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Primo battesimo civile in municipio: non è un pesce d’aprile.

Accade a Massimeno, provincia di Trento, il primo battesimo civile istituzionale della piccola Alice. Secondo Alessandro Giacomini, consigliere comunale, “è stata un’opportunità per inaugurare una nuova pratica di gentilezza rivolta ai nuovi nati [...] la soddisfazione è immensa, il tutto fa seguito alla mia presa di posizione, con risonanza mediatica nazionale, nel vietare il battesimo religioso ai neonati”.

Il battesimo civile è l’ultima perla del progressismo liberale. Un’ideologia capace di generare una società fortemente lontana da valori religiosi, salvo scimmiottarne i riti ovviamente. Non è un pesce d’aprile cari lettori. Io stesso credevo di essere cascato per l’ennesima volta in uno scherzo, ma a quanto pare è realtà! Con il “battesimo civile” si sostituisce l’iniziazione alla vita spirituale con quella alla vita civile. Sotto un certo aspetto si può anche comprendere: così facendo il progressismo liberale occidentale acquisisce non solo un pensiero religioso, con i suoi dogmi e i suoi mantra incontestabili, ma si perfeziona in una vera e propria religione. È del resto evidente che questa ideologia nasce per contrastare la religione cattolica, come lo stesso consigliere ha affermato: “il tutto fa seguito alla mia presa di posizione nel vietare il battesimo religioso ai neonati”. Quindi un’ideologia che propina libertà e pieni diritti ai cittadini ma che d’altro canto mette costantemente in discussione il diritto naturale. Come se la libertà dipendesse dalla autodeterminazione che, come rileva Quagliariello in “Un’altra libertà”, considera “l’individuo a prescindere dagli altri e persino dal dato di realtà di se stesso”, come un “tutto interessato unicamente alla sua affermazione”. Ma la libertà è quella che l’Apostolo Paolo spiega bene nella sua lettera ai Galati. Ed è quella, in Cristo, spiega Papa Francesco, che ci libera da «una religiosità fatta di precetti» e ci conduce alla fede viva «che ha il suo centro nella comunione con Dio e con i fratelli, cioè nella carità. Siamo passati dalla schiavitù della paura e del peccato alla libertà dei figli di Dio». Sottolinea la parola libertà, il Papa, per dire che il nocciolo è la carità. La libertà non è fare quello che ci pare «non è un vivere libertino, secondo la carne ovvero secondo l’istinto, le voglie individuali e le proprie pulsioni egoistiche; al contrario, la libertà di Gesù ci conduce a essere – scrive l’Apostolo – “a servizio gli uni degli altri”. La vera libertà, in altre parole, si esprime pienamente nella carità». Se vogliamo essere liberi dobbiamo servire, «Ancora una volta ci troviamo davanti al paradosso del Vangelo: siamo liberi nel servire non nel fare quello che noi vogliamo, lì viene la libertà; ci troviamo pienamente nella misura in cui ci doniamo, abbiamo il coraggio di donarci ; possediamo la vita se la perdiamo».
La libertà «non è “fare quello che pare e piace”», insiste Papa Francesco. Anzi, questo tipo di libertà porta al vuoto. «Una libertà da circo, non va. E infatti lascia il vuoto dentro: quante volte, dopo aver seguito solo l’istinto, ci accorgiamo di restare con un grande vuoto dentro e di aver usato male il tesoro della nostra libertà, la bellezza di poter scegliere il vero bene per noi e per gli altri. La vera libertà sempre ci libera. Mentre se facciamo la libertà di fare quello che ci piace rimaniamo vuoti. Solo questa libertà è piena, concreta, e ci inserisce nella vita reale di ogni giorno».

Citando ancora la lettera ai Corinzi quando Paolo ribatte chi dice che «tutto è lecito!» con la frase: «Sì, ma non tutto giova». «Tutto è lecito!» – «Sì, ma non tutto edifica». Paolo spiega bene che, nella libertà, nessuno deve cercare il proprio interesse. «Questa è la regola per smascherare qualsiasi libertà egoistica. A chi è tentato di ridurre la libertà solo ai propri gusti, Paolo pone dinanzi l’esigenza dell’amore. La libertà guidata dall’amore è l’unica che rende liberi gli altri e noi stessi, che sa ascoltare senza imporre, che sa voler bene senza costringere, che edifica e non distrugge, che non sfrutta gli altri per i propri comodi e fa loro del bene senza ricercare il proprio utile. Insomma, se la libertà non è a servizio – questo è il test – se la libertà non è al servizio del bene rischia di essere sterile e non portare frutto. Invece, la libertà animata dall’amore conduce verso i poveri, riconoscendo nei loro volti quello di Cristo».

Solo nella misura in cui comprenderemo questo saremo davvero liberi e non più schiavi del peccato. A questo punto propongo ai signori rappresentati del popolo di scimmiottare tutto il pacchetto. Dopo il matrimonio e il battesimo, perché non istituire anche la prima comunione e la cresima istituzionale? Perché rinunciare agli indotti economici delle cerimonie che seguono i riti cristiani? Sarebbe un vero peccato. D’altronde una delle ragioni per le quali si è avviata questa bizzarra liturgia è proprio l’introito economico che ne consegue.

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