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Carlo Acutis: patrono della rete?

Una storia intensa di un quindicenne venerabile.

di Marco Chiaramonte

Carlo Acutis nasce il 3 maggio 1991, in un’agiata famiglia milanese. Trascorre la sua infanzia circondato dall’amore dei suoi genitori ed imparando fin da piccolo ad amare il Signore. Era simpaticissimo, amava studiare, gli piaceva stare con gli amici, giocare a pallone, faceva il catechista, suonava il sassofono ed era un grande appassionato di informatica. In quest’ultima era molto portato: aveva imparato da solo a usare il linguaggio di programmazione dei computer. Differiva dai suoi coetanei per l’amore verso Gesù.  A soli sette anni ricevette la Prima Comunione. Lui definiva l’Eucaristia la sua: “autostrada per il cielo”. Da quel giorno il centro della sua giornata furono la Santa Messa, il Rosario quotidiano e l’adorazione prima o dopo la Messa. Era convinto infatti che quando “ci si mette di fronte al sole ci si abbronza… ma quando ci si mette dinnanzi a Gesù Eucaristia si diventa santi”. Riteneva inoltre che: ”Noi siamo più fortunati degli Apostoli che vissero 2000 anni fa con Gesù: per incontrarLo basta che entriamo in chiesa. Gerusalemme l’abbiamo sotto casa». Si confessa frequentemente perché «come la mongolfiera per salire in alto ha bisogno di scaricare i pesi, così l’anima per levarsi al Cielo ha bisogno di togliere anche quei piccoli pesi che sono i peccati veniali». La madre di Carlo descrive il figlio come: “un ragazzo normale, che ha portato Dio nella vita quotidiana ovunque andasse”. https://m.youtube.com/watch?v=ThyL1aTyatc In un mondo basato sull’effimero e sulla volgarità, Carlo testimonia Gesù e il suo Vangelo, quasi ormai dimenticato o osteggiato dalla maggior parte. Non ha paura di andare contro-corrente, contro la mentalità odierna. Diceva infatti: «Tutti nascono come degli originali, ma molti muoiono come fotocopie» e ancora: «La conversione non è altro che lo spostare lo sguardo dal basso verso l’alto, basta un semplice movimento degli occhi».

 Era un grande devoto della Madonna. I suoi modelli di santità erano i pastorelli di Fatima, San Luigi Gonzaga, San Domenico Savio e San Tarcisio martire per l’Eucarestia. La madre spiega: « Il mio auspicio è che Carlo possa essere un incoraggiamento per tanti giovani a non perdere la speranza e soprattutto a non perdere il rapporto speciale con Dio, anzi mettendo Dio al primo posto come ha fatto lui ». 

Dato il suo amore per l’Eucaristia e la sua bravura al computer decide di fare una mostra sui Miracoli Eucaristici di tutto il mondo. Il sito della mostra é tutt’ora online: http://www.miracolieucaristici.org/it/Liste/list.html

Nel quartiere é