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Secundum Summi Pontificis Mentem

Che cosa significa indulgenza? Come è mutato l’approccio della Chiesa verso le indulgenze? E che cosa è la preghiera secondo le intenzioni del sommo pontefice? Sono temi di vitale importanza per la salvezza delle anime, eppur trattati dai vertici cattolici contemporanei sempre più spesso con sufficienza, senza approfondimenti o sincero desiderio di istruire il fedele verso queste pratiche dal valore incommensurabile.

Sebbene negli ultimi decenni il concetto di indulgenza nelle sue differenti forme e modalità si sia notevolmente ridimensionato di importanza nel contesto della Chiesa Cattolica, al punto di essere perlopiù ignoto alle generazioni più giovani e di esser concepito quasi come anacronistico retaggio di un’epoca passata da parte dei più grandi, il tesoro ad esso annesso non ha perso, né mai perderà, di grandiosa preziosità per le anime di coloro che vi si accostano con devozione.

Occorre infatti ricordare come il sacramento della Confessione rimetta sì le colpe degli uomini per i peccati da loro commessi salvandoli dall’inferno, ma non cancella affatto le pene temporali e dunque le sofferenze espiatorie del purgatorio. Per queste ultime è necessario ottenere un’indulgenza, ovvero, secondo il codice di diritto canonico (Can. 992):

La remissione davanti a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi in termini di colpa, che il fedele, volendo e adempiendo a determinate condizioni, ottiene mediante la mediazione della Chiesa, la quale, quale amministratrice della redenzione, distribuisce e applica con autorità il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei Santi.

Can. 922

Come espresso dal canone proposto, l’ottenimento di una indulgenza, e dunque di uno sconto delle proprie pene in purgatorio, può manifestarsi solamente dietro l’assolvimento di determinate condizioni, le quali, a seconda dell’impegno e delle prescrizioni definite della Chiesa Cattolica potranno comportare una loro riduzione totale (indulgenza plenaria) oppure parziale (indulgenza parziale). 

Le indulgenze parziali sono universalmente lucrabili da chiunque si accosti devotamente ad un pio esercizio di preghiera o di carità verso il prossimo a prescindere dalla sussistenza di determinate condizioni propedeutiche al loro ottenimento: chiunque in qualsiasi momento, osservando quanto proposto dal manuale di riferimento per le indulgenze, ovvero l’Enchiridion Indulgentiarum della Chiesa Cattolica, può lucrarle immediatamente. Sino al periodo antecedente a papa Paolo VI, ogni pia pratica annotata sull’Enchiridion conteneva espressamente anche il periodo effettivo di sconto purgatoriale ottenuto (ad esempio sette anni e sette quarantene, cinque anni, cento giorni e così via). Oggi la quantificazione è stata purtroppo abolita (cfr. Paolo VI. Indulgentiarum Doctrina. 1967, Roma), o meglio, non più espressa esplicitamente sui manuali, e dunque l’entità della riduzione della pena scontata rimane concettualmente fumosa per il fedele che vi si accosta (soprattutto per quelle postconciliari, sicché le precedenti un loro valore dimensionale lo possiedono in ogni caso). Una misericordiosissima e particolare peculiarità delle indulgenze consiste inoltre nella possibilità di esser lucrata sia dai vivi per loro stessi, sia dai vivi per i defunti alle condizioni previste dall’Enchiridion; non è invece possibile lucrare un’indulgenza per altri uomini o donne viventi.

