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Avari e prodighi

Cerchio degli avari e prodighi, quarto cerchio nella struttura apparente, terzo ripiano del peccato attuale nella struttura segreta e perfettamente rispondente come posizione alla cornice degli avari e dei prodighi nel Purgatorio.

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Cerchio degli avari e prodighi, quarto cerchio nella struttura apparente, terzo ripiano del peccato attuale nella struttura segreta e perfettamente rispondente come posizione alla cornice degli avari e dei prodighi nel Purgatorio.

Inf VII-3

Inferno – Canto VII

Cerchio degli avari e prodighi, quarto cerchio nella struttura apparente, terzo ripiano del peccato attuale nella struttura segreta e perfettamente rispondente come posizione alla cornice degli avari e dei prodighi nel Purgatorio. Pluto è custode e simbolo di questo cerchio. Anch’egli rappresenta un peccato d’incontinenza quindi non può opporsi efficacemente a Dante che è sanato dalla virtù della Croce, però con oscure parole (Pape satan Pape sa tan aleppe) tenta di atterrirlo. Queste parole, che molti arabisti riconobbero come parole arabe suonano: «Bab sciaitan bab sciaitan aleb», cioè la porta del Diavolo, la porta del Diavolo resiste (oppure ha vinto). Per il cristiano che viene vincitore con la virtù della Croce la difficoltà del viaggio verrà dopo, cioè là dove troverà la porta di Dite, cioè la porta del Diavolo (Diavolo: Dite vedi Inf., XXXIV, 20) che è chiusa e che resiste perché manca la virtù dell’Aquila. Pluto con lo stesso pensiero di Minosse dice a Dante che, quantunque egli sia passato dalla prima porta, e abbia trovato fin lì una «ampiezza di entrare», sarà arrestato più giù alla seconda porta. E Virgilio «che tutto seppe» e comprese quindi le oscure parole di Pluto gli risponde che «non è senza cagion l’andare al cupo», che cioè è voluto dal Cielo il quale fece la vendetta dei demoni e (si sottointenda) aprirà la seconda porta che resiste chiusa. È naturale che Virgilio tenga anche a spiegare a Dante che Pluto «per poter ch’egli abbia» non gli potrà impedire di scendere la roccia appunto perché egli non può resistere alla virtù della Croce. Ed è naturale che Pluto quando apprende che la volontà di Dio infrangerà anche la seconda porta, anche quella bab sciaitan ch’egli dice chiusa, nel dolore della preannunziata sconfitta, cada a terra come le vele quando fiacca l’albero della nave (v. 13).

In questo quarto cerchio esce dalla roccia la fonte che forma poi la palude Stigia. L’acqua dell’Acheronte che rappresenta il peccato originale e quindi è potenzialmente tutto il peccato e che scorre nell’Inferno del peccato originale, riappare come Stige, fiume che bolle nell’Inferno della incontinenza, poi come Flegetonte fiume di sangue nell’Inferno della bestialità, poi come Cocito, lago gelato nell’Inferno della malizia: è sempre lo stesso male, il male che dalla sua prima forma di peccato originale si aggrava nelle sue tre forme del peccato attuale come dalla «selva» e dalla «piaggia» si aggrava nelle tre fiere che scompaiono tutte nell’ultima.

Ognuna delle quattro parti dell’Inferno è dunque simboleggiata da un fiume che la percorre e inoltre contiene una «ruina» lasciata dal Cristo come segno della sua vittoria e mezzo per superarla. Inferno del peccato originale, Acheronte e porta infranta. Inferno della incontinenza, Stige e la ruina dei lussuriosi. Inferno della bestialità Flegetonte, e rovina del Minotauro. Inferno della malizia, ponte rotto degli ipocriti e Cocito.

Ora si osservi che Stige sorge nell’Inferno della concupiscenza (incontinenza di concupiscibile) come una fonte che bolle, ma discesa «a piè delle maligne piagge grige», si allarga e ristagna in una palude di fango ove sono puniti gli accidiosi. La concupiscenza, amore tumultuoso di falso bene, si impaluda nell’accidia, mancato amore del bene vero. Concupiscenza e accidia, mancato amore del bene vero e amore del bene falso si rivelano ancora una volta come due effetti dello stesso disordine, e nel loro insieme costituiscono l’incontinenza che può essere di concupiscibile e di irascibile.

Inf VII-4

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