Amiamo la Chiesa, ma la verità è che la Chiesa non ci ama

Nono suicidio sacerdotale in Brasile nel 2021: gli esperti indicano l'eccesso di lavoro e la mancanza di svaghi come possibili fattori che portano i religiosi al suicidio. Noi vi proponiamo il testo toccante di un prete che è diventato virale nelle reti cattoliche.

In Brasile si stanno verificando una serie di eventi che hanno destato la preoccupazione di molti cattolici, infatti, si registrano nell’ultimo anno nove morti suicide tra il clero. E’ indubbio che “la vita religiosa non dà superpoteri ai sacerdoti, al contrario. Sono fallibili quanto ciascuno di noi. In molti casi, la fede può non essere abbastanza forte da far superare momenti difficili” (Ênio Pinto, Os Padres em Psicoterapia). Al contempo sappiamo che dai sacerdoti si esige molto, soprattutto ci si aspetta che il sacerdote sia quantomeno un modello di virtù e santità. Qualunque errore, per quanto minimo, diventa bersaglio di critiche e giudizi. Per paura, senso di colpa o vergogna, molti preferiscono uccidersi a chiedere aiuto, ed è proprio ciò che sta accadendo in Brasile.

Al riguardo vi proponiamo un commento che sta girando sui canali mediatici di un sacerdote, Padre Simeão do Espírito Santo:

“Non so cos’altro scrivere, non so come esprimere il dolore che provo quando ricevo la notizia del suicidio di un altro sacerdote. Pregare e scrivere mi aiutano, ma non è ancora sufficiente…Siamo agli inizi di novembre, e il suicidio di padre José Alves è il nono quest’anno [solo in Brasile]. Ogni sacerdote che si è tolto la vita quest’anno aveva un volto una storia, una sofferenza, un dolore, una vocazione, un sogno. Cosa mancava loro? Cosa non è stato fatto per questi fratelli? Dove abbiamo sbagliato? Fin dove arriva la responsabilità personale? C’è una responsabilità ecclesiale? Perché i sacerdoti continuano a uccidersi? Quanti altri dovranno morire perché la Chiesa cattolica in Brasile si svegli? Perché restiamo inerti, indifferenti e omissivi? I suicidi sacerdotali in serie in Brasile rivelano in parte la malattia, l’inefficienza e l’ipocrisia della struttura clericale.

La diocesi di Bom Jesus do Gurgueia aveva ricevuto un’accusa contro padre José. La denuncia riguardava abusi sessuali su un minore. Nulla è stato confermato. Il sacerdote è stato sospeso dagli ordini ad cautelam il 6, attraverso un decreto. Sappiamo che dopo centinaia di casi di pedofilia nel mondo, da Papa Benedetto XVI e ora con Papa Francesco, la cultura del silenzio viene spezzata e gli orientamenti sono molto chiari. Il vescovo della diocesi può aver applicato la legge, e solo con la denuncia di accusa (anche se non era ancora stata provata) il sacerdote era stato sospeso.

Fratelli sacerdoti, qualsiasi presbitero può trovarsi in una situazione simile. Qualsiasi denuncia, anche senza prova, che arrivi al vescovo diocesano può comportare la stessa sospensione ricevuta da padre José. Penso a fratelli che ho conosciuto e che sono stati sospesi senza poter fare assolutamente niente. Fratelli che erano e sono sempre stati innocenti. Abbiamo un caso di suicidio qui in Brasile, nel 2013, di un religioso che essendo stato accusato ingiustamente non è riuscito a sopportare il peso di quella sofferenza e si è impiccato nella sua stanza con il cingolo. Quanti di noi sono stati accusati alla leggera!?

Padre José è stato trovato morto, nella sua casa parrocchiale, questa domenica. Mi chiedo: la diocesi o la pastorale presbiterale si stava prendendo cura di lui dopo la sospensione? Se non poteva più celebrare, perché è rimasto da solo in casa? C’è qualche accompagnamento giuridico, psicologico, spirituale, episcopale o presbiterale per i sacerdoti sospesi ‘ad cautelam’?

Prima della sua morte, padre José ha scritto sulle sue reti sociali ‘Amo la Chiesa’. Ah, fratello sacerdote, comprendo la sua affermazione. Lo sentiamo continuamente in seminario, vero? Amiamo la Chiesa, sacerdote, ma la grande verità è che la Chiesa non ci ama. L’unico ad amarci è Cristo, Capo e Sposo della Chiesa.

Nella vita di ogni sacerdote deve arrivare un momento in cui resterà solo. Avremo solo Gesù! E anche se Lui ci basta, quando verremo abbandonati, dimenticati e alcuni di noi calunniati e accusati da vescovi, sacerdoti e laici, dovremmo pensare a noi stessi.

Il suicidio non vale come martirio, fratelli sacerdoti! So, perché lo sento, che molti sacerdoti pensano di togliersi la vita. In un Paese latinoamericano qui vicino, i sacerdoti si stanno togliendo la vita in massa, ma non è questa la risposta. Non è questa la via! Faccio una confessione pubblica: in un momento di sofferenza estrema, tre o quattro anni fa, quando ho chiesto un periodo di allontanamento dall’esercizio del ministero e ho pensato anch’io alla morte, sono giunto a questa conclusione: ‘È meglio un sacerdote vivo che un padre morto’. Saremo sempre sacerdoti, in esercizio o meno. Padre è un’altra storia.

Per favore, fratelli, pensate a voi stessi! Smettete di pensare in primo luogo alla Chiesa! Nella struttura della Chiesa romana in Brasile non esiste tempo né priorità per la cura sacerdotale.

