Parlare di ecclesiologia tomista significa forse tentare un azzardo, poiché l’ecclesiologia, così come è oggi intesa, in epoca scolastica non era contemplata nel piano della riflessione teologica. Infatti, non esiste alcun trattato di ecclesiologia scritto da San Tommaso, né si trova una sezione ecclesiologica all’interno della Summa Theologica o di altre sue opere. Allo stesso tempo, però, si può affermare che «i principi di una teologia della Chiesa sono già presenti in San Tommaso» (Mondin, 113). D’altronde già i Santi Padri dedicarono ampio spazio alla riflessione sulla natura, sul fine e sulla struttura della Chiesa. In particolare, è da evidenziare l’opera dei Padri latini come Sant’Ireneo, San Cipriano e Sant’Agostino, che costituirono la fonte primaria della teologia di San Tommaso.
Il Dottore Angelico fondò la sua ecclesiologia principalmente sull’immagine del Corpo mistico di Cristo. Essa è l’immagine più ricorrente anche nel Nuovo Testamento e in particolare nell’Epistolario paolino. Nella sua Expositio in Symbolum Apostolorum San Tommaso affermava: «Analogamente a quanto vediamo nell’uomo, che ha un’anima sola e un solo corpo e tuttavia numerose membra, così la Chiesa Cattolica è un solo corpo ma con diverse membra». In queste parole sembra riecheggiare l’insegnamento dell’Apostolo: «Come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri» (Rm 12, 4-5). Da questo punto centrale si sviluppa tutta la riflessione tomista, che ha come apice la quaestio VIII della Pars tertia della Summa Theologica.

La quaestio si inserisce nel trattato sulla cristologia e si sofferma sul rapporto tra Cristo-Capo e la Chiesa-Corpo: De gratia Christi secundum quod est caput Ecclesiae. È divisa in otto articoli, che sviluppano il tema, partendo dalla domanda «Se Cristo sia il Capo della Chiesa». San Tommaso, riprendendo la teologia paolina, afferma che «come tutta la Chiesa è detta corpo mistico in analogia con il corpo naturale dell’uomo, il quale ha atti diversi in virtù delle diverse membra, […] così Cristo è detto capo della Chiesa per analogia col capo dell’uomo» (STh III, q. 8, a.1). Sviluppando l’analogia, il Dottore Angelico afferma che il capo è inteso normalmente in riferimento a tre cose: all’ordine, in quanto prima parte dell’uomo posta più in alto delle altre, alla perfezione, perché nel capo si hanno tutti i sensi (vista, udito, olfatto, gusto e tatto) e nelle altre membra solo il tatto, e alla virtù, poiché la virtù e il movimento di tutte le altre membra sono governate dal capo. Tutto ciò si può applicare anche al rapporto tra Cristo e la Chiesa. Cristo è il Capo in quanto all’ordine, poiché la sua Grazia «è la prima e la più alta, benché non secondo il tempo, perché tutti gli altri ricevettero la grazia per riguardo alla grazia di lui». Cristo è il Capo anche in quanto alla perfezione, poiché «possiede la perfezione in quanto alla pienezza di tutte le grazie». Infine, Cristo è il Capo in quanto alla virtù, poiché «ha il potere di infondere la grazia in tutte le membra della Chiesa» (Ivi, a.1).
Per quanto riguarda il rapporto tra Cristo e le membra, San Tommaso sottolinea anzitutto come Cristo sia Capo non solo delle anime dei fedeli, ma anche dei loro corpi, poiché «il corpo umano ha un ordine naturale verso l’anima razionale, la quale è la sua propria forma e il suo motore». Da ciò si evince come «tutta l’umanità di Cristo, cioè secondo l’anima e il corpo, influisce sugli uomini sia quanto all’anima sia quanto al corpo, ma principalmente quanto all’anima, secondariamente quanto al corpo» (STh III, q.8, a.2). Il Dottore Angelico si chiede, poi, se Cristo sia Capo di tutti gli uomini. La risposta è affermativa, ma con riserva: «Cristo è capo di tutti gli uomini, ma secondo gradi diversi. Infatti, per primo e principalmente è capo di quelli che gli si uniscono in atto per mezzo della gloria. Per secondo, lo è di quelli che gli si uniscono mediante la carità. Per terzo, lo è di quelli che gli si uniscono in atto mediante la fede. Invece per quarto, lo è di quelli che gli si uniscono in potenza non ancora passata all’atto».
Continuando la sua riflessione teologica, San Tommaso passa a valutare come il capo influisce sulle membra. Nel corpo umano il capo influisce in due modi sulle membra: «In un modo, con un influsso intrinseco, in quanto la potenza motrice e sensitiva deriva dal capo fino alle altre membra. In un altro modo, secondo un certo governo esteriore, in quanto, cioè, tramite la vista e gli altri sensi, che si radicano nel capo, l’uomo è guidato negli atti esteriori» (STh III, q.8, a.6). Lo stesso ragionamento si può applicare alla Chiesa, ma con una specificazione. La prima forma di influsso, quella intrinseca, infatti, corrisponde all’influsso interiore della Grazia. Esso «non proviene da altri se non da Cristo, la cui umanità, poiché è unita alla divinità, ha il potere di giustificare» (Ivi). Invece, la seconda forma di influsso, quella estrinseca, si attribuisce principalmente a Cristo, ma si può attribuire anche ad altri, cui si può dare parimenti, sebbene non ugualmente, il titolo di capi della Chiesa. La differenza sta nel fatto che «Cristo è capo di tutti quelli che appartengono alla Chiesa secondo ogni luogo, ogni tempo e ogni condizione; invece, gli altri uomini sono detti capi in ragione di alcuni luoghi particolari […] oppure in ragione di un determinato tempo […] e anche in ragione di una determinata condizione» (Ivi). In questo modo i Vescovi si possono definire capi delle loro Chiese, ma lo sono limitatamente al luogo, e il Papa si può definire capo della Chiesa, ma lo è limitatamente al tempo del suo pontificato. Inoltre, la condizione di viatori, cioè di uomini in cammino verso la Patria eterna, limita ulteriormente la condizione di capi di questi uomini. Cristo, a differenza di questi, è Capo della Chiesa sempre e ovunque, senza alcuna limitazione. Inoltre, Cristo è Capo della Chiesa «per sua virtù e per sua autorità», mentre i Vescovi e il Papa lo sono «in quanto fanno le veci di Cristo» (Ivi).
Bibliografia
- Tommaso d’Aquino, Summa Theologica, edizione italiana Città Nuova, Roma 2019.
- Tommaso d’Aquino, Expositio in Symbolum Apostolorum, edizione italiana Scritti Spirituali, ESD, Bologna 1999.Mondin Battista, Dizionario enciclopedico del pensiero di San Tommaso d’Aquino, ESD, Bologna 2000, 112-117.