Iddio, che illumini i cieli e colmi gli abissi,
arda nei nostri petti, perpetua,
la fiamma del sacrificio.
Fa più ardente della fiamma
il sangue che scorre nelle vene,
vermiglio come un canto di vittoria.
Quando la sirena urla per le vie della città,
ascolta il palpito dei nostri cuori
votati alla rinuncia.
Quando a gara con le aquile
verso Te saliamo,
ci sorregga la Tua mano piagata.
Quando l’incendio, irresistibile avvampa,
bruci il male che si annida nelle case degli uomini,
non la ricchezza che accresce la potenza della Patria.
Signore, siamo i portatori della Tua croce,
e il rischio è il nostro pane quotidiano.
Un giorno senza rischio non è vissuto,
poichè per noi credenti la morte è vita,
è luce: nel terrore dei crolli,
nel furore delle acque,
nell’inferno dei roghi.
La nostra vita è il fuoco,
la nostra fede è Dio
Per Santa Barbara Martire.
Questa è la preghiera che il Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco ha scelto per la sua patrona. Santa Barbara è la Santa che rappresenta la capacità di affrontare il pericolo con fede, coraggio e serenità anche quando non c’è alcuna via di scampo. È stata eletta, infatti, patrona dei Vigili del Fuoco, in quanto protettrice di coloro che si trovano “in pericolo di morte improvvisa”.
In un certo luogo dell’immenso Impero Romano ed in un tempo in cui la ferocia dei persecutori delle sette cristiane era animata da quel fervore caratteristico di chi ostacola i processi epocali di rinnovamento, visse una splendida fanciulla chiamata Barbara. Ella era ciecamente amata dal padre Dioscoro il quale aveva rifiutato numerose offerte di matrimonio di uomini speranzosi di sposare la bella Barbara perché preferiva che la ragazza convolasse a nozze con un alto dignitario romano. Dioscoro, gelosissimo, fece costruire una torre ove la figliola potesse dimorare nascosta agli sguardi degli uomini, nei lunghi periodi di assenza durante i quali l’uomo era costantemente impegnato nella sua attività di satrapo dell’imperatore, in quanto devoto e fedele servitore del suo signore e fervente adoratore delle divinità pagane. Barbara non era prigioniera della torre ed aveva facoltà di frequentare oneste compagnìe tra cui gli adepti della setta di una nuova religione che stava diffondendosi, seppure tra mille difficoltà, in tutto l’Impero, quella dei seguaci di Cristo, la cui principale aspirazione pareva essere il martirio nel nome dell’unico vero Dio. Poiché questo unico dio veniva rappresentato dalla trinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, Barbara ordinò ai muratori che avevano edificato la torre, con due sole finestre su ordine di Dioscoro, di aprirne una terza verso oriente in onore della trinità dei cristiani. Poi la fanciulla raggiunse uno stagno naturale che si era formato nei pressi della torre e tuffandosi tre volte in esso, si autobattezzò, consacrandosi a Dio; quindi tornò nella torre e sputò sul volto delle statue pagane che incontrò tornando alla torre. Quando Dioscoro fece ritorno dal suo viaggio e notò che una terza finestra era stata aperta nella torre, ne chiese spiegazione a Barbara. Allorché l’uomo comprese significato simbolico della terza finestra e seppe che la figlia aveva fatto voto di castità, fu preso da inaudito furore ed estrasse la propria spada per colpire la figlia, ma, proprio in quel momento, il muro della torre si squarciò e consentì a Barbara di fuggire, poi si richiuse dinanzi a Dioscoro. Barbara corse verso una roccia che si aprì davanti a lei e le permise di nascondersi. Il padre partì alla ricerca della figlia e chiese informazioni a due pastori: il primo dei due negò di aver visto Barbara, mentre il secondo la tradì e rivelò al padre il suo nascondiglio. Fu così che Dioscoro