Quante volte troviamo scuse per non andare alla Messa domenicale; d’estate è colpa del caldo, d’inverno del freddo… insomma ogni scusa è buona, non curanti però del terzo comandamento del Decalogo: “ricordati di santificare le feste”. Altre volte invece troviamo scuse futili per giustificare la nostra svogliatezza e la nostra pigrizia. Vediamone alcune, ma soprattutto smontiamole insieme.
“La Chiesa è piena di ipocriti che si battono il petto ma fuori sono terribili”
E’ vero, siamo tutti peccatori, ma fate attenzione quando giudicate il prossimo, per non perdere di vista la trave che avete nell’occhio. Giudicare non aiuta nessuno, né cambia la situazione. “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”: non tiratela, è un consiglio, perché pecchereste di superbia. A Messa andiamo a cercare la misericordia di Dio, per questo motivo è normale trovarci tanti ipocriti, bugiardi, avari, lussuriosi, ecc.
“Posso stare con Dio ovunque, non ho bisogno di un luogo fisico per sentirlo vicino”
Se un amico mi dicesse che non ha bisogno di incontrarmi fisicamente né di venire a casa mia o di compiere gesti concreti, sensibili, espliciti per manifestare il suo affetto per me perché gli basta conservarmi nella sua memoria (nel suo cuore), inizierei a dubitare della sua amicizia. Qualcuno potrebbe replicare dicendo: “Ma quando un amico muore rimaniamo legati in questo modo”. Sicuramente, ma non del tutto. Non si va forse a Messa nell’anniversario della sua morte? Non gli si portano dei fiori al cimitero? Perché lo facciamo? Perché in fondo è il movimento naturale del nostro amore che dall’interno trabocca e si manifesta esternamente. Sant’Alfonso Maria de’ Liguori diceva che “se qualcuno avesse sofferto per un amico ingiurie e ferite e venisse a sapere che l’amico, sentendo parlare dell’accaduto, non vuole ricordarlo dicendo ‘Parliamo d’altro!’, che pena proverebbe per l’atteggiamento dell’ingrato! Al contrario, che consolazione sperimenterebbe accertandosi che l’amico professa di testimoniargli eterna gratitudine e che lo ricorda sempre, parlandone con tenerezza!”. La Messa è il memoriale che frequentiamo noi amici di Gesù, perché non possiamo (né vogliamo) dimenticare ciò che ha fatto per noi. Come se non bastasse, inoltre, non ricordiamo il sacrificio del nostro Amico solo come una cosa del passato, ma come un qualcosa che si rende presente, permettendoci di parteciparvi perché “il sacrificio eucaristico è il rinnovamento del sacrificio della croce. Come sulla croce tutti eravamo inseriti in Cristo, così nel sacrificio eucaristico siamo tutti immolati in Cristo e con Cristo” (Sant’Alberto Hurtado).
“La Messa è così noiosa”
L’oggetto della noia, perché sia oggettivamente la fonte dell’esperienza di annoiarsi, deve essere a mio avviso qualcosa senza senso (senza una logica), che non è capace di suscitare stupore, poco intelligente. La Messa ovviamente non si inserisce in questo profilo. La maggior parte delle volte siamo noi che essendo poco intelligenti, incapaci di meravigliarci, insensibili al mondo spirituale e al silenzio interiore ecc. diventiamo incapaci di godere delle grandezze della Messa. Bisogna allenarsi: conoscere meglio le regole, i segni, la teologia, e iniziare a trovarci o a ritrovarci il gusto. Certamente costa, ma ne vale la pena.
“La domenica è il mio unico giorno libero”
In questo caso chiederei, parafrasando Pilato, “Cos’è la libertà?” L’autentica liberazione nasce dall’amore, dal saperci amati e dal poter amare gli altri. “Solo chi è amato può amare. Solo chi è libero può liberare. Solo chi è puro può purificare, e solo chi ha pace la può seminare”, diceva a ragione padre Ignacio Larrañaga. La seguente domanda logica sarebbe: “Chi mi può dare quell’amore, quella libertà, quella purezza, quella pace di cui ho bisogno?” La risposta: Dio. Andare a Messa è in realtà l’attività liberatrice per eccellenza. È l’ora decisiva del nostro “giorno libero”, perché è il culmine e la fonte della nostra riconciliazione e della nostra libertà. Sì, perché “comunicarsi è vivere in Gesù e vivere di Gesù, come il tralcio sulla vite e dalla vite. Gesù unico principio e causa di tutta la vita: della grazia, della luce, della forza, della fecondità, della felicità, dell’amore” (Sant’Alberto Hurtado)
“Ci andrò quando ne sentirò il bisogno, obbligato mai”
Chi può dire di avere fame solo di tanto in tanto, e che quindi mangerà solo quando ne avrà bisogno, quando lo riterrà conveniente? Nessuno. Il corpo ci obbliga con una forza violenta ad alimentarlo. È questione di vita o di morte. È inevitabile. Lo stesso dovrebbe succedere a chi scopre quella fame spirituale che grida dal profondo con violenza. È impossibile non sentirsi bisognosi. È impossibile non voler nutrire lo spirito. È questione di vita o di morte. “La persona umana ha una necessità che è ancora più profonda, una fame che è ancora maggiore di quella che il pane può soddisfare; è la fame del cuore umano per l’immensità di Dio. È una fame che può essere soddisfatta soltanto da Colui che disse: ‘Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda’ (Gv 6,53-55)” – San Giovanni Paolo II.
Fonte: Aleteia
Per il secondo articolo: Quelle inutili scuse per non andare a Messa – II