Sacramento o colloquio? L’apologo di Cristina

Già in tempi normali è difficile trovare sacerdoti disponibili per le confessioni. Parlando di altro, Antonello Venditti cantava "Chiuse come le chiese quando ti vuoi confessare", testimoniando una situazione reale e di cui tutti, credo, abbiamo fatto esperienza.

Già in tempi normali è difficile trovare sacerdoti disponibili per le confessioni. Parlando di altro, Antonello Venditti cantava “Chiuse come le chiese quando ti vuoi confessare”, testimoniando una situazione reale e di cui tutti, credo, abbiamo fatto esperienza almeno una volta nella vita.

Diventa ancora più complicato farlo nel periodo pandemico, in cui alcuni sacerdoti hanno sbarrato i già poco usati confessionali.

Tuttavia, quelle volte in cui si riesce a trovare un ministro per il sacramento, non sempre lo si vive come tale.

Molti sacerdoti vivono la confessione come un colloquio, una chiacchierata tra amici. Certo, nel sacramento della confessione una parte fondamentale è costituita dall’accusa dei peccati in cui il penitente parla liberamente e poi ascolta i consigli del sacerdote; ma come si capisce che non è un colloquio e basta?

I sacramenti richiedono dei segni e delle formule, rendendo le verità invisibili attraverso segni tangibili. E se invece l’esperienza è ben diversa?

Seguiamo questo apologo.

Sacramento o colloquio? L’apologo di Cristina

Cristina va a confessarsi: entra nella penitenzieria e trova un uomo di mezza età in jeans e maglietta. Non trova un inginocchiatoio, pensa di essersi sbagliata; decide ugualmente di inginocchiarsi sul pavimento. Senza stola, Don Cocco la ammonisce subito: “No, in ginocchio no dai, siediti qui davanti a me: io sono un uomo come te”.

Cristina accusa con umiltà le sue colpe, tutte minimizzate dal nostro Don Cocco con bonari “Ma sì, il Signore è gioia, non ti preoccupare!”; infine le chiede dei suoi studi universitari, dello smalto sulle unghie e di dove abbia trascorso le vacanze. Naturalmente senza penitenza, Don Cocco la assolve “Gesù ti ama e ti ha già perdonato. Ti assolvo nel nome…”.

Sono passati ben 20 minuti: Cristina giunge davanti al Santissimo Sacramento per il ringraziamento: “Signore, ma era un sacramento od un colloquio?” Domanda legittima, perché è questo che trasmettono alcuni sacerdoti.

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