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“The young Pope” e “The new Pope”: una critica cattolica

Una analisi delle serie di Paolo Sorrentino, di Luca Farina

Occorre subito fare una precisazione. Per critica non si intende una polemica, ma una disamina ragionata e razionale dell’argomento che verrà trattato.

L’oggetto in questione consta essenzialmente nelle due serie prodotte dal regista Paolo Sorrentino, The Young Pope e The New Pope, che vedono l’attore britannico Jude Law vestire i panni, anzi, la bianca talare dell’immaginario Papa Pio XIII.

La domanda che mi sono posto è stata questa: come si deve rapportare un cattolico nei confronti di questi prodotti?

Dobbiamo affermare che egli rimarrà deluso se aspetta di trovarsi davanti ad un capolavoro di apologetica o di uno splendido esempio di santità. Non è certo la vita di San Pio X, narrata in “Gli uomini non guardano il cielo“, neanche per converso una serie sdolcinata e agiografica come “Paolo VI-Il Papa nella tempesta“. Si potrebbe obiettare che è ovvio, giacché Pio XIII è un personaggio fittizio, contro gli altri due storicamente esistiti, ma non è questa la reale motivazione.

Il cattolico rimarrà altresì deluso se si aspetta una serie demonizzante come “I Borgia“, in cui, oltre ad innumerevoli errori storici, si tratteggia la figura del Pontefice Romano, dei cardinali e, perché no, di tutti gli ecclesiastici come gente assetata di sangue e di potere, oltre alla immancabile componente della sessualità.

Sulla scorta di queste osservazioni, non si può dire che l’opera di Sorrentino sia una via di mezzo. Non è nemmeno questo, ma un lavoro di tutt’altro tipo. Occorre, pertanto, cercare di capire cosa vuole dirci il regista. Ecco quali sono state le mie sensazioni:

  • Non basta portare una talare per essere santi. Di fronte a tanti che affermano la santità del sacerdote ex sese le due serie ci ricordano che non è così: il prete, il vescovo, persino il papa, devono anzitutto santificare la propria anima e poi quella altrui. Il dovere di santificazione per un pastore è fondamentale. Il grande sacerdote San Giovanni Bosco lo conferma: “un prete o in paradiso o in inferno non va mai solo: vanno sempre con lui un gran numero di anime, o salvate col suo santo ministero o col suo buon esempio, o perdute con la sua negligenza nell’adempimento dei propri doveri e col suo cattivo esempio”.
  • Il peccato esiste ma si può evitare. Non illudiamoci, poiché tutti sono soggetti alle tentazioni. Ne sono esempio i racconti di Sant’Antonio Abate e di San Pio da Pietrelcina. Ma è proprio di fronte ad esse che entra in gioco la nostra scelta, come direbbe il divino poeta Dante Alighieri: “qui si parrà la tua nobilitate”. In una scena della serie di Sorrentino, un cardinale rifiuta di far entrare nella propria stanza un suo confratello porporato dicendogli che altrimenti si sarebbero sentiti più soli. E’ proprio vero, noi cattolici possiamo capirlo: il peccato non rende affatto liberi, ma soli e prigionieri.
  • Il mistero come chiave di accesso. Pio XIII impone il ritorno alla Messa tridentina poiché, secondo lui, senza mistero non vi è attrazione e senza di essa non vi può essere amore. Questo è molto importante e la Storia stessa lo ha confermato a più riprese. Rendere la liturgia più semplice, più accessibile, meno “misteriosa” (anche a livello pratico con meno paramenti, veli, con l’eliminazione delle balaustre etc) ha favorito invece una profonda diminuzione della riverenza e di una reale comprensione di cosa il sacerdote stia celebrando, cioè il sacrificio di Cristo, non un semplice memoriale della passione, una semplice cena tra amici o una preghiera comunitaria delle assemblea.

Questi tre punti sono quelli che mi hanno colpito maggiormente. Certo, non mancano le perplessità: alcune scene di rapporti sessuali sono francamente fastidiose e sarebbe stato meglio evitarle, così come, a tratti, si colgono imprecisioni a livello teologico ed errori a livello liturgico.

In conclusione, credo che questa serie possa essere utile: ognuno può trarne spunti interessanti. E’ solo una serie, è vero, in cui un attore non cattolico riveste il ruolo del Papa, ma mi sorge spontanea una domanda: chi ci dice che Dio non possa venirci incontro e farci riflettere anche in questo modo, attraverso questi prodotti cinematografici?

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