Le quaestiones che vanno dalla numero 84 alla numero 90 sono dedicate da San Tommaso al sacramento della penitenza. Il trattato su questo sacramento, tuttavia, è stato lasciato incompleto dal dottore angelico, che decise in seguito ad una esperienza mistica di non continuare la redazione della Summa theologica. Analizziamo quanto ci è rimasto circa la penitenza.
La quaestio 84 tratta della penitenza in quanto sacramento. Essa può essere definita sacramento poiché si costituisce come azione rituale che rappresenta simbolicamente la grazia che si riceve (a.1).
Quanto alla materia, San Tommaso distingue tra la materia prossima, costituita dagli atti del penitente, che si pente dei propri peccati, e la materia remota, costituita dai peccati stessi, che vengono detestati dal penitente e cancellati dalla grazia di Dio (a.2). La forma del sacramento, invece, è costituita dagli atti che compie il sacerdote e in modo particolare dalla formula di assoluzione: «Io ti assolvo …» (a.3).
Circa la necessità di questo sacramento, San Tommaso propone una distinzione: una cosa può essere necessaria o in modo assoluto o in modo condizionato. Il sacramento della penitenza è necessario in modo condizionato, poiché «non è necessario a tutti, ma a quelli che sono schiavi del peccato. […] è necessario dopo il peccato, come lo è la cura del corpo, dopo che si è incorsi in una malattia pericolosa» (a.5).
La quaestio 85 passa ad indagare un aspetto diverso della penitenza, parlandone non come sacramento, bensì come virtù. Infatti, la penitenza, intesa come atto del pentirsi, è una virtù o un atto di virtù, poiché implica l’esercizio di un habitus della volontà, che ci permette di pentirci di ciò di cui ci dobbiamo pentire (a.1). In quanto virtù, essa è una parte della giustizia, poiché «per emendarsi di un’offesa recata a qualcuno, non basta solo cessare di offenderlo, ma si richiede inoltre una certa compensazione […] come anche una retribuzione. […] Ora, le due cose appartengono alla materia della giustizia, poiché sono una specie di scambio» (a.3).
La quaestio 86 torna a trattare della penitenza come sacramento, evidenziandone gli effetti. Il primo e principale effetto è la remissione dei peccati mortali. Nessun peccato mortale può, infatti, essere rimesso in modo ordinario senza il sacramento della penitenza. Dio può perdonare anche al di fuori del sacramento, ma ciò avviene nei casi straordinari, ad esempio il pericolo di morte. Anche in questi estremi, tuttavia, è necessaria la penitenza almeno come virtù: infatti, «l’offesa del peccato mortale procede dal fatto che la volontà dell’uomo si è allontanata da Dio […] Perciò, per il perdono dell’offesa fatta a Dio, si richiede che la volontà dell’uomo muti in tal modo da convertirsi a Dio» (a.2). Ciò si ottiene esercitando la virtù della penitenza.
La remissione dei peccati veniali è affrontata nella quaestio 87. Essi sono rimessi dalla virtù della penitenza, che è sempre necessaria per la remissione del peccato (a.1). Tuttavia, secondo la tradizione della Chiesa non è necessaria, seppure rimane lodevole e consigliata, la confessione sacramentale dei peccati veniali. Essi, infatti, possono essere rimessi anche tramite i sacramentali, come l’aspersione con l’acqua benedetta, la benedizione pontificale, ecc. (a.3).
Un ulteriore effetto del sacramento della penitenza è la restituzione delle virtù, che con il peccato erano state perse, e di ciò tratta la quaestio 89. Con la penitenza, infatti, viene ridata all’uomo la grazia di Dio, dalla quale conseguono tutte le virtù gratuite o infuse (a.1). Se con il peccato mortale, perdiamo lo stato di grazia e, quindi, i doni ad essa legati, con la penitenza ci viene infusa nuovamente la grazia, la quale porta con sé anche i doni soprannaturali di Dio. Un effetto conseguente del sacramento è, perciò, il recupero da parte dell’uomo di quella dignità, che egli aveva perso con il peccato. Infatti, «l’uomo perde una doppia dignità a causa del peccato: una rispetto a Dio, un’altra rispetto alla Chiesa» (a.3). Questa dignità viene recuperata con la penitenza. Infine, bisogna considerare come effetto della penitenza la rivitalizzazione delle opere buone morte con il peccato. Infatti, esso toglie all’uomo tutti i meriti acquisiti tramite le opere buone e così queste non sono più capaci di condurre alla vita eterna. Questo impedimento «è tolto dalla penitenza, in quanto, per mezzo di essa, sono rimessi i peccati. Perciò, resta che le opere dapprima rese morte recuperano, con la penitenza, la capacità di condurre alla vita eterna chi le compì» (a.5).
La quaestio 90 è dedicata alle parti della penitenza in generale. La materia del sacramento, infatti, è data dagli atti del penitente, che si costituiscono in parti (a.1). In modo particolare, la natura del sacramento richiede tre parti: la contrizione, cioè «la volontà di ricompensare», la confessione dei peccati, tramite la quale «ci si assoggetta al giudizio del sacerdote», e la soddisfazione, tramite la quale «si compensa secondo il giudizio del ministro di Dio» (a.2). Queste tre azioni dell’uomo sono la materia del sacramento e in quanto tale sono necessarie alla sua validità.
Con quest’ultima quaestio termina lo scritto autografo di San Tommaso, che a partire dal 6 dicembre 1273 in seguito ad una misteriosa esperienza mistica si ritirò nel silenzio fino alla morte avvenuta il 7 marzo 1274. Le motivazioni di questo brusco cambiamento e la storia della redazione della parte finale della Summa theologica saranno oggetto del prossimo articolo.