti, soprannumerari, ad instar e titolari.
I protonotari apostolici partecipanti sono sette e hanno l’incarico di notai papali addetti alla stesura dei documenti apostolici. I soprannumerari sono i canonici delle basiliche delle patriarcali basiliche romane e di quelle extra urbem al cui capitolo è stato concesso di fregiarsi di tal protonotariato. I protonotari ad instar participantium per concessione dell’Apostolica Sede erano protonotari apostolici ad personam o in virtù del loro canonicato, avendo diritto ai privilegi ma non alle mansioni dei partecipanti. I titolari erano i protonotari extra urbem non di nomina pontificia, ma per mandato del proprio ordinario in quanto vicari generali di una diocesi o per la dignità del proprio canonicato[7].
L’abito era per tutti quello di mantelletta, paonazzo con fiocco della berretta rubino per i primi tre e in tutto nero per i titolari. Era loro pertinente il rocchetto e potevano celebrare il pontificale con diritto alla settima ed alla palmatoria. La coda della loro talare non poteva essere sciolta a differenza dei vescovi e cardinali, questo perché si esigeva un caudatario ai quali avevano diritto solo i prelati superiori.
Ai protonotari apostolici seguivano i prelati domestici, il cui titolo era di sommo onore e si conseguiva nell’ambito curia romana. Essi erano commensali e familiari del pontefice con diritto di partecipare alle solenni celebrazioni papali in cornu epistolae[8]. L’abito era di mantelletta in tutto paonazzo, con fiocco del medesimo colore, orlatura rubino e coda da non doversi sciogliere. Avevano diritto a rocchetto, messa assistita e palmatoria. I vescovi assistenti al soglio ed i protonotari apostolici di numero erano prelati domestici[9].
Prelatura diversa era quella di mantellone, concessa dalla Sede Apostolica solo per il periodo di vita del pontefice che nominalmente la partecipava. La regola non era la stessa per i capitoli canonicali insigniti di questa prelatura, come nel caso della basilica dei Ss. Celso e Giuliano i cui canonici erano cappellani segreti d’onore[10] e camerieri segreti soprannumerari durante munere, indipendentemente dal papa in carica[11].
Per la loro stessa transitorietà, i prelati di mantellone erano di grado inferiore presso la corte pontificia, pur essendo loro concesso il titolo di monsignore. L’abito si componeva di talare e mantellone fino ai piedi il tutto paonazzo. Nei solenni pontificali indossavano sopra la talare paonazza una cappa rossa con mostra di ermellino in inverno e seta d’estate. Portavano la cotta, ma non era loro permesso il rocchetto, salvo diversa disposizione[12].
I gradi erano: cameriere segreto partecipante, cameriere segreto soprannumerario, cameriere d’onore in abito paonazzo, cappellano segreto, cappellano segreto d’onore. I camerieri segreti partecipanti erano d’immediato servizio al pontefice e dovevano essere almeno quattro: coppiere, segretario d’ambasciata, vestiario ed un quarto, il cui ruolo era ultimamente definito dal pontefice regnante (poteva essere tanto bibliotecario quanto elemosiniere o sagrista). I camerieri segreti soprannumerari erano in numero indefinito, non prestavano immediato servizio al pontefice, ma dipendevano dal maestro di camera che a turni settimanali poteva chiamarli a presenziare nella prima anticamera papale. Assistevano alle cappelle pontificie e servivano nelle funzioni papali solenni portando le torce, il baldacchino o i flabelli. Inoltre, potevano esser incaricati pro tempore delle ablegazioni pontificie.
Dopo i camerieri segreti venivano i camerieri d’onore in abito paonazzo, incaricati dell’anticamera del trono papale dal maestro di camera. Nelle solenni funzioni potevano svolgere gli stessi ruoli dei camerieri segreti. Vi erano, infine, i camerieri d’onore extra urbem, i cui privilegi del grado si esplicavano quando il papa si recava fuori Roma. In tal caso detti camerieri avrebbero vestito l’abito di mantellone e la cappa rossa, partecipando nel servizio al pontefice pur dovendo dare precedenza ai camerieri pontifici urbani[13].
Il rango subito inferiore era quello dei cappellani segreti, anch’essi d’immediato servizio al pontefice. Il primo cappellano era il caudatario, cui seguiva il crocifero; il pontefice poteva scegliere un numero vario di cappellani segreti come suoi collaboratori e segretari.
I cappellani segreti d’onore avevano titolo solo onorifico e senza emolumento, ma potevano intervenire alle cappelle pontificie, anch’essi con titolo di monsignore e con medesimo vestiario dei cappellani segreti. Come per i camerieri d’onore, anche i cappellani segreti d’onore potevano essere extra urbem, con privilegio d’indossare l’abito di mantellone nel caso in cui il sommo pontefice avesse fatto visita in località fuori Roma.
