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I Vespri

La preghiera dei Vespri, la lode di Dio al tramonto. Breve presentazione delle sue origini e della sua struttura, per poter recuperare un tesoro di Tradizione.

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La preghiera dei Vespri, la lode di Dio al tramonto. Breve presentazione delle sue origini e della sua struttura, per poter recuperare un tesoro di Tradizione.

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«Elevatio manuum mearum sacrificium vespertinum» (Ps CXL 2): ancora una volta, per spiegare un’ora canonica, bisogna partire dal testo biblico; questo versetto di salmo (noto probabilmente agli esperti di liturgia tradizionale giacché è la prosecuzione del Dirigatur Domine, recitato durante l’incensazione offertoriale) parla quindi di un sacrificio, di un’offerta compiuta la sera. Un sacrificio particolare, però: non era l’oblazione nel sangue di animali, ma l’offerta dell’incenso. 

Il tramonto ha un ruolo importante per gli antichi: è interessante notare che in Genesi I i giorni della creazione sono scanditi dalla frase «et factum est vespere et mane, dies […]». Dal momento che quest’espressione è ripetuta non può trattarsi di un caso: nella cultura ebraica il giorno inizia dal tramonto, non dalla mezzanotte o dall’alba. Tuttora, gli ebrei interrompono ogni attività per osservare lo shabbat, il giorno del riposo, fin dal tramonto del venerdì, dal vespro appunto.

I cristiani quindi ereditano fin da subito questo sistema di preghiera, dove il sacrificio cruento del tempio offerto al mattino è sostituito dal nuovo sacrificio della Messa e il sacrificio serale continua a prevedere l’incenso, come vedremo successivamente.

Questo momento assunse il nome di Vesperum o Vespera, dal proto-italico *wesperos, che a sua volta riprende una radice proto-indo-europea inerente alla notte che ha dato esiti anche in greco, armeno e paleoslavo.

Di questa preghiera serale ci danno testimonianza già Papa Clemente I, discepolo di S. Pietro, e S. Ignazio di Antiochia, convertito al cristianesimo da S. Giovanni. Questo significa che la celebrazione vespertina era già presente agli albori della cristianità! Un monito per coloro che vogliono ridurre la vita di fede all’osso sostenendo che così si facesse nell’antichità.Intorno al IV secolo tale ufficio era chiamato Lucernalis o Lucernaria hora: di questi o di nomi molti simili ci danno testimonianza S. Ambrogio, S. Agostino, S. Efrem il Siro e S. Basilio Magno, tanto per citare alcuni autori.

I Vespri

Per quanto concerne la struttura, rimarremo su quanto è presentato dal rito romano tradizionale: piuttosto differenti sono gli schemi presentati dai riti ambrosiano e bizantino, pur mantenendo sempre una sinfonia di salmi (il salterio) e preci di composizione ecclesiastica (responsori, inni, orazioni…); la liturgia ci fornisce quindi una splendida testimonianza della duplice trasmissione del depositum fidei: sacra scrittura e Tradizione.

Il Vespro può essere primo, secondo o di feria: ogni festa ha i Primi Vespri, cioè la festa comincia dal tramonto del giorno precedente; sono dotati di secondi Vespri le domeniche e le feste dal grado semidoppio compreso in su; altrimenti si celebra il Vespro feriale. In ogni caso, nell’ufficiatura pubblica, il celebrante indossa il piviale sopra la cotta; la stola non è necessaria, a meno che la celebrazione non sia chiusa dalla benedizione eucaristica. Inoltre, nelle occasioni più solenni, possono pararsi in piviale altri ministri, detti pivialisti, addetti al canto delle antifone.

L’ora principia con il Deus, in adjutorium, Gloria e Alleluja, more solito. Segue la salmodia, composta di salmi e antifone, tratte dal proprio, dal comune o dalla feria corrente a seconda di quel che si celebra. V’è poi il capitolo, brevissimo brano scritturale, cui segue l’inno. In seguito, con la propria antifona, c’è il Magnificat, la lode cantata da Maria nel Vangelo (Lc I 46-55); durante il cantico viene incensato l’altare, il clero e il popolo come accade all’offertorio. In tempi penitenziali vi sono le preci feriali, poi vi è sempre l’orazione del giorno, eventualmente seguita dalle opportune commemorazioni. Inoltre, nei giorni dal semidoppio compreso in giù, vi sono i suffragi, particolari “commemorazioni fisse” (alla S. Croce, alla Beata Vergine, per la pace, al patrono del luogo…lungo il corso dei secoli vi furono varie usanze). Al termine la celebrazione si conclude con i consueti saluti liturgici. Soprattutto nel XX secolo era usanza esporre qui il Santissimo Sacramento, adorarlo e impartire la benedizione eucaristica secondo il rituale.

Oggi la preghiera del Vespro è forse quella più praticata a livello pubblico di tutte le celebrazioni dell’ufficio. Eppure, spesso la si celebra male: senza paramenti, senza incenso, senza canto…ma se si vuole mantenere la Tradizione tutti questi elementi vanno recuperati, soprattutto nelle feste maggiori, per poter veramente offrire a Dio il sacrificio vespertino della nostra devozione.

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