Quel ferraiolo paonazzo di Mons. Nazareno Patrizi

Una fotografia scattata il 17 febbraio 1929, in una delle sale nel quartiere delle guardie nobili della Sede Apostolica, durante la proiezione del filmato La Conciliazione tra l’Italia e il Vaticano, ritrae Mons. Nazareno Patrizi seduto, dietro al card. Pietro Gasparri, con abito piano filettato paonazzo e ferraiolo paonazzo. L’attenzione va posta proprio su quel ferraiolo paonazzo, in teoria indumento che non apparteneva al vestiario dei presbiteri non ascesi al rango di prelati di mantelletta, dunque che non fossero prelati domestici, protonotari e vescovi.

All’epoca, Mons. Nazareno era canonico camerlengo della Chiesa dei Ss. Celso e Giuliano già cappella papale dal pontificato di Innocenzo III; cappellano segreto d’onore di Sua Santità dal pontificato di Pio X, avvocato della Sacra Rota, avvocato della Congregazione dei Riti, postulatore della Congregazione per le cause dei santi e già presidente del circolo di S. Filippo Neri, co- direttore della Primaria associazione cattolica artistico-operaia, officiale della Congregazione dei vescovi e regolari, due volte segretario d’ablegazione pontificia, ufficiale dell’Ordine Imperiale di Francesco Giuseppe, incaricato d’affari per i vescovi argentini e primicerio della Confraternita della Ss.ma Annunziata di S.ta Maria in Grottapinta. Oltre ad essere dottore in utroque iure, cavaliere dell’Ordine Reale di Isabella la Cattolica, segretario della Pontificia Accademia Tiberina e socio onorario dell’Accademia Italiana di scienze e lettere di Genova1.

Tuttavia, malgrado la lunga serie di titoli ed onorificenze, Mons. Patrizi era un prelato minore, annoverato tra i cosiddetti prelati di mantellone. Il titolo di cappellano segreto d’onore gli era stato partecipato, ad personam, da San Pio X e solo per la durata del suo pontificato. Dall’ascesa al trono di Pietro di Benedetto XV, invece, il titolo di cappellano segreto d’onore durante munere fu concesso a tutti i canonici dei Ss. Celso e Giuliano2. Secondo il cerimoniale dell’epoca, a questo grado di prelatura spettavano l’abito ed il mantellone paonazzi nelle solenni cerimonie e nelle funzioni papali, mentre in particolari occasioni, come i concistori, potevano indossare oltre l’abito paonazzo una cappa rossa con mostra di seta od ermellino3.

Come abito piano o di città indossavano il collare paonazzo con talare e ferraiolo neri, ma Pio IX aveva già concesso ai prelati di mantellone l’uso dell’abito con filettatura paonazza4, e Pio X aveva accordato anche ai canonici l’uso dell’abito sia prelatizio, in tutto paonazzo, che piano, orlato di seta paonazza5, con ulteriore concessione del ferraiolo paonazzo6. Quindi l’enigma di questa fotografia potrebbe risolversi proprio nei privilegi accordati da Pio X.

Cionondimeno l’importanza storica dell’immagine non è nel vestiario di Mons. Nazareno Patrizi, ma nella sua stessa presenza. La discussione sul suo abito aggiunge una nota in calce alla storia della corte pontificia, ma il fatto è che nel contesto dei Patti Lateranensi egli abbia manifestato la sua partecipazione nella pienezza del proprio rango. Egli già nel 1905, mediante il volume La dotazione imprescrittibile e la legge delle guarentigie, aveva iniziato il proprio lavoro nel campo dei diritti della Sede Apostolica, dinanzi alle conseguenze dell’unità d’Italia. Tutto ciò in piena coerenza sia con la sua tradizione familiare, provenendo da un casato che già dal XVIII secolo serviva la Sede Apostolica sia a Bellegra che a Roma7, che con la propria storia personale, di uomo fedele al Pontefice in cui s’immedesima quell’“Ente eccelso che è la S. Sede”8.


Note

  1. Cf. D. Bracale, Mons. Nazareno Patrizi. Da Bellegra alla Corte Pontificia, Roma 2020, pp. 20-68.
  2. Cf. A.S.V., Segr. Stato, Parte Moderna (1816-1822; 1846-1935) anno 1914, rubr. 5, fasc. 1.
  3. Cf. G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica. Da S. Pietro sino ai giorni nostri, Venezia 1840-1878, vol. 8, sub verbo Cappellani segreti del Papa. Inoltre, cf. J. A. Nainfa, Costume of Prelates of the Catholic Church. According to roman etiquette, John Murphy Company, Baltimore-Maryland 1926, pp. 71-73.
  4. Cf. F. Frezza di San Felice, Dei camerieri segreti e d’onore del Sommo Pontefice. Memorie storiche, Roma 1884, p. 27.
  5. Cf. Pio X, Motu Proprio De canonicis, qui inter praelatos domesticos relati non sint, e capitulis privilegia protonotariorum habentibus (22 dicembre 1913).
  6. Questo privilegio era consentito con rimando alle concessioni già espresse in Pio X, Motu Proprio Inter Multiplices (21 febbraio 1905), § 17.
  7. Cf. D. Bracale, Patrizi di Bellegra. Presbiteri al servizio della Curia Romana dal XVIII al XX secolo, seconda edizione, Roma 2020.
  8. N. Patrizi, La dotazione imprescrittibile e la legge delle guarentigie, Roma 1905, p. 26.
  9. A.S.V., Segr. Stato, anno 1941, Onorificenze, prot. 4860 oppure Segreteria di Stato, Nomine, in “Acta Apostolicae Sedis” 33 (1941), p. 346.

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