Abbagliati da un singolare splendore

Percorrendo la strada provinciale via Aurelia, tra Albenga e Ceriale si incontra il santuario diocesano Nostra Signora di Pontelungo.

Percorrendo la strada provinciale via Aurelia, tra Albenga e Ceriale si incontra il santuario diocesano Nostra Signora di Pontelungo. Il santuario deve il suo nome al ponte monumentale del XII-XIII secolo alla foce dell’Arroscia, dove, già prima dell’anno mille, sorgeva un Ospizio (primo ospedale della città di Albenga) dedicato all’assistenza dei pellegrini e dei malati con accanto una cappella officiata dai monaci benedettini del Monastero dell’isola della Gallinaria. Proprio la vicinanza con l’attraversamento romano fece sì che tale cappella assunse l’antica denominazione de Ecclesia Sanctae Mariae Pontis Arosciae, chiesa di Santa Maria in capo al ponte sull’Arroscia.

Facciata esterna del Santuario

Circa due secoli dopo, la cappella assunse la denominazione di Chiesa di Pontelungo mentre, grazie alle numerose donazioni-lasciti di famiglie nobili e all’opera dei monaci, l’ospizio fu ingrandito e trasformato in un’ospedale tanto da diventare un vero e proprio centro di accoglienza. Nell’anno del giubileo di papa Bonifacio VIII, nel 1300, il santuario fu meta di numerosissimi pellegrini di passaggio per andare o ritornare da Roma.

Ai monaci Benedettini, che curarono il Santuario per quasi 4 secoli, subentrarono i Canonici dell’Arcidiaconato della Cattedrale rimanendovi fin verso la fine del 1800, quando furono nominati custodi del Santuario i Francescani, che rimasero a Pontelungo per oltre un secolo fino all’arrivo nel 2006 dei frati Francescani dell’Immacolata.

Il santuario è caratterizzato da una forte devozione popolare a Maria tanto da festeggiare la Presentazione al Tempio e la Visitazione di Maria Santissima. Così grande devozione, tanto da essere patrona della diocesi, è legata ad una famosa leggenda che coinvolse il popolo albenganese.

La leggenda, di origine saracena, deriva da un vero e documentato fatto storico avvenuto il 2 luglio del 1637. In tale ricorrenza, mentre gli abitanti di Albenga erano impegnati nelle celebrazioni religiose, la vicina Ceriale (comune limitrofo) venne assaltata dai pirati Saraceni culminante con l’uccisione di trenta persone e il rapimento di quasi trecento persone. Dopo aver devastato la cittadina, i pirati si misero in marcia verso Albenga con l’intenzione di ripetere il massacro. Tuttavia la leggenda narra che furono abbagliati da uno strano splendore proveniente dal santuario e fecero ritorno alle loro navi spaventati.

Tutta la popolazione, colpita dall’accaduto, attribuì l’intervento miracoloso alla Madonna di Pontelungo e successivamente iniziarono i lavori di costruzione di una nuova chiesa: l’attuale santuario. La nuova chiesa fu inaugurata il 21 dicembre del 1722 quando “l’Effige di Maria Vergine, e dei due Santi contitolari, in mezzo ai quali stava collocata […] prima di essere introdotta nel nuovo tempio, fosse processionalmente, e con tutta la pompa e magnificenza trasportata in Città per ivi essere coronata e riconosciuta per singolare Protettrice e Principale Padrona […]”. Da quel giorno l’incoronazione viene rinnovata ogni venticinque anni, ultimo dei quali nell’anno giubilare del 2000. Papa Pio XII nel 1949 dichiarò la Beata Vergine di Pontelungo “Principale patrona della città e della Diocesi di Albenga” e nel 1954 la chiesa fu elevata a Santuario Diocesano da Mons. Raffaele de Giuli.

Incoronazione del simulacro per mano di Mons. Mario Oliveri (vescovo emerito) avvenuta nel 2000

E’ bene ricordare un’importante opera artistica presente nel santuario: il trittico raffigurante la Vergine Maria. Il trittico è un “paliotto d’altare” costituito da tre scomparti, realizzato in tempera su tavola. Nel pannello centrale del Trittico, la Vergine Patrona della città siede sul trono posto sul “Pontelungo” tenendo il Bambino Gesù sul ginocchio sinistro, mentre due angeli, in atteggiamento di preghiera, fanno corona alle spalle. Negli scomparti laterali sono raffigurati, a destra dell’osservatore, San Giovanni Battista e, a sinistra, il papa e martire San Sisto II, entrambi antichi protettori della Liguria. Il Trittico è un inno di riconoscenza e di adorazione verso la Santissima Trinità che, per mezzo della Santa Vergine Maria, ha realizzato il mistero di amore per la redenzione degli uomini e per la loro adozione a figli di Dio; è un messaggio di misericordia e di accoglienza, poiché offre al visitatore un sicuro e confidente rifugio tra le braccia della più tenera delle madri, la Santissima Vergine Maria che, insieme al Figlio Gesù, sembra invitare tutti a chiedere doni e grazie. Maria è preludio dell’avvento di Cristo, è speranza di salvezza per il mondo intero, è Colei che dissipa l’oscura notte dei tempi. E’ questo il messaggio che l’artista sembra suggerirci, pennellando sullo sfondo quel tenue chiarore boreale, alle spalle delle figure, che infonde speranza in un mondo avvolto dalle tenebre.

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