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Santa Rita da Cascia

Santa Rita da Cascia (al secolo Margherita Lotti), nacque a Roccaporena (Perugia) nel 1381. Un giorno, mentre Margherita partecipava alla Messa a Cascia, nella chiesa di Santa Maria Maddalena, fu colpita dalle parole: «Ego sum Via Veritas et Vita», e da quel momento decise di incarnarlo nella sua vita.

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Santa Rita da Cascia (al secolo Margherita Lotti), nacque a Roccaporena (Perugia) nel 1381. Un giorno, mentre Margherita partecipava alla Messa a Cascia, nella chiesa di Santa Maria Maddalena, fu colpita dalle parole: «Ego sum Via Veritas et Vita», e da quel momento decise di incarnarlo nella sua vita.

Santa Rita da Cascia (al secolo Margherita Lotti), nacque a Roccaporena (Perugia) nel 1381. Un giorno, mentre Margherita partecipava alla Messa a Cascia, nella chiesa di Santa Maria Maddalena, fu colpita dalle parole: «Ego sum Via Veritas et Vita» (Io sono la Via la Verità e la Vita), e da quel momento decise di incarnarlo nella sua vita. Sentì allora il profondo desiderio di consacrarsi a Dio, e rimanere in quel monastero di Santa Maria Maddalena dove aveva udito quella affascinante “Parola”. Ma i genitori si opposero, dato che avevano su di lei altri progetti e la ragazza fu costretta ad accettare il marito che i genitori avevano pensato di darle. Margherita fu data in sposa, a 17 anni, a Paolo di Ferdinando Mancini, un giovane di una illustre famiglia di Cascia. I primi anni di matrimonio dovettero essere difficili, ma Margherita, grazie alla sua formazione cristiana, alla sua dolcezza e mitezza di carattere, riuscì a trasformare il carattere impulsivo del marito. Dal matrimonio nacquero due figli, forse gemelli, Giangiacomo e Paolo Maria. La vita matrimoniale di Margherita fu sconvolta dall’assassinio del marito mentre rincasava in piena notte. Rita, rimasta sola con i suoi due figli, ancora adolescenti, fu assalita non solo dall’angoscia per la perdita del marito, ma anche dal pensiero della faida di sangue che stava per scatenarsi. Rita riuscì a perdonare gli assassini, non altrettanto riuscirono a fare i figli e a nulla valsero le sue esortazioni al perdono poiché l’ambiente sociale e familiare spingevano alla vendetta.

I due giovani giurarono di vendicare il padre. Quando Rita si accorse dell’inutilità dei suoi sforzi per sconsigliare i figli dalla vendetta, ebbe il coraggio di pregare Dio perché li chiamasse a sé, piuttosto di permettere che si macchiassero di omicidio. I quali morirono, di peste, qualche tempo dopo. Rimasta sola, Rita andò a bussare al convento delle suore agostiniane di Cascia. La sua richiesta non fu accettata poiché accogliere nel monastero una “vedova di sangue” voleva dire coinvolgere nella faida anche quel luogo sacro e le altre suore. Rita allora capì che non avrebbe potuto realizzare il suo sogno se non fosse prima avvenuta la pace tra i parenti dell’uccisore e dell’ucciso. Fu tutto inutile, tanto che le monache rifiutarono più volte di aprirle le porte del monastero. Sola, nella casa deserta, pregò i suoi tre santi protettori: Giovanni Battista, Agostino e Nicola da Tolentino, finché una notte avvenne il miracolo. I tre santi le apparvero e la invitarono a seguirla, giunti davanti alla porta del convento, nonostante essa fosse chiusa da chiavistelli e catenacci, essi la spalancarono e condussero Rita nel mezzo del coro, dove le suore stavano pregando. Rita poté così realizzare il desiderio di consacrarsi a Dio. Qui la badessa del monastero mise a dura prova la vocazione e l’obbedienza di Rita, facendole annaffiare un arbusto di vite secco, presente nel chiostro del monastero, il legno, dopo un pò di tempo, ricominciò a dare i suoi frutti. Negli ultimi 15 anni della sua vita, Rita portò sulla fronte la stigmate di una delle spine di Cristo quale segno mistico della sua partecipazione alle sofferenze di Gesù crocifisso. Il Venerdì santo del 1442, dopo che aveva ascoltato una predica sulla passione di Gesù, ritornata al monastero, si gettò ai piedi di un Crocifisso, qui pregando, domandò al Signore la grazia di provare nel suo corpo un dolore simile a quello che Gesù aveva provato per una delle spine della corona, così fu esaudita, perché nel mezzo della sua fronte sentì non solo il dolore delle spine, ma ve ne rimase una, che le durò tutto il tempo della sua vita. Rita trascorse gli ultimi anni di vita inferma, immobile sul suo povero giaciglio, priva anche della forza di nutrirsi e circondata dall’affetto delle monache e di tutto il popolo di Cascia. Un giorno d’inverno, una parente le fa visita, nell’andar via chiese se da casa desiderava qualcosa. Rita rispose che avrebbe voluto una rosa e due fichi del suo orto, la donna sorrise, credendo che delirasse per la febbre e se ne andò. Giunta a casa e entrò nell’orto dove vide una rosa e sulla pianta due fichi maturi; sorpresa per la difficoltà della stagione, visti il fiore e i frutti miracolosi li colse e li portò a Rita. Morì il 22 maggio 1457, a 76 anni, patrona dei casi disperati e impossibili.

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