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Vocazione, mediazione e comunione

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[page_title]  In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i […]

In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro – dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

Gv 1,35-42

Sia lodato Gesù Cristo!
Tre aspetti della vita cristiana emergono dalla liturgia della parola di oggi: la vocazione, la mediazione e la comunione. Salta agli occhi proprio come primo aspetto quello della vocazione; chiamata e vocazione non si intendono solo per i sacerdoti, per le suore, frati, monaci, ecc., ma la vocazione interessa ogni aspetto del nostro essere cristiano. La vocazione alla vita per cui nessuno ha scelto di nascere, infatti siamo stati chiamati; la vocazione alla santità che abbiamo ricevuto con il battesimo, quando siamo stati chiamati per nome al fonte battesimale e li siamo morti al peccato con Cristo per risorgere alla vita nuova. Poi c’è la vocazione a fare la volontà di Dio in tanti ambiti della vita: chi il sacerdote, chi il papà, chi la mamma, e così via. Volendo essere ancora più pignoli, c’è anche la vocazione a compiere bene il proprio dovere in base ai carismi che il Signore ci ha dato; c’è chi sceglie di fare l’infermiere, il dottore, l’avvocato, l’insegnante e così via, in base alla propria predisposizione, al proprio animo.

Per sentire questa chiamata è importante fare silenzio intorno a noi. Samuele infatti, riceve la vocazione di notte. Il silenzio che dobbiamo fare tante volte durante la nostra vita, durante la nostra giornata è nel silenzio dalla televisione, dalla radio, dal telefono, da internet, dalle chiacchiere che si fanno con gli amici e con le amiche; un silenzio esteriore che in realtà ci permette di fare silenzio interiore. Quindi far tacere quello che San Paolo chiama “impudicizia“, ciò che sporca il nostro corpo, la nostra mente, il nostro cuore, tutte le passioni umane, le ossessioni che a volte ci creiamo per la ricerca delle cose della terra.

Solo nel silenzio interiore riusciamo a sentire, a percepire quella parola sottile del Signore, ma non basta! Non basta perché noi dobbiamo discernere ciò che Dio ci fa comprendere e questo lo possiamo fare solo nel confronto, ed ecco la mediazione, con il padre spirituale. Per Samuele sarà il profeta Eli, per i primi discepoli sarà Giovanni Battista e cioè qualcuno che ci indica Dio e la sua volontà, che ci fa conoscere meglio noi stessi perché come osservatore esterno può indicarci delle strade, delle opzioni che noi, vivendo una certa situazione, non riusciamo a cogliere.

Dopo la vocazione e la mediazione c’è la comunione. Infatti, noi attraverso la vocazione e la mediazione siamo alla ricerca di Dio. Nel vangelo di questa domenica, tratto da primo capitolo di Giovanni, Gesù parla per la prima volta e lo fa ponendo una domanda: cosa cercate? E’ importante per fare veramente la volontà di Dio che noi diventiamo consapevoli di chi cerchiamo. Tante volte noi pieghiamo Dio ai nostri interessi, giustifichiamo le nostre azioni rendendoci “giusti”, creandoci una religione a nostro gusto e consumo. Allora la domanda che Gesù ci pone “che cosa cercate”, noi la possiamo tradurre in perché la domenica veniamo a Messa? Cosa stiamo cercando in Dio? Gesù risponde alla domanda dei discepoli: “venite e vedrete”. Il “dove abiti” non indica tanto un luogo fisico, in quanto non c’è una descrizione della casa di Gesù, non sappiamo se abitava ancora con la mamma, se era presso un amico, se aveva una casa sua, non lo sappiamo. Sappiamo solo che aveva una dimora, ma questo “dove abiti” e “venite e vedrete” non indica il luogo fisico ma la comunione, infatti sono rimasti in ascolto di Gesù, “stettero con lui”. Non hanno creato l’immagine del Messia secondo quello che loro si aspettavano ma sono stati a conoscere Gesù in comunione con lui. Gesù in modo mirabile ha voluto rimanere in mezzo a noi nel sacramento dell’Eucarestia per fare comunione con noi ogniqualvolta veniamo all’altare per riceverlo. Gesù abita il nostro corpo, che noi dobbiamo tenere pulito, dice San Paolo, perché noi possiamo stare presso di lui.

La vocazione, la mediazione e la comunione con Cristo porta a cambiare esistenza, addirittura Simone diventa Pietro e Andrea non può tenere per sé questa conoscenza di Gesù ma parte per avvisare suo fratello. Diventa dunque apostolo, missionario; questa felicità, questa gioia che Cristo dà stando in comunione con lui e facendo la santa volontà di Dio porta a trasmettere agli altri questo desiderio di incontrare il Signore. Il “che cercate”, il “dove abiti” e il “venite e vedrete” devono trasformare il nostro essere qui ed ora in missionari: perché venite la domenica a Messa? Per stare con Gesù e fare in modo che Gesù stia in comunione con noi sempre in modo da renderci gioiosi anche nelle difficoltà. La felicità e la gioia di Cristo sono qualcosa che ci dà speranza nel dolore, che ci dà la forza di portare la croce. E’ una gioia che si trasmette e se vogliamo che la nostra chiesa si riempia di nuovo di anime che lodano il Signore, allora dobbiamo trasformare la nostra vita e trasmettere agli altri quello che abbiamo conosciuto stando con Gesù.

Ecco il cambiamento di esistenza di chi incontra il Signore con libertà di spirito, riconosce la propria vocazione, si confronta con un padre spirituale, porta la gioia del Cristo nel mondo così da attrarre quante più anime alla vigna del Signore. Questo è l’impegno che dobbiamo prendere davanti alla Vergine Santissima e dinnanzi ai nostri patroni; vogliamo prenderci l’impegno di chiarire chi stiamo cercando nella nostra esistenza, di fare comunione con Gesù quando lo abbiamo trovato, per riscoprire la nostra vocazione e portare la gioia nel mondo. La Vergine Maria e i nostri santi patroni ci aiutino in questo santo proposito.


(Omelia registrata e trascritta – Domenica 17 gennaio 2021)

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