Don Bosco gli indicò la “ricetta” giusta per la santità: allegria, osservare i doveri di studio e di preghiera, far del bene agli altri. Da quel momento fino alla morte Domenico si sforzò di essere esemplare in tutto: si notavano in lui una pietà profonda unita a una serena allegria; e un impegno speciale per venire in aiuto ai compagni, magari giocando con uno che era trascurato dagli altri, facendo ripetizione a chi ne aveva bisogno, o assistendo quelli malati. Circa un anno dopo, Domenico ebbe un’idea, formare un gruppo di ragazzi per far del bene insieme, società che chiamò Compagnia dell’Immacolata e che fu subito approvata da don Bosco. Nell’estate del 1856 scoppiò un’epidemia di colera, e don Bosco radunò 44 giovani per soccorrere gli ammalati. Domenico si distinse fra i volontari, non riportando, come promesso da don Bosco alcun danno. Intanto, però, verso la fine del 1856 la sua salute cominciò a dare seri problemi. Nel febbraio 1857 cominciò a tormentarlo una tosse insistente mista a febbre. Allora, purtroppo, non c’erano gli antibiotici, per l’oscura malattia, e queste forme spesso erano letali. Tornato a Valdocco nell’autunno 1856 per frequentare il IV ginnasio, alla fine del febbraio seguente la malattia aveva fatto ancora progressi, tanto da consigliare il suo ritorno in famiglia a Mondonio. Domenico si mise a letto il 4 marzo e in soli cinque giorni una grave polmonite lo stroncò. Morì il 9 marzo 1857, a 15 anni, fra le braccia dei genitori; patrono dei ministranti.