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San Luigi Gonzaga 

La spiritualità di un gigante della Chiesa cattolica, che, appena uscita dal Concilio di Trento, con rinnovata vitalità si presenta al mondo fonte luminosa di eterna salvezza

Nel XVI secolo il territorio della Penisola italiana era da un punto di vista politico estremamente frammentato, diviso in una miriade di Stati più o meno grandi e di conseguenza più o meno potenti, che erano costretti, al fine di dare sfogo alla loro volontà di potenza e non finire inghiottiti in quel mare in tempesta che è la storia umana, sempre pronta a inghiottire senza pietà chi non si dimostra all’altezza della sfida, a stipulare continuamente nuove alleanze con le entità statuali confinanti e con quelle grandi potenze politiche, formate di recente, che erano gli Stati nazionali, in primis Spagna e Francia. Il nobile e condottiero Ferrante Gonzaga, Cavaliere dell’Ordine Militare di Alcantara, antico ordine monastico e militare spagnolo risalente al XII secolo per la difesa della città di Alcantara contro i musulmani iberici e nordafricani, proprio per perorare la propria causa presso i maggiori potentati europei trascorse una buona parte della sua vita adulta nei domini asburgici, a Vienna, e alla corte spagnola, dove si innamorò della dama favorita della regina Elisabetta di Valois, Marta Tana di Santena da Chieri, figlia del barone Baldassare Tana, rappresentante di una famiglia tedesca, giunta in Italia nell’XI secolo a seguito dell’imperatore Federico Barbarossa, stabilitasi in Piemonte, signore di Santena, e di Anna Della Rovere, dei signori di Vinovo, cugina del cardinale Girolamo Della Rovere, arcivescovo di Torino: i due si sposarono il 15 novembre 1566.

Circa un anno e mezzo dopo il matrimonio, precisamente il 9 marzo 1568, nacque a Castiglione delle Stiviere il figlio primogenito, Luigi, che fu immediatamente battezzato dalla levatrice per il concretissimo pericolo che il neonato non sopravvivesse: il rito fu perfezionato un mese e undici giorni dopo, il 20 aprile, dal sacerdote Giambattista, della nobile famiglia padovana dei Pastorio, nella chiesa parrocchiale dedicata ai Santi Nazario e Celso. Interessante risulta quanto il sacerdote scrisse nel registro dei battesimi, oltre alle informazioni consuete: «Sia felice e viva in eterno, caro a Dio, tre volte ottimo e massimo, e agli uomini».

Oltre ai parenti, parteciparono al sacro rito, in qualità di padrino e madrina, rispettivamente il duca di Mantova Guglielmo Gonzaga e la nobile Ippolita Maggi, sposa di Alfonso Gonzaga, marchese di Castel Goffredo. Dal quadro delle personalità politiche che incontrarono la vita del Nostro fin dal suo inizio è semplice immaginare il futuro del primogenito di Ferrante e Marta, che, infatti, fin dalla più tenera età fu educato alla vita militare: quando aveva solo cinque anni le finte armi che gli erano consegnate per esercitarsi erano i suoi giocattoli preferiti e arrivò addirittura a rubare della polvere da sparo per azionare un cannone, dal quale rischiò di essere schiacciato per il rinculo dell’arma.

Come gli antichi romani, prima dell’avvento civilizzatore del cristianesimo, erano soliti intrattenersi assistendo ai crudelissimi combattimenti negli anfiteatri, nel secondo millennio dell’era volgare le sacre liturgie assunsero, oltre alla dimensione cultuale primaria, anche un’importante funzione sociale, di contemporanea edificazione e diletto delle plebi: perciò, è meglio comprensibile come mai un esorcismo praticato da un pio e santo sacerdote dell’ordine francescano potesse attirare tante persone; come nel Vangelo sono spesso i demoni a dichiarare apertis verbis la divinità di Gesù Cristo, così, durante un esorcismo svolto negli anni Settanta del XVI secolo, fu un demone a rivelare il glorioso futuro del piccolo Luigi, dicendo «Vedete là? Vedetelo! Vedetelo dunque! Egli andrà in Cielo e grande gloria vi avrà!»: ciò si spiega, sulla scia della speculazione del filosofo e teologo Tommaso d’Aquino, il Doctor Angelicus, ricorrendo alla distinzione tra ragione naturale, tipica dell’uomo nello stato di decadenza determinato dal peccato originale, ragione preternaturale, dei nostri progenitori Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden e delle potenze angeliche e demoniache, e ragione soprannaturale, di Dio.

Progettata dall’architetto Michele di Bartolomeo Michelozzi, la Basilica della Santissima Annunziata è il principale edificio religioso fiorentino dedicato al culto mariano: fu in questo luogo di culto che Luigi, a soli 10 anni, decise di fare voto di perpetua castità, consacrando interamente la sua vita alla Beata Vergine Maria, così come la Madonna si affidò di tutto cuore a Dio. Il  periodo della permanenza fiorentina costituì anche l’occasione per un incremento delle pratiche ascetiche, praticando il più rigoroso digiuno e leggendo una delle opere del bibliofilo Gaspar Loarte, gesuita spagnolo nato nel 1498 e tornato alla casa del Padre nel medesimo anno della venuta al mondo del Nostro, l’Instruttione per meditare il rosario della Madonna, una delle numerose opere di edificazione spirituale che abbondantemente fiorirono negli anni successivi all’assise tridentina, espressamente pensate per quella parte di popolo in grado di leggere e scrivere, ma che non continuò successivamente gli studi. La «conversione dal mondo a Dio», per usare le parole che furono proferite dal protagonista del presente profilo agiografico, non fu una svolta inaspettata: oltre all’educazione religiosa che gli fu impartita dalla madre, già da tempo egli era solito dedicare lunghe ore quotidiane alla preghiera, in particolare recitando genuflesso i sette salmi penitenziali e l’ufficio della Madonna. 

