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Santo Stefano Harding

di Don Riccardo Pecchia

Santo Stefano Harding, nacque a Dorset (Inghilterra) nel 1059, in una nobile famiglia sassone dal nome Harding, ebbe una gioventù alquanto avventurosa, ancora giovane entrò nell’abbazia benedettina di Sherborne, dove fece la professione religiosa, ma durante gli sconvolgimenti che fecero seguito alla conquista normanna, abbandonò la vita religiosa e partì per la Scozia. Successivamente si recò a Parigi per completare gli studi. Dopo poco tempo lo troviamo diretto a Roma per un pellegrinaggio penitenziale a motivo dell’abbandono della vita monastica; era accompagnato da un giovane chierico ed insieme avevano l’abitudine di recitare durante il cammino, l’intero salterio. Tornando da Roma verso l’Inghilterra, sostarono nell’abbazia di Molesme (Francia), dove conobbero l’abate benedettino san Roberto di Molesme che stava tentando una riforma dello spirito cluniacense, ritenuto ormai poco aderente al vero spirito monastico benedettino. Egli aveva fondato proprio a Molesme nel 1075 questo monastero conferendogli particolare austerità: tale caratteristica attrasse molto il giovane Stefano, che qui decise di fermarsi. La notevole prosperità economica dell’abbazia comportarono però la perdita dell’originaria austerità ed indussero l’abate Roberto, con alcuni monaci tra cui Stefano, a lasciare Molesme e fondare un nuovo monastero.

Nel 1098 Roberto, Alberico e Stefano fondarono un nuovo monastero a Cîteaux. La partenza del famoso abate Roberto dal monastero di Molesme fece però scalpore in tutta la regione, portando anche disonore all’abbazia. I monaci di Molesme si rivolsero a papa Urbano II chiedendogli che ordinasse a Roberto di tornare a Molesme come abate. Fu così che l’anno seguente, nel 1099, Roberto fu costretto a lasciare Citeaux per tornare a Molesme. Per i dieci anni seguente Citeaux fu retta da Alberico. Alla sua morte, nel 1109, fu eletto abate Stefano. Fu Stefano a dotare il monastero della famosa Charta Caritatis, documento che fissa le regole comportamentali tra i monasteri e gli abati. Si dedicò alla riforma dei libri liturgici e volle fissare un testo autentico della Bibbia, impresa considerevole che egli riuscì a portare a termine, nello stesso tempo Stefano intraprese la revisione del Graduale, dell’Antifonario e dell’Innario. Inoltre fu lui ad imporre la tunica bianca ai nuovi monaci come segno di particolare devozione alla Madonna immacolata e in contrapposizione al colore scuro del saio dei monaci benedettini cluniacensi. Durante il suo governo, Stefano, accolse nel monastero nel 1112, san Bernardo, il quale si presentò con una trentina di compagni, parenti ed amici, per prendere l’abito cistercense. Stefano fu in rapporti stretti con i papi del tempo e da loro ricevette incarichi di sanare controversie sorte fra varie abbazie, ma anche benefici economici per tutto l’Ordine. Dopo 24 anni di governo, l’abate Stefano, stanco ed ammalato, si dimise dalla carica di abate nel 1133. Morì a Citeaux il 28 marzo 1134, a 75 anni.

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