Secundum Summi Pontificis Mentem

All’interno dell’Enchiridion Indulgentiarum sono inoltre proposte le condizioni basilari per l’ottenimento delle indulgenze plenarie, con annesse pratiche e preci da assolversi conseguentemente. Va annotato come molto spesso la sussistenza positiva nel fedele delle condizioni propedeutiche mutano l’indulgenza da parziale a plenaria con l’assolvimento delle medesime azioni. Tali condizioni necessarie per l’ottenimento di un’indulgenza plenaria sono attualmente le seguenti:

  1. Confessione sacramentale. Ovvero essersi confessati il medesimo giorno della pratica indulgenziata oppure nei giorni precedenti. È indicativamente previsto che, salvo diversamente statuito, ci si possa confessare anche negli otto giorni (l’ottava) successivi all’esercizio di quanto proposto dall’Enchiridion (ad es. il passaggio attraverso una Porta Santa). Con una sola confessione sacramentale si possono inoltre acquistare più indulgenze plenarie.
  2. Comunione Eucaristica. Ovvero aver ricevuto sacramentalmente il Corpo di Cristo il medesimo giorno del compimento dell’opera prescritta oppure nei giorni precedenti. Anche in questo caso è previsto che ci si possa comunicare, se non diversamente disposto, negli otto giorni successivi all’esercizio della pratica indulgenziata. Sarebbe tuttavia opportuno e maggiormente sicuro che la Comunione fosse ricevuta nella medesima giornata cui si desidera ottenere l’indulgenza (l’Eucaristia ricevuta durante la messa vespertina vale a tutti gli effetti come se fosse ricevuta nella giornata della festa commemorata). Con una sola Comunione Eucaristica si può acquistare una sola indulgenza plenaria.
  3. Il distacco totale da qualsiasi peccato veniale e mortale.
  4. La preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice. Anch’essa può essere proferita nei giorni precedenti o antecedenti ma sarebbe più opportuna la sua recita nel medesimo giorno dell’esercizio della pratica indulgenziata. Con una sola preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice si può acquistare una sola indulgenza plenaria.
  5. Visita ad una chiesa o ad un pubblico oratorio (condizione aggiuntiva ante Concilio Vaticano II). In questo caso è necessario recitare ulteriormente anche un Pater Noster e un Credo Niceno Costantinopolitano.

Con riferimento alla preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice è particolarmente importante specificare bene di che cosa si tratti. Recentemente, infatti, si è consolidata l’opinione che la preghiera indulgenziale per il papa faccia riferimento alle sue personali intenzioni, quando in realtà non è così. Se tali fossero i termini si rischierebbe di pregare potenzialmente per possibili eresie o errori dottrinali molto gravi, la storia non è scevra da papi che nelle loro opere e predicazioni si sbagliarono enormemente (Papa Zosimo, Papa Onorio e Papa Vigilio sono esempi particolarmente interessanti), sarebbe pertanto insensata una preghiera del genere. Secondo la Tradizione della Chiesa Cattolica l’orazione “secondo la mente del pontefice” solitamente viene indicata e descritta nella bolla di indizione dell’indulgenza specifica oppure si conforma a quanto nell’Ottocento veniva definito sotto il nome di “pie preci”. Tali pie preci, ovvero tali intenzioni del sommo pontefice, affondano le loro radici in un breve di papa Pio VII concedente un’indulgenza per coloro che avrebbero fatto visita alla chiesa sotterranea della Venerabile confraternita di San Girolamo ove si trova il Santo Sepolcro. Ivi si indicavano per la prima volta alcune intenzioni particolari di preghiera, mutate poi in quanto definito pie preci e successivamente in orazione secondo le intenzioni del Sommo Pontefice:

  1. Per la Pace e per la concordia fra i principi cristiani (ovvero fra le nazioni e fra i loro nobili governanti)
  2. Per l’estirpazione delle eresie
  3. Per l’esaltazione della Santa Romana Chiesa

A tali tre iniziali intenzioni, vennero successivamente aggiunte le seguenti:

  1. Per la propagazione della Fede,
  2. Per la conversione dei peccatori,
  3. Per gli altri bisogni della Società Cristiana.

Tali sei condizioni sono dunque assimilabili tutte insieme a ciò che viene definito orazione secondo le intenzioni del Papa e non è necessaria la loro esplicita enunciazione (S.C. delle Indulgenze, 12 luglio 1847).

