Sant’Agata, vergine e martire

Sant’Agata, vergine e martire

Sant’Agata, nacque a Catania nell’anno 235 d.C., da una famiglia di origine palermitana ricca e nobile. Cresciuta nella sua fanciullezza e adolescenza in bellezza, candore e purezza verginale, sin da piccola sentì nel suo cuore il desiderio di appartenere totalmente a Cristo e quando giunse sui 15 anni, sentì che era giunto il momento di consacrarsi a Dio, fece richiesta al vescovo di Catania.
Sant’Agata, nacque a Catania nell’anno 235 d.C., da una famiglia di origine palermitana ricca e nobile. Cresciuta nella sua fanciullezza e adolescenza in bellezza, candore e purezza verginale, sin da piccola sentì nel suo cuore il desiderio di appartenere totalmente a Cristo e quando giunse sui 15 anni, sentì che era giunto il momento di consacrarsi a Dio, fece richiesta al vescovo di Catania.

di Don Riccardo Pecchia.

Sant’Agata, nacque a Catania nell’anno 235 d.C., da una famiglia di origine palermitana ricca e nobile. Cresciuta nella sua fanciullezza e adolescenza in bellezza, candore e purezza verginale, sin da piccola sentì nel suo cuore il desiderio di appartenere totalmente a Cristo e quando giunse sui 15 anni, sentì che era giunto il momento di consacrarsi a Dio, fece richiesta al vescovo di Catania. Il vescovo accolse la sua richiesta e durante una cerimonia ufficiale chiamata “velatio”, le impose il “flammeum”, cioè il velo rosso portato dalle vergini consacrate. Nel periodo fra la fine del 250 e l’inizio del 251 il proconsole Quinziano, uomo brusco, superbo e prepotente, giunto alla sede di Catania anche con l’intento di far rispettare l’editto dell’imperatore Decio, che chiedeva a tutti i cristiani di abiurare pubblicamente la loro fede, mise in atto una feroce persecuzione. La tradizione riferisce che Agata fuggì con la famiglia a Palermo, alla Guilla, ma Quinziano li scovò e li fece tornare a Catania. Quando la vide di presenza, Quinziano s’invaghì della giovinetta e, saputo della consacrazione, le ordinò, senza successo, di ripudiare la sua fede e adorare gli dèi pagani. Al rifiuto deciso di Agata, il proconsole l’affidò per un mese alla custodia rieducativa della cortigiana Afrodisia e delle sue figlie, persone molto corrotte.

È probabile che Afrodisia fosse una sacerdotessa di Venere o Cerere, e pertanto dedita alla prostituzione sacra. Il fine di tale affidamento era la corruzione morale di Agata, attraverso una continua pressione psicologica, fatta di allettamenti e minacce, per sottometterla alle voglie di Quinziano, arrivando a tentare di trascinare la giovane catanese nei ritrovi dionisiaci e relative orge, allora molto diffuse a Catania. Ma Agata, in quei giorni, a questi attacchi perversi che le venivano sferrati, contrappose l’assoluta fede in Dio; e pertanto uscì da quella lotta vittoriosa e sicuramente più forte di prima, tanto da scoraggiare le sue stesse tentatrici, le quali rinunciarono all’impegno assunto, riconsegnando Agata a Quinziano. Rivelatosi inutile il tentativo, Quinziano diede avvio a un processo e convocò Agata al palazzo pretorio. Breve fu il passaggio dal processo al carcere e alle violenze con l’intento di piegare la giovinetta. Inizialmente venne fustigata e sottoposta al violento strappo delle mammelle, mediante delle tenaglie. La tradizione indica che nella notte venne visitata da san Pietro, che la rassicurò portandole conforto e ne risanò miracolosamente le ferite. Venne infine sottoposta al supplizio dei carboni ardenti. La notte seguente all’ultima violenza, il 5 febbraio 251, Agata spirò nella sua cella; patrona di Catania e delle donne affette da patologie al seno.

Ecclesia Dei
in collaborazione con Don Riccardo Pecchia.

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