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L’Abito Ecclesiastico – I

Di fatto si sta assistendo alla più grande decadenza dell’abito ecclesiastico. Le esibizioni sono di tutti i gusti e le riviste non hanno pudore di nascondere quanto la legge non ammette.
Precisazione disciplinare indirizzata il 20 agosto 1972
ai Superiori dei due Seminari diocesani di Genova

Ritengo di attirare la attenzione su un problema, che sta diventando della massima importanza: quello dell’abito ecclesiastico.

Ecco i termini del problema.

Abito ecclesiastico “normale” è soltanto la “talare”. Così ha deciso la CEI nel marzo 1966. È semplicemente permesso l’uso del “clergyman” con forti restrizioni: no per l’esercizio del ministero, per la amministrazione dei Sacramenti e dei Sacramentali, per la celebrazione della santa Messa, per la predicazione e per la scuola di religione.

Questa disposizione della CEI è completata dalle indicazioni che il decreto citato dà circa il clergyman: nero o grigio ferro con il colletto detto romano. Questo colletto, che esclude maglioni, camicie ed altro, diventa l’elemento più qualificante dell’abito “tollerato”.

Alle disposizioni della CEI, il cui Decreto era stato autorizzato dalla Santa Sede, sono tenuti i Religiosi di qualunque genere.

Infine, data l’origine del citato Decreto, non esiste autorità anche diocesana che possa sopprimerne o mutarne le norme, alterarne in qualunque maniera il disposto o concedere che il tutto sia supplito da una minuscola crocetta all’occhiello, del tutto incapace di fare individuare facilmente il Ministro del culto cattolico.

Di fatto si sta assistendo alla più grande decadenza dell’abito ecclesiastico. Le esibizioni sono di tutti i gusti e le riviste non hanno pudore di nascondere quanto la legge non ammette. Per grazia di Dio nella nostra Diocesi, salvo qualche originalità, qualche frettolosa spogliazione per intrufolarsi a vedere giochi e cose simili, l’enorme maggioranza del clero usa la sola talare ed il numero di coloro che usano il clergyman è assai ridotto. Ma, senza una visione delle proprie responsabilità e di quanto ci accade intorno, rischiamo che domani, qui, sarà come è già dolorosamente altrove.

Ora, dinanzi alla Legge e dinanzi agli abusi spudorati coi quali la si offende, Noi invitiamo a fare chiare e definitive considerazioni, fermo restando che dalla inosservanza di una Legge non si può certo attendere il beneplacito divino.

l. L’abito condiziona fortemente e talvolta forgia addirittura la psicologia di chi lo porta.

L’abbigliamento, infatti, impegna per la vestizione, per la sua conservazione, per la sostituzione. È la prima cosa che si vede, l’ultima che si depone. Esso ricorda impegni, appartenenze, decoro, colleganze, spirito di corpo, dignità! Questo fa in modo continuo. Crea pertanto dei limiti alla azione, richiama incessantemente tali limiti, fa scattare la barriera del pudore, del buon nome, del proprio dovere, della risonanza pubblica, delle conseguenze, delle malevoli interpretazioni. Obbliga a riflettere, a contenersi, ad essere in consonanza con l’ambiente al quale l’abito ci ascrive. Ha la capacità di dare, per salvaguardare quel pudore, una forza che senza di esso non esisterebbe affatto; riesce ad impedire che si oltrepassino certe soglie; trattiene le espansioni, le curiosità morbose. Un sorvegliante attento non riuscirebbe ad impedire quanto può impedire l’abito che si porta e che ci qualifica.

Per tale motivo, da sempre, le civiltà, in tutte le forme, anche rimaste congelate nei secoli, hanno affidato alle divise il compito di conservare compattezza, lucidità circa i propri obblighi, le proprie funzioni, le proprie responsabilità.

Le rivoluzioni che hanno voluto distruggere tutto, sovvertendo la funzione delle divise, hanno dovuto ben presto cedere a farne altre. Sottovalutare nei confronti della umana natura la importanza dell’abito e delle divise è non capire affatto la natura, la storia, la debolezza umana. la labilità della psicologia degli uomini e delle donne.

Tutto questo porta ad una chiara conclusione, alla quale rimando.

L’Abito Ecclesiastico – I

Precisazione disciplinare del Card. Giuseppe Siri rivolta ai Superiori dei due seminari genovesi nel 1972 circa l’abito ecclesiastico.

Fonte: www.cardinalesiri.it

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