Secundum Summi Pontificis Mentem

La modalità di soddisfazione di tale obbligo è tuttavia mutata nel tempo, non erano infatti previste inizialmente quantità e tipologia di preghiere da recitarsi, benché i teologi ottocenteschi ritenessero che cinque Pater e cinque Ave fossero più che sufficienti. Col tempo, ed in particolare durante il primo Novecento, tale adempimento andò perfezionandosi ed uniformandosi, con la precisa esplicitazione nell’Enchiridion Indulgentiarum del 1952 del loro assolvimento per mezzo della recita (a voce, non mentale – can. 934) di un Pater, un Ave e un Gloria, più una facoltativa prece ulteriore da parte del fedele. La versione più recente e post conciliare del manuale prevede uno “sconto” a tale misura, limitandosi a proferire come sia sufficiente un Pater ed un Ave a cui si può aggiungere una ulteriore preghiera a piacimento del devoto, tuttavia l’aggiunta del Gloria è da considerarsi in ogni caso particolarmente indicata. 

Paolo VI, su mandato riformatore del Concilio Vaticano II (benché si potrebbe altresì dire “per mandato riformatore protestante” a giudicare dagli esiti ottenuti) nel 1967 ha rivoluzionato interamente la disciplina inerente alle indulgenze che la Chiesa, nel corso della sua millenaria storia, aveva concesso alle più svariate ed ampie forme di orazione e di pie pratiche. Con la costituzione, apostolica già precedentemente citata, Indulgentiarum Doctrina, egli non solo cancellò le determinazioni temporali di ciascuna pratica, ma abolì inoltre qualsiasi indulgenza non fosse indicata nel novello manuale che si stava redigendo in quei mesi. La norma 13 dell’atto papale prevede infatti così: 

Il manuale delle indulgenze sarà riveduto in modo che solamente le più importanti preghiere e opere di pietà, di carità e di penitenza siano indulgenziate.

Dunque, tutto quanto non previsto dall’Enchiridion Indulgentiarum redatto in seguito ai dettami di Montini, ovvero la versione del 1968 (oggi aggiornata alla versione 2008), secondo l’attuale assetto postconciliare non ha più alcun valore indulgenziale. Stando ad un discrezionale e soggettivo concetto di ridotta “importanza” di talune preghiere e opere (rispetto a cosa o secondo quale parametro non è dato saperlo), si è gettato così alle ortiche un’immensità di tesori di riduzione delle pene purgatoriali per le anime che con devozione si accostano tutt’oggi o si sono sempre accostate a tali specifiche pratiche (magari perché anziani e convinti del valore universale delle indulgenze apprese da giovani o magari perché semplicemente facenti riferimento a preziose versioni antiche di preghiere), con grave danno per l’intera cristianità. Tuttavia se da un lato è sicuramente possibile mantenere il beneficio del dubbio circa l’effettiva “ratifica” da parte del Signore delle abrogazioni montiniane di tutte quelle indulgenze concesse dai suoi santi predecessori, è altresì interessante evidenziare una positiva lacuna dell’attuale riforma. Ciò che resta infatti in vigore è l’aspetto originario delle Intenzioni del Sommo Pontefice. Poiché l’attuale versione del manuale non fa menzione esplicita del significato di tale importante concetto, esso mantiene tuttora intatto il suo significato storico e tradizionale, nonostante gli imbarazzanti e confusionari disastri della riforma. Il fedele che dunque, con volontà di lucrare un’indulgenza, si accinga ad adempiere alle prescrizioni previste recitando le orazioni “secundum Summi Pontificis mentem” saprà ora che pace, fine delle eresie, esaltazione della Chiesa, conversione dei peccatori, propagazione della Fede cattolica e necessità della Società Cristiana rimangono i veri fondamenti di questa tipologia di preghiera. 

Con viva speranza che le pratiche indulgenziali rinverdiscano rigogliosamente portando infiniti frutti per gli oranti, per i cari defunti e per la cristianità intera, con grazie speciali per i tanto bisognosi vertici della Santa Romana Chiesa, l’augurio è dunque quello che tutti possano accostarsi alle orazioni per il papa con consapevolezza di significato e desiderio del vero bene comune per la famiglia dei redenti in Cristo.

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