All’età di 12 anni ricevette la prima comunione dalle mani dell’arcivescovo di Milano Carlo Borromeo, padre nobile del controriformismo cattolico post tridentino. Il periodo fiorentino, iniziato nel 1576 e svoltosi presso la residenza del granduca Francesco I de Medici, si protrasse fino al 1581, quando il padre decise di fargli trascorrere due anni a Madrid, in qualità di paggio d’onore del principe delle Asturie Diego Felice d’Asburgo. Fu una fase della vita del futuro santo immortalata in un dipinto a olio su tela del pittore El Greco. Durante questo periodo, oltre alle occupazioni di corte, si dedicò anche all’attività intellettuale, studiando logica, filosofia, teologia e matematica, e alle letture spirituali, venendo per la prima volta in contatto con gli Esercizi spirituali di Ignazio di Loyola e con il Compendio de la vida espiritual, opera del filosofo e teologo domenicano, oltre che predicatore spagnolo Luis de Granada. Durante il periodo della permanenza a corte maturò più profondamente in lui la vocazione religiosa. A

l fine di dare seguito al suo desiderio rinunciò a ogni diritto legato alla primogenitura in favore del fratello Rodolfo e a 17 anni chiese di entrare nella Compagnia di Gesù, ordine religioso fondato nel 1540 dal santo spagnolo Ignazio di Loyola, scegliendo la nuova compagnia di canonici regolari, dato che a costoro era vietato assumere ogni onorificenza, anche se legata alla gerarchia ecclesiastica. Nella vita secolare Luigi conobbe grandi personalità politiche, ma anche la vita religiosa non fu meno segnata da eccellenti personalità: oltre al già citato San Carlo Borromeo, non si possono non ricordare almeno San Roberto Bellarmino, suo confessore, e San Camillo de Lellis, che lavorò con lui nell’attività assistenziale agli appestati. Per lunghissimo tempo, San Luigi fu ricordato soprattutto come un giovane devoto, ma in un certo senso debole, quasi un santo zuccheroso, ma la realtà storica è ben diversa, parlandoci di un giovane intellettualmente molto dotato.

Durante la sua permanenza spagnola, il 29 marzo 1583, fu incaricato di tenere dinanzi alla corte riunita al completo un discorso elogiativo in latino, di fattura scolastica, in onore di Filippo II, esaltante i di lui successi su infedeli ed eretici; un’altra testimonianza della sua felicissima abilità letteraria è costituita dall’opera, di sei anni posteriore, Trattato o Meditazione degli angeli, particolarmente degli angeli custodi, scritta per obbedienza al rettore del Collegio Romano, Vincenzo Bruno. In questa opera San Luigi  presenta innanzitutto la suddivisione in tre gerarchie dei nove cori angelici e successivamente tratta degli arcangeli Michele e Gabriele, affiancati al prototipo degli angeli custodi, a colui che sempre è accanto all’uomo, dal concepimento al giudizio particolare post mortem, vale a dire il terzo arcangelo, San Raffaele.

Nonostante il suo ingresso in religione, i legami con la scena politica dell’epoca non furono completamente interrotti: seppur a malincuore, su richiesta della madre e della duchessa di Mantova, Eleonora d’Austria, risolse con successo la delicata questione politica della successione al marchesato di Solferino, al quale aspiravano, successivamente alla morte di Orazio Gonzaga, il fratello, il marchese di Castel Goffredo e il duca di Mantova. Il futuro del giovane gesuita sembrava brillante, ma la città di Roma proprio all’inizio degli anni Novanta del XVI secolo fu colpita da un’epidemia, come non raramente all’epoca accadeva: la costituzione fisica di Luigi era sempre stata piuttosto debole e il soccorso da lui misericordiosamente recato a un appestato abbandonato a un angolo della strada fu la causa della sua dipartita, nella tarda serata del 21 giugno 1591.

La sua morte fulminea fu un duro colpo per i gesuiti. Un suo confratello, testimoniando al processo per l’accertamento delle virtù eroiche del Gonzaga, disse che era fermamente convinto che Dio avesse chiamato Luigi a far parte della Compagnia di Gesù per poi un giorno far sì che venisse eletto superiore generale dell’ordine religioso, successore del fondatore. Luigi fu beatificato il 19 ottobre 1605 da Papa Paolo V, che in occasione della cerimonia pronunciò le parole «Santo benché gesuita, puro benché Gonzaga», e canonizzato nella Basilica Vaticana nell’ultimo giorno dell’anno 1726 da Papa Benedetto XIII insieme al polacco Stanislao Kostka, il quale, pur prematuramente scomparso, e quindi nell’impossibilità di aver realmente predicato ai popoli, divenne l’emblema dell’ essere un missionario: «Il missionario deve avere ottime scarpe di mortificazione, un ampio mantello di amor di Dio e del prossimo, un cappello di pazienza a difesa delle avversità». Nel 1729 lo stesso Benedetto XIII   proclamò San Luigi protettore degli studenti, nel 1926 Pio XI lo definì patrono della gioventù cattolica e 65 anni dopo fu proclamato patrono dei malati di AIDS da Giovanni Paolo II. Gli attuali canoni iconografici riguardo a San Luigi Gonzaga risalgono al pittore bresciano del XVIII secolo Pietro Scalvini. 

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