San Felice in Pincis

San Felice in Pincis di Don Riccardo Pecchia. Ecclesia Dei.

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di Don Riccardo Pecchia.

San Felice in Pincis, le poche notizie circa la sua esistenza ci vengono fornite da san Paolino di Nola nei suoi Carmi natalizi. San Paolino di Nola quando arrivò a Nola e a Cimitile, gli dedicò ben 14 dei suoi Carmi, detti “natalizi”, perché scritti, dal 395 al 409, nella ricorrenza del “dies natalis” della festa del santo, raccogliendo per iscritto la tradizione orale appresa nel territorio nolano. Secondo Paolino, Felice nacque a Nola nella seconda metà del III secolo, figlio di un ricco siro trasferitosi in Italia per lavoro; aveva un fratello, di nome Ermia. I due fratelli, pur essendo nati dallo stesso sangue mostrarono indole e tendenze diverse: Ermia si sentì attratto dal mestiere delle armi, Felice sentì nel cuore la voce del Signore che lo chiamava ad una vita diversa. Le caratteristiche dell’apostolato di Felice si possono così sintetizzare: zelo, predicazione, vincolo filiale col proprio vescovo. Tutto sembra procedere nella tranquillità e libertà, quando, la persecuzione, si abbatte insidiosa e feroce sulla chiesa. Divenne fedele collaboratore del vescovo di Nola, Massimo, che, durante l’ultima persecuzione contro i cristiani, lasciò Nola per rifugiarsi in luogo deserto, lasciando in città il prete Felice che voleva come suo successore. Ma Felice fu imprigionato e torturato, poi liberato miracolosamente da un angelo che lo condusse nel luogo deserto, dove il vecchio vescovo Massimo era moribondo, consumato dagli stenti e dalle sofferenze. Lo rifocillò con il succo di uva miracolosa e poi caricatolo sulle spalle, lo riportò a Nola, affidandolo alle cure di una anziana cristiana.

Durante la sospensione della persecuzione, Felice poté riprendere il suo ministero sacerdotale, ma, quando ricominciarono le persecuzioni, Felice è fatto ancora oggetto di odio ma il Signore lo salva sempre con interventi divini e straordinari. Ora non facendolo riconoscere, ora nascondendolo dietro un improvviso terrapieno e una tela miracolosamente intessuta da un ragno. Sfuggì alla cattura rifugiandosi in una cisterna disseccata, dove per sei mesi fu alimentato, senza essere conosciuto, da una pia donna. Cessata definitivamente la persecuzione con la pace di Costantino, nel 313, Felice ritorna a Nola, dove, morto il vecchio vescovo Massimo, viene candidato a succedergli, ma egli rifiuta a favore del prete Quinto, rinuncia anche ai beni che gli erano stati confiscati e trascorre il resto dei suoi giorni nella povertà e nel lavoro. Nonostante Felice non sia stato ucciso, è stato riconosciuto come martire per le numerose sofferenze subite durante la sua vita. Il suo corpo è seppellito presso le Basiliche paleocristiane di Cimitile. La sua tomba fu detta “Ara Veritatis”, perché gli si attribuiva particolare efficacia contro la falsa testimonianza. Felice morì il 14 gennaio 313; patrono di Cimitile

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in collaborazione con Don Riccardo Pecchia.

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