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La tradizione della “centa”

Per meglio comprendere e proseguire la lettura di questo articolo è importante fare una premessa: ci troviamo a Quaglietta, una frazione del comune di Calabritto in provincia di Avellino. Il borgo medievale con il suo castello, la chiesa e le case è situato su di un promontorio roccioso e domina dall'alto i campi sottostanti.

Carmela Mileo

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Per meglio comprendere e proseguire la lettura di questo articolo è importante fare una premessa: ci troviamo a Quaglietta, una frazione del comune di Calabritto in provincia di Avellino. Il borgo medievale con il suo castello, la chiesa e le case è situato su di un promontorio roccioso e domina dall'alto i campi sottostanti.

Introduzione
di Alex Vescino, Direttore

Per meglio comprendere e proseguire la lettura di questo articolo è importante fare una premessa: ci troviamo a Quaglietta, una frazione del comune di Calabritto in provincia di Avellino. Il borgo medievale con il suo castello, la chiesa e le case è situato su di un promontorio roccioso e domina dall’alto i campi sottostanti. La tradizione vuole che San Rocco ne sia il patrono e la forte devozione della popolazione porta centinaia di persone ogni anno in visita alla chiesa di Santa Maria ad Ripas, ove si trova l’altare e la statua di San Rocco.


Tradizione era la preparazione delle “cente”, da portare in processione nel giorno della festa del patrono San Rocco il 16 agosto. Qualche sera prima le persone che avevano questa devozione particolare si riunivano e decidevano che forma dare, la quantità di candele necessarie, la qualità delle stesse e tutti i necessari accessori dai fiori ai fiocchi, alle scritte o alle foto da affiggere. Le candele lunghe e spesse con lo stoppino lungo alla punta erano così perfette, slanciate, una muta preghiera verso il cielo.

Tutto aveva inizio da un desiderio, un voto. Si sa che nel cuore di ciascuno esiste un angolo di assoluta segretezza, di speranze o ringraziamento che si rendeva palese con l’offerta della “centa”. Per la realizzazione si partiva da una base in legno, solido, poi con fustelli di legno quale impalcatura, si dava vita alla centa. A volte erano alte e quadrate, le candele poste su più piani, altre più basse, ricche di fiocchi colorati, che cingevano la cera dal bianco candido al giallo oro, o quelle speciali sulle quali era stampata l’effige del santo o un motivo ornamentale particolare. Una volta ultimate venivano portate alla cappellina di Corso del Popolo da dove la sera dell’Assunta, giorno ultimo della novena, avrebbero raggiunto la Chiesa Santa Maria ad ripas per la benedizione. Il mattino seguente tenute in bilico sulla testa o portate a braccio avrebbero attraversato le strade del paese, gremite di gente, fino alla fine della processione e al ritorno, dopo i fuochi sul sagrato, messe in un angolo, ognuno poteva prenderne qualcuna da portare a casa come ricordo della giornata di festa in onore del santo. In futuro forse torneranno a fare quel percorso secolare, sorrette da un sentimento di fede oltre che da robuste braccia e forzuti colli di donne e ragazze che ancora si tramandano antiche usanze.

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