Siamo imprenditori e impiegati in tonaca. Amare la Chiesa non è sufficiente. Solo questo non basta per rimanere vivi di fronte alle innumerevoli sfide sacerdotali che ci impone questo tempo. Il massimo che la Chiesa riesce a fare è pregare per noi. Difficilmente accoglie, raramente ascolta, non sa curare, non ha un momento per amare. Non ci cerca come figli; la Chiesa difficilmente vi aiuterà. Comunica con noi attraverso decreti, documenti, disposizioni e scomuniche. I vescovi ormai ci cambiano parrocchia via Whatsapp o telefono. I sacerdoti sono diventati funzionari delle mitre diocesane. Sono noti per i numeri per il numero del codice fiscale delle parrocchie che amministrano. Per voi basteranno i biglietti delle mitre, le buste delle campagne della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile e il numero di conto del vescovo per gli oboli. Cosa valgono la vita e la storia di un sacerdote? Quello che è scritto nel Codice di Diritto Canonico! Più del Vangelo. È punitivo. L’ultimo canone non è mai applicato nella vita del sacerdote!

Fratello sacerdote che non ti sei ancora suicidato, continua ad amare la Chiesa, ma per favore ama per primo te stesso. Se ti succede qualcosa, in modo giusto o ingiusto, hai un’elevata possibilità di essere messo da parte attraverso un decreto freddo e impersonale. Ama Gesù! Parla con Lui! Non aspettare che il vescovo ti chieda come stai. Non crearti aspettative sulla fraternità sacerdotale. Esiste, ma nella maggior parte del clero resta sulla carta. Amati! Ama in primo luogo te stesso. Amati prima di amare i superiori e i confratelli sacerdoti. Ricordati che ci sarà un momento in cui ci sarete solo tu e Lui. Tutti ti abbandoneranno. Le accuse e quello che possono scrivere di te sulle reti varranno forse più di tutto quello che Dio ti ha dato la grazia di realizzare fedelmente in tutti i tuoi anni di ministero. I consigli presbiterali non ti conosceranno nemmeno. Per la gran parte di loro sei già morto.

Ah, fratello sacerdote, non ti uccidere. Non essere il decimo della lista del 2021! Sai che nessuno degli ordinari locali degli altri nove ha detto nulla? Se ti uccidi, il giorno dopo qualcuno verrà mandato al tuo posto. Sarai ricordato solo nelle Messe che qualcuno segnerà a tuo nome. Dopo qualche giorno, Instagram e Facebook non parleranno più di te. È stato così con padre Ruben, Adriano Henrique, Milton, Marco Antônio, Mauro Jorge… e tutti quest’anno. E tutti hanno celebrato, usato la casula, assolto i peccati, battezzato e assistito a matrimoni.

Padre, non essere il decimo. Chiedi delle ferie, un anno sabbatico. Vai a casa dei tuoi genitori. Lascia la parrocchia. Non morirai di fame. Ne sono testimone. Chiedi un trasferimento di parrocchia o di diocesi. Cerca la vita religiosa o incardinati in una diocesi. Cambia rito, tradizione. Cambia Paese. Vai in missione, ma non ucciderti. La tua morte non servirà a niente. Per alcuni vescovi sarà solo un ‘problema’. La maggior parte dei sacerdoti non si ricorderà nemmeno di te quando il tuo nome verrà tolto dall’annuario o dal sito della diocesi.

Padre, per favore, non ucciderti per amore della Chiesa. Quella Chiesa non merita la nostra morte. Ha bisogno della nostra vita, anche se nascosta e insignificante per l’alto clero. Non dire ‘Sì’ agli uomini, dì ‘Sì’ a Dio! Cambia Stato o perfino stato di vita, ma per favore non ucciderti.

Papa Francesco non saprà mai la verità. La nunziatura non ti aiuterà. Se un giorno la Conferenza Episcopale farà qualcosa pensando ai potenziali sacerdoti suicidi, sarai solo un numero del passato. Amati, padre!

Padre, cerca aiuto. Se il tuo vescovo non vuole aiutarti, chiama un sacerdote. Vai da un confessore, cerca un direttore. Vai dal medico. Per favore, inizia una terapia. Abbiamo molti sacerdoti e consacrati psicologi. Prega, padre, ma amati. Nutriti, divertiti, dormi, frena. Non aspettarti aiuto da fuori. Inizia con te stesso. Cambia dentro. Ama la tua umanità e il ministero sacerdotale. Grida, fratello. Fermati. Lascia il cellulare e vai a pregare. Leggi, padre. Confessa, padre. Vai all’ospedale e gioca con i bambini, fai visita alle coppie, ascolta gli anziani, resta davanti al tabernacolo. Non ucciderti. Non comprare medicine né corde. Non porre fine alla tua vita prima del tempo.

Il Buon Pastore ti vuole vivo. E ricordati della preghiera: ‘Nell’ora della morte, chiamami e fammi venire alla Tua Presenza’. Non andartene prima del tempo, non anticipare neanche di un giorno. Abbiamo bisogno di te. Lui ti ama! Ti ha amato e ti amerà sempre. E se un giorno avrò un posto qui per accoglierti, vieni da me. Prometto di prendermi cura di te insieme a fratelli che ti accoglieranno e ti vorranno bene. Non ucciderti, padre, non essere il decimo, per favore!

Vergine Santissima, metti una mano su quella lista e cancellala, per favore. Maria, Madre dei Sacerdoti, straccia la lista dei sacerdoti suicidi in Brasile. Adesso e nell’ora della nostra morte. Amen!”

Padre Simeão do Espírito Santo

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