La figura di San Raffaele Arcangelo ci è presentata dalla Sacra Scrittura, che ci consente di conoscerlo, venerarlo e invocarlo. A differenza di altre figure angeliche e mistiche del culto cattolico, siamo introdotti a San Raffaele attraverso la lettura del libro di Tobia.
Nel testo, l’angelo Raffaele viene inviato dal Signore per accompagnare e proteggere Tobia, incaricato dal padre di riscuotere una somma di denaro depositata presso un parente lontano. Tobi, uomo di profonda fede e carità, pregò intensamente affinché Dio proteggesse suo figlio lungo il cammino. Così, l’angelo Raffaele, inizialmente sotto mentite spoglie, si presentò a Tobia come un viandante, offrendosi di accompagnarlo nel viaggio. Tobia accettò di buon grado la compagnia.
Giunti in prossimità del fiume Tigri, Tobia venne aggredito da un grosso pesce. Su consiglio di San Raffaele, lo uccise, poiché al suo interno avrebbe trovato rimedi per guarire la malattia del padre e proteggersi dall’incontro con un demone. Tobia trovò fiele e un cuore nel pesce, ed è per questo che, a partire dal tardo Medioevo, l’arcangelo è rappresentato con un pesce e un vaso di medicina, emblemi della professione medica. Inoltre, è raffigurato come pellegrino, con bordone, borraccia e tascapane.
Nel frattempo, anche un’altra persona, la giovane vedova Sara, aveva invocato l’aiuto del Signore. Sara era posseduta da un demone che aveva causato la morte di sette promessi sposi. Quando Tobia e San Raffaele giunsero a Ecbatana, il villaggio di Sara, Tobia venne a conoscenza della sua triste storia e, nonostante il timore, si innamorò perdutamente di lei. L’Arcangelo consigliò a Tobia di farle mangiare il cuore del pesce, poiché questo avrebbe spezzato la maledizione. Così accadde, e Sara fu liberata dal demone. I due si innamorarono, si sposarono, e dopo aver riscosso il denaro, tornarono a casa.
Una volta giunti alla dimora, Raffaele suggerì a Tobia di applicare il fiele del pesce sugli occhi del padre, guarendolo dalla sua cecità. Solo prima di congedarsi dai due giovani compagni, San Raffaele rivelò la sua vera natura, dichiarandosi uno dei sette spiriti inviati da Dio per proteggere e guidare Tobia e Sara.
In virtù del racconto del Libro di Tobia, durante il Medioevo San Raffaele veniva considerato patrono dei viaggiatori e protettore degli adolescenti che lasciano la casa per la prima volta. La sua figura appare anche in molti apocrifi dell’Antico Testamento come inviato di Dio per curare non solo le ferite del corpo, ma anche quelle dell’anima che laceravano il popolo di Israele. Nel corso del tempo, San Raffaele è stato associato all’opera medica, tanto che gli ebrei includevano il suo nome nelle formule di guarigione e negli amuleti contro le malattie.
Questa associazione con la guarigione è stata ereditata anche nel culto romano. Origene lo rappresentava come un serpente, simbolo della medicina, e successivamente, con l’avvento del cristianesimo, la funzione di taumaturgo gli fu attribuita. Non a caso, l’ordine dei farmacisti adotta come simbolo un angelo d’oro sormontato da una coppia di serpenti.
Concludo questo breve scritto con una riflessione teologica e un invito. San Gregorio Magno ci insegna che, pur essendo tutti gli angeli messaggeri ed esecutori della volontà divina, gli arcangeli sono inviati da Dio per missioni particolari e specifiche. Appartengono infatti a una cerchia gerarchica più elevata e stretta, a diretto contatto con Dio.
Anche noi possiamo e dovremmo riscoprire il culto dell’Angelo di Dio. Potremmo farlo attraverso semplici gesti, come recitare la preghiera che ci è stata insegnata da bambini o fermarci al suono delle campane di mezzogiorno, come nella tradizione contadina, per invocare la protezione dell’Angelo e di Maria con la recita dell’Angelus. Questi semplici atti purificano, anche solo per un momento, il cuore e la mente dalle preoccupazioni quotidiane, permettendoci di contemplare la presenza di Dio nel nostro vissuto.