Prospettive future: il dopo-papa

Senza voler cedere alla tentazione di qualunque forma di “fanta-conclave”, facendo riferimento alla traditio perennis catholica, meditiamo sul futuro della Santa Chiesa in questo delicato momento, tenendo nello stesso sguardo di fede la realtà fattuale e l’azione provvidenziale di Dio.

Mai si è verificata nella storia due volte millenaria del Cattolicesimo elezione papale priva di momenti di altissima tensione. Pochi esempi basteranno a corroborare quanto affermato. 

Nato ad Alassio il 5 maggio 1927 e deceduto il 22 marzo 1996 a Roma, Sergio Quinzio fu autore di opere di immensa importanza nel panorama del pensiero filosofico e religioso novecentesco quali Diario profeticoUn commento alla BibbiaLa sconfitta di Dio o – si perdoni una tale citazione in un contesto quale quello che attualmente si vive – Mysterium iniquitatis. Tutti questi libri rivelano «i lineamenti di un Dio sconfitto, inadempiente alle sue promesse perché impossibilitato ad adempierle, secondo una dinamica tragica che si presenta come connaturata al destino del Cristianesimo, questo ponendosi come scaturente dal Verbo crocifisso, vale a dire dalla Verità crocifissa». Certamente, tale visione debolistadi Dio è inaccettabile dal punto di vista della più rigorosa ortodossia dottrinale cattolica, ma contemporaneamente è necessario considerare seriamente e con onestà intellettuale la lezione di questo agente della Guardia di Finanza prestato all’esegesi biblica, avendo a mente tutti quei momenti scritturistici nei quali a dominare è il pensiero tragico, inclusa la stessa fondazione evangelica del Papato, dato che al «Tibi dabo claves regni coelorum» è strettamente collegato tanto quel «Vade retro me, Satana» di Gesù Cristo a san Pietro quanto il «Flevit amare» dello stesso primo Papa dopo il triplice rinnegamento nei confronti del Salvatore. 

Senza temere i grandi salti temporali, è ora giunto il momento di andare ad analizzare quale fu la situazione nei giorni che vanno da metà febbraio a metà marzo circiterdell’anno Domini 2013. Era l’11 febbraio 2013, memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes, e Benedetto XVI annuncia ai Cardinali riuniti in Concistoro una decisionem magni momenti pro Ecclesiae vitae: liberamente e consapevolmente, disse il successore di San Giovanni Paolo II, «declaro me ministerio Episcopi Romae, Successoris Sancti Petri, mihi per manus Cardinalium die 19 aprilis MMV commisso renuntiare», stabilendo l’inizio della Sede Vacante per le ore 20:00 del 28 febbraio 2013. Furono giorni di grandissima commozione, «Omnes nos quasi oves erravimus, unusquisque in viam suam declinavit», ma non bisogna mai disperare della Divina Provvidenza, che «non turba mai la gioia de’ suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande». Si giunse infatti al 13 marzo 2013, quando il Cardinale Protodiacono Jean Louis Tauran annunciò l’elezione al soglio pontificio dell’Arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio, il quale – scelto Francesco quale nome pontificale – celebrò la Santa Messa per l’inizio del Ministero Pontificale il 19 marzo e visse l’importantissimo momento dell’Insediamento del Vescovo di Roma sulla Cathedra Romana il 7 aprile. 

Ah, quanta differenza vera o presunta tra i due più recenti Pontefici, ma soprattutto quante tifoserie inopportune in rebus ἐκκλησίας. Fin dai giorni della malattia, mai Ecclesia Dei per voce dei suoi redattori si è stancata di ricordare una verità estremamente importante: la dipartita di un papa «è il tempo della preghiera, del raccoglimento, del silenzio che si fa supplica». Due esempi sono sufficienti per dimostrare la verità dell’enunciato con il quale è iniziato il presente articolo, cioè che mai si è verificata nella storia due volte millenaria del Cattolicesimo elezione papale priva di momenti ad altissima tensione. 

Anche nel Conclave che tra qualche giorno si aprirà si vivranno momenti fortemente tesi, e la risposta a tale status quaestionis non può non derivare dalla fervente preghiera dei cristiani di tutto il mondo. «Oportet semper orare et non deficere», dice il Signore, poiché «scit enim Pater vester caelestis quia his omnibus indigetis». Certamente Nostro Signore è perfettamente a conoscenza del profilo migliore per rispondere degnamente ai dodici anni del Pontificato bergogliano. Sia comunque permessa qualche riflessione ulteriore da parte dello scrivente. Senza voler cedere alla tentazione di qualunque forma di “fanta-conclave”, l’augurio è che possa essere individuata una figura autorevole che si renda conto, agendo e parlando di conseguenza, della necessità di alzare nuovamente il livello rappresentativo, amante della divina istituzione ecclesiastica e desiderosa di vedere la stessa sempre al meglio, propiziatore di un ritorno alle altezze di un tempo. 

Forse qualche esempio di linee d’azione può essere a questo punto opportuno. Innanzitutto, è decisamente giunto il tempo di una maggiore chiarezza dottrinale e morale. Inoltre, non sarebbe inopportuno un pronunciamento definitivo in rerum liturgicarum dopo il Summorum Pontificum di Benedetto XVI e il motu proprio di Papa Francesco Traditiones custodes. Infine, sarà il caso di una nuova riscoperta e valorizzazione di tutti quei simboli rappresentanti l’altissima dignità del successore di san Pietro che sono stati posti in posizione parentetica negli ultimi dodici anni. 

«Chi spera fischia nel buio e invoca i genitori, si spera sempre per disperazione». Avendo a mente il paolino «contra spem in spe» e ricordando che «in un secolo di crisi della fede come il Novecento, la speranza si è qualificata come una sorta di accoglibile sostituto della fede stessa», desideriamo sperare che i tre succitati auspici possano vedere un felice compimento, ma in ogni caso siamo certi che le sorti della Chiesa sono nelle mani di Dio, al quale si rivolgono le nostre fervide preghiere tanto per il presente quanto per il futuro, sia per il defunto pontefice che per il suo successore.

Gabriele Laganaro

Redattore della sezione Spiritualità. Ha conseguito il diploma di maturità scientifica presso il liceo scientifico statale Orazio Grassi di Savona. Attualmente studia filosofia presso l'università degli studi di Genova.
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