Quanto all’abito piano, i prelati di mantelletta e mantellone avevano diritto alla filettatura, paonazza i primi e rubino i secondi, con collare, calze e nappe del cappello romano paonazzi. Il ferraiolo era nero per i prelati di mantellone e paonazzo per quelli di mantelletta. Pio XI ratificò i colori nella costituzione apostolica Ad incrementum decoris, altresì definendo chiaramente che il fiocco della berretta fosse rubino per i protonotari e paonazzo per i prelati domestici[14].
La corte papale tra il 1905 e il 1968 ebbe simile aspetto e suddivisione delle cariche ecclesiastiche pontificie, alcune pro tempore ed altre ad vitam, distinte dalle prelature di mantellone e mantelletta nel contesto di una corte che, pur avendo necessitato della riforma di S. Pio X, manteneva la propria funzione decorativa al servizio del supremo gerarca della Chiesa di Roma[15].
Con il motu proprio Pontificalis Domus del 1968[16], S. Paolo VI decise di snellire ulteriormente la corte abolendo la maggior parte delle prelature. Furono conservati solo i titoli di protonotario apostolico partecipante, protonotario apostolico soprannumerario, prelato domestico e cameriere segreto soprannumerario, questi ultimi due rispettivamente modificati con gli appellativi di prelato d’onore e cappellano di Sua Santità. Fino a quel momento il servizio di corte era stato ripartito tra prelati stabili e prelati transeunti, al seguito di un papa specifico, i quali non necessariamente sarebbero stati riconfermati nei pontificati avvenire; ma Paolo VI decise di rendere permanenti tutti i titoli onorifici pontifici, quindi anche gli ex camerieri segreti soprannumerari, divenuti cappellani di Sua Santità, sono designati a vita[17].
Con l’Instructio del 1969[18], fu data nuova disposizione anche per il vestiario. Vennero abolite la mantelletta, per protonotari apostolici soprannumerari e prelati d’onore già domestici[19], il mantellone e la cappa rossa per i cappellani di Sua Santità già camerieri segreti soprannumerari. I protonotari apostolici soprannumerari ed i prelati d’onore avrebbero potuto indossare la talare paonazza e l’abito piano filettato di rubino, mentre i cappellani di Sua Santità esclusivamente la talare nera filettata di paonazzo[20].
- [1] D. Silvagni, La corte pontificia e la società romana. Nei secoli XVIII e XIX, Biblioteca di Storia Patria, Roma 1971, vol. 2, p. 58.
- [2] Ivi, p. 75.
- [3] Cf. Codex Iuris Canonici, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1983, can. 331.
- [4] Cf. Pio X, Motu Proprio Inter multiplices (21 febbraio 1905).
- [5] Cf. Ignis Ardens. Pio X e la Corte Pontificia, Fratelli Treves Editori, Milano 1907, p. 135.
- [6] Cf. Pio X, Costituzione Apostolica Sapienti Consilio (29 giugno 1908).
- [7] Cf. Pio X, Motu Proprio Inter multiplices, cit., nn. 1-76.
- [8] Cf. G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica. Da S. Pietro sino ai giorni nostri, vol. 55, Venezia 1852, sub verbo Prelato.
- [9] Cf. G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica. Da S. Pietro sino ai giorni nostri, vol. 95, Venezia 1859, sub verbo Vescovi assistenti al soglio pontificio. Cf. Pio XI, Costituzione Apostolica Ad incrementum decoris (15 agosto 1934), n. 41.
- [10] Cf. Archivio Segreto Vaticano (=A.S.V.), Segr. Stato, Parte moderna (1816-1822; 1846-1935) anno 1914, rubr. 5, fasc. 1, il breve pontificio fu dell’1 ottobre 1914.
- [11] Cf. Archivio Storico Diocesano di Roma, Archivi di basiliche: “Ss. Celso e Giuliano”, il breve pontificio fu del 20 giugno 1939.
- [12] Al capitolo canonicale dei Ss. Celso e Giuliano, Benedetto XV concedette l’uso del rocchetto. Cf. Benedetto XV, Lettera Apostolica Expedit ut (21 giugno 1918).
- [13] Cf. G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica. Da S. Pietro sino ai giorni nostri, vol. 7, Venezia 1841, sub verbo Camerieri del Papa.
- [14] Pio XI, Ad incrementum decoris (15 agosto 1934), n. 7.
- [15] Per un approfondimento sulla vita ed il cursus honorum di un prelato della corte pontificia in quegli anni, rimandiamo a D. Bracale, Mons. Nazareno Patrizi. Da Bellegra alla Corte Pontificia, Roma 2020.
- [16] Cf. Paolo VI, Lettera Apostolica Motu Proprio Pontificalis Domus (28 marzo 1968).
- [17] Ivi, nn. 7-8.
- [18] Cf. Segreteria di Stato, Instructio Circa vestes, titulos et insignia generis Cardinalium, Episcoporum et Praelatorum ordine minorum (31 marzo 1969).
- [19] Erano altresì aboliti il fiocco rubino e paonazzo sulla berretta e l’uso del ferraiolo paonazzo.
- [20] Cf. Segreteria di Stato, Instructio Circa vestes, titulos et insignia generis Cardinalium, Episcoporum et Praelatorum ordine minorum, cit., nn. 18-20.