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Sant’Antonino e la cortigiana

Per questo motivo, si disse, io vado a confessare tutto. Vado a fare una confessione generale prima di morire. Ma per l’amor proprio, dominando sempre il pentimento, egli ingarbugliò cosi bene la confessione dei suoi peccati, che il confessore non poté comprendere nulla.

Mons. de segur

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Per questo motivo, si disse, io vado a confessare tutto. Vado a fare una confessione generale prima di morire. Ma per l’amor proprio, dominando sempre il pentimento, egli ingarbugliò cosi bene la confessione dei suoi peccati, che il confessore non poté comprendere nulla.

Se veramente esiste un Inferno
Il giovane religioso San Antonino
La cortigiana di Napoli

1) Il sapiente Arcivescovo di Firenze, san Antonino, riporta nei suoi scritti un fatto non meno terribile che, verso la metà del quindicesimo secolo, aveva spaventato tutto il nord dell’Italia. Un giovane di buona famiglia che a sedici o diciassette anni ebbe la disgrazia di nascondere un peccato mortale in confessione e di comunicarsi in questo stato, aveva rimandato di settimana in settimana, di mese in mese, la confessione così penosa dei suoi sacrilegi, continuando, del resto le sue confessioni e le sue comunioni, per un miserabile rispetto umano. Tormentato dal rimorso, cercava di stordirsi facendo grandi penitenze, e tanto bene che passava per un santo. Non resistendo, entrò in un monastero. « Là, almeno, si diceva, io dirò tutto, ed espierò seriamente i miei spaventosi peccati ». – Fu accolto così, per sua sventura, come un piccolo santo dai superiori che lo conoscevano per la reputazione, ma la sua onta riprese ancora il sopravvento. Egli rimandò la sua confessione a più tardi, raddoppiò le sue penitenze, e così in questo deplorevole stato passarono un anno, due anni, tre anni, ed egli non osava mai rivelare il peso terribile e vergognoso che lo opprimeva. Infine una malattia mortale sembrò facilitarne la soluzione. Per questo motivo, si disse, io vado a confessare tutto. Vado a fare una confessione generale prima di morire. Ma per l’amor proprio, dominando sempre il pentimento, egli ingarbugliò cosi bene la confessione dei suoi peccati, che il confessore non poté comprendere nulla. Egli aveva un vago desiderio di ritornarvi sopra l’indomani; ma sopravvenne un accesso febbrile, e l’infelice così morì. Nella comunità, ove si ignorava la mostruosa realtà, si diceva: « Se non va in cielo costui, che di noi potrà mai entrarvi? ». e si facevano toccare alle sue mani delle croci, dei rosari, delle medaglie. Il corpo fu trasportato con una sorta di venerazione nella chiesa del monastero, e vi restò esposto nel coro fino all’indomani mattino quando si celebrarono i funerali. Qualche istante prima dell’ora fissata per la cerimonia, uno dei frati, inviato a suonare le campane, scorse tutto ad un colpo davanti a lui, vicino all’altare, il defunto circondato da catene che sembravano rosse di fuoco, ed una certa incandescenza appariva in tutta la sua persona. Spaventato, il povero frate era caduto in ginocchio, con gli occhi fissi sulla orribile apparizione. Allora il dannato gli disse: « Non pregate per me. Io sono nell’inferno per l’eternità », e raccontò la storia lamentevole della sua cattiva onta e dei suoi sacrilegi, dopo di ché sparì lasciando nella chiesa un odore ripugnante che si sparse in tutto il monastero, come per attestare la veridicità di tutto quanto il frate vedeva e intendeva. Subito avvertiti, i superiori fecero portar via il cadavere, giudicandolo indegno della sepoltura ecclesiastica.

2) San Francesco Girolamo, celebre missionario della Compagnia di Gesù all’inizio del diciottesimo secolo, era stato incaricato di dirigere le missioni nel reame di Napoli. Un giorno, mentre predica in una piazza di Napoli, alcune donne di vita cattiva, tra cui una di essa, chiamata Caterina, lì riunite, si sforzano nel disturbare il sermone con i loro canti e le loro sguaiate esclamazioni, per indurre il padre a ritirarsi; ma egli nondimeno continua il suo discorso, senza che sembri accorgersi delle loro insolenze. Qualche tempo dopo, egli torna a predicare nella stessa piazza. Vedendo la porta di Caterina chiusa e tutta la casa, ordinariamente così chiassosa, in un profondo silenzio: « “Ebbene! – dice il santo – cosa è successo a Caterina?” – “Ma come Padre, non lo sa? Ieri sera la disgraziata è morta, senza poter pronunziare una parola”. “Caterina morta? – riprende il Santo – e morta all’improvviso? Entriamo e vediamo” ». Si apre la porta, il Santo sale le scale ed entra, seguito dalla folla, nella stanza ove il cadavere giace a terra, su di un drappo, con quattro ceri, secondo l’uso del paese. Egli la guarda per un po’ di tempo con occhi spaventati; poi con voce solenne le dice: «Caterina, adesso dove vi trovate»? Il cadavere resta muto. Il Santo riprende: «Caterina, ditemi, dove siete adesso? Io vi ordino di dirmi: adesso dove vi trovate »? Allora con grande meraviglia di tutti, gli occhi del cadavere si aprono, le sue labbra si agitano convulsivamente, ed una voce cavernosa e profonda ecco risponde. « Nell’inferno! Io sono nell’inferno! ». A queste parole la folla degli astanti scappa spaventata ed il Santo ridiscende con essi ripetendo: « Nell’inferno! O DIO, è terribile! Nell’inferno! O DIO, è terribile! Avete sentito? Nell’inferno! ». L’impressione di questo prodigio fu così vivo, che un buon numero di coloro che ne furono testimoni, non osarono rientrare a casa loro senza essersi prima confessati.

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