L’acquisto e la gestione di un grande hotel a Suakin, sul Mar Rosso, costrinsero la signora Michieli a trasferirsi in quella località per aiutare il marito. La prima volta portò con sé la piccola e la bambinaia, poi, per suggerimento dell’amministratore della famiglia Michieli, Illuminato Checchini, Mimmina e Bakhita vennero affidate alle Suore Canossiane dell’Istituto dei Catecumeni di Venezia. Prima che Bakhita lasciasse casa Michieli, il signor Illuminato, che diventerà il suo “Paron”, il quale desiderava tanto farle conoscere il Signore, le regalò un crocifisso di metallo. Giunta all’Istituto dei Catecumeni, Bakhita chiese e ottenne di conoscere quel Dio che fin da bambina sentiva «in cuore senza sapere chi fosse». Nel novembre del 1889, quando la signora Michieli ritornò dall’Africa per riprendersi la figlia e Bakhita, quest’ultima, con coraggio, manifestò la sua volontà di rimanere con le Suore Canossiane e servire quel Dio che le aveva dato molte prove del suo amore. Il 29 novembre 1889 Bakhita viene dichiarata legalmente libera, così poté rimanere e proseguire il suo cammino che la introduceva nell’esperienza cristiana. Il 9 gennaio 1890 Bakhita ricevette il battesimo con i nomi di Giuseppina, Margherita, Fortunata, Maria Bakhita, la cresima e la prima comunione. Ogni giorno rendeva Bakhita sempre più consapevole di come quel Dio, che ora conosceva e amava, l’aveva condotta a sé per vie misteriose, tenendola per mano. Bakhita rimase nel Catecumenato, dove si fece sempre più chiara in lei la chiamata a farsi religiosa e l’8 dicembre 1896 si consacrò al suo Signore nell’Istituto di santa Maddalena di Canossa. Nel 1902 da Venezia fu trasferita a Schio (Vicenza), dove visse fino alla morte, prestandosi in diverse occupazioni: cuciniera, ricamatrice, sagrestana, portinaia. Morì l’8 febbraio 1947, dopo una lunga e dolorosa malattia.