Con il Mercoledì delle Ceneri inizia un tempo forte dell’anno liturgico: la Quaresima. Spesso si parla di questo periodo come un tempo di sacrificio e rinuncia, eppure, se vissuto nella giusta prospettiva, è molto di più: è un’opportunità per riscoprire ciò che veramente nutre l’anima e per liberarsi di ciò che la appesantisce.
Quando pensiamo al digiuno, la prima cosa che ci viene in mente è l’astinenza dal cibo. Ma la Chiesa ci insegna che il digiuno materiale ha valore solo se accompagnato da un digiuno più profondo: quello dal peccato e da tutto ciò che ci allontana da Dio. Il profeta Isaia lo spiega bene: “Il digiuno che io voglio non è forse questo: spezzare le catene della malvagità, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo?” (Is 58,6).
Se rinunciamo solo a qualche pasto ma continuiamo a nutrire rancore, invidia, superbia o indifferenza, allora il nostro digiuno è sterile. Digiunare significa anche frenare la lingua dalle maldicenze, trattenere lo sguardo da ciò che sporca l’anima, limitare il tempo dedicato al superfluo per dedicarlo a Dio e al prossimo.
Allo stesso tempo, la Quaresima è un tempo di nutrimento. Non basta smettere di fare il male, bisogna imparare a fare il bene (cfr. Is 1,16-17). Nutriamo l’anima con la preghiera, che ci mette in dialogo con il Signore; con la Parola di Dio, che illumina il cammino; con le opere di carità, che ci aiutano a vivere il Vangelo in concreto.
Gesù, nel deserto, respinge le tentazioni del demonio dicendo: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4). Ecco la chiave della Quaresima: meno io, più Dio. Digiunare dal peccato per nutrirsi della Sua presenza.
Viviamo questo tempo come un’opportunità di crescita spirituale, perché la rinuncia senza amore è solo privazione, mentre il vero digiuno è quello che apre il cuore a Dio e al prossimo.