Riflessioni alla morte di un pontefice

Queste righe non vogliono essere un’analisi, né un giudizio. Nascono da un sentimento più semplice e più vero: quello che si affaccia quando un grande avvenimento della Chiesa ci costringe a guardare non solo gli eventi esteriori, ma anche il nostro cuore.

La nostra realtà di Ecclesia Dei non ha mai nascosto la difficoltà, spesso il profondo dolore, nel guardare al pontificato di Papa Francesco.
Con chiarezza e con fedeltà, abbiamo espresso le nostre riserve su molte scelte, parole e gesti che a nostro avviso non hanno custodito come si deve il deposito della fede.
In alcuni momenti, e non lo nascondiamo, il fervore della difesa dottrinale ci ha portato a parole dure, forse a mancare, talvolta, a quella carità che pure il Vangelo ci comanda di non perdere mai, nemmeno nella battaglia per la verità.

Oggi, però, di fronte alla morte del Romano Pontefice, sentiamo il dovere di fermarci.
Non per rinnegare ciò che abbiamo creduto e difeso, ma per ricordarci che, prima di ogni altra cosa, la Chiesa è madre.
E che, come insegna San Paolo, “se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme” (1Cor 12,26).

Proviamo un sincero dispiacere, non tanto per un progetto o per una visione ecclesiale, ma per il mistero della morte che avvolge ogni uomo, anche colui che ha portato il peso tremendo del ministero petrino.
“Non giudicate prima del tempo, finché non venga il Signore,” ammonisce ancora San Paolo, “Egli porterà alla luce ciò che è nascosto nelle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori” (1Cor 4,5).

È davanti a questo mistero che la nostra parola si fa più umile.
Papa Francesco ha lasciato questo mondo, e ora la sua anima è consegnata al giudizio misericordioso e giusto di Dio.
Il nostro compito non è quello di salire su un banco per emettere sentenze, ma di inginocchiarci per pregare.

La morte di un Pontefice è un evento che, al di là delle ideologie, ci richiama alla realtà della nostra comune fragilità.
Davanti a Dio, ogni uomo si presenta solo, spogliato di ogni carica, di ogni titolo, di ogni onore terreno.
Rimane l’anima, il sì o il no dato all’amore di Dio.
“Sta scritto infatti: Tutti compariremo davanti al tribunale di Dio”(Rm 14,10).

Sentiamo allora il bisogno di invocare la divina misericordia su Papa Francesco.
E sentiamo anche il dovere di guardare avanti: al successore che il Signore donerà alla Sua Chiesa.
Possa il futuro Pontefice raccogliere ciò che di autenticamente cristiano, nonostante le molte ombre, Papa Francesco ha desiderato trasmettere: l’amore universale di Dio, che non esclude nessuno, e che desidera che tutti — veramente tutti — giungano alla conoscenza della verità (cfr. 1Tm 2,4).

Chiediamo che il “tutti” a cui spesso ha fatto riferimento, non sia un tutti indistinto o confuso, ma comprenda anche coloro che, con fatica e fedeltà, custodiscono l’integrità della fede cattolica, l’immutabile dottrina di Cristo, e la Tradizione viva della Chiesa.

Non possiamo, come cattolici, non sperare che i prossimi anni siano un tempo di consolazione, di chiarezza, di verità e di carità.

Alex Vescino

Direttore e fondatore del blog cattolico Ecclesia Dei, ha conseguito la laurea triennale in Economia Aziendale presso l'Università degli Studi di Genova. 
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