riuscì a scovare la ragazza ed a riportarla indietro battendola e trascinandola per i capelli; Barbara maledisse il pastore che l’aveva tradita e questi si trasformò in pietra insieme alle sue pecore che divennero scarabei. Dioscoro, furibondo, denunciò la figlia al prefetto del luogo che si chiamava Marciano e che cercò prima con le buone di convincere Barbara a rinnegare il suo credo religioso. Barbara non abiurò, ma, invece, prese ad insultare le divinità pagane, fredde ed immobili come le statue che le raffiguravano e come coloro che le adoravano. Marciano, stupito ed irritato dal comportamento della fanciulla, apparentemente debole ed indifesa, ma dotata di grande coraggio, ordinò che le sue nude carni venissero tormentate e fatte sanguinare con un panno ruvido e che poi la fanciulla passasse la notte in prigione a ravvedersi. Durante la notte un angelo visitò Barbara e la sanò, rassicurandola che Dio era dalla sua parte e che le sue sofferenze sarebbero state premiate. All’indomani Marciano, livido di rabbia per aver visto sanate le ferite della fanciulla ed ancor più perché non era ancora riuscito a vincere la caparbia della ragazza, ordinò che Barbara venisse martoriata con piastre roventi e che il suo capo fosse battuto con un martello. Poi, assieme ad una sua amica cristiana chiamata Giuliana, Barbara venne tormentata dal fuoco e dalle fiamme, ma queste, per volere di Dio, si spensero. Marciano volle allora che alle due donne fossero tagliati i seni e che Barbara, perché ne fosse fiaccato lo spirito ed il candore virginale , fosse condotta nuda per le vie della città e schernita dalla folla e flagellata lungo il cammino. Barbara pregò ancora Dio di aiutarla a difendere il suo pudore e così fu che i flagelli si mutarono in leggere piume di pavone, mentre il cielo si oscurò ed una fitta nebbia impedì alla popolazione di vedere le nudità della vergine. Marciano, letteralmente folle di rabbia, per non aver ottenuto alcun successo su di una inerme fanciulla, ordinò che il padre Disonoro le tagliasse il capo con la propria spada e Dioscoro, anch’egli furente per la risolutezza della figlia, non se lo fece ripetere due volte, ansioso di vibrare quel colpo mortale che avrebbe punito chi lo aveva disonorato. Barbara, allora, si rivolse per l’ultima volta a Dio e lo pregò di perdonare tutti quelli che, affidandosi alla memoria del suo martirio, non avessero avuto il tempo di pentirsi. Dioscoro, ebbro d’odio per la pervicacia della figlia, vibrò il colpo mortale , ma un istante dopo venne colpito da una violentissima folgore che lo cancellò dalla faccia della terra, facendone sparire finanche le polveri. Un uomo di nome Valentino trasferì il corpo di Barbara in un luogo chiamato Sole. Era il 4 di dicembre: i presenti furono così atterriti da quell’episodio che lo tramandarono per le generazioni a venire e si affidarono alla memoria di Barbara tutti coloro che furono colti da morte improvvisa e non ebbero il tempo di chiedere perdono a Dio.
È immaginabile che, come per ogni leggenda, anche quella della vergine di Nicomedia abbia un fondo di verità. Il contesto storico degli avvenimenti è senz’altro successivo alla prima diffusione del Cristianesimo nelle province orientali dell’Impero Romano ed antecedente al 313 d.C., anno in cui Costantino proclamò il Cristianesimo religione di Stato, unificando così i diversi culti monoteistici dell’epoca.
O Santa Barbara noi dunque vi preghiamo di ottenerci la perseveranza nelle buone opere, ed una viva fede, affinché con ferma speranza potessimo aspirare al Cielo per godervi insieme con gli angeli e i Santi nello splendore dell’Eterna Carità.
Santa Barbara prega per noi!
Ecclesia Dei
Fonte: Corpo Naz. dei Vigili del fuoco.