Nel cuore dell’Appennino abruzzese, tra le valli che cingono il Gran Sasso, si erge il santuario di San Gabriele dell’Addolorata, uno dei centri di pellegrinaggio più visitati d’Europa. Nato ad Assisi il 1° marzo 1838, Francesco Possenti entrò all’età di 18 anni nella congregazione dei Passionisti nel 1856. Si racconta che nella sua cameretta avesse una statua della Madonna Addolorata, con Gesù morto sulle sue ginocchia. Francesco la contemplava spesso, a lungo, commuovendosi per i dolori che aveva dovuto patire la Madonna davanti a Gesù deposto dalla croce. Spinto così da una forte devozione mariana assunse il nome di Gabriele dell’Addolorata. Nel 1859 venne trasferito con i suoi compagni a Isola del Gran Sasso, per completare gli studi in vista del sacerdozio. La sua salute, però, a causa della costituzione fragile e delle mortificazioni che praticava, peggiorò, ammalandosi di tubercolosi durante la fine del 1861. Morì a soli 24 anni, il 27 febbraio 1862 pronunciando tra le sue ultime parole «Se così vuole Dio, voglio anch’io».
Dopo la canonizzazione del 1920, il culto di San Gabriele si è diffuso ben oltre i confini dell’Abruzzo, raggiungendo altre regioni d’Italia e perfino l’estero. La promozione del culto di San Gabriele è legata anche all’opera dei padri Passionisti. Fin dalla loro fondazione, le prerogative che distinguono la congregazione sono la predicazione e la missione popolare, al fine di portare il messaggio della Passione di Cristo tra le comunità più umili e bisognose.
Nel contesto italiano, il loro impegno missionario ha contribuito a radicare il culto di San Gabriele, soprattutto nelle regioni del centro-sud. Il Santo è stato presentato come modello di santità giovane per i giovani. E anche oggi la sua figura continua a esercitare un forte richiamo tanto che si è reso necessario costruire un santuario più grande per accogliere oltre due milioni di pellegrini all’anno.
Bastano pochi passi nel santuario per comprendere la dimensione della devozione popolare al giovane santo: centinaia di ex voto, fotografie, messaggi scritti a mano raccontano storie di grazie ricevute. Il linguaggio visivo della devozione si esprime in oggetti che testimoniano un’intercessione percepita come concreta e tangibile.
Uno degli elementi più peculiari del culto di San Gabriele è la massiccia partecipazione giovanile. San Gabriele è invocato come protettore negli esami, nelle difficoltà quotidiane, nelle malattie. Non è un santo lontano da noi, ma un compagno di viaggio, un mediatore tra la sofferenza umana e la speranza del divino. È in questo rapporto diretto e personale con il sacro che la devozione trova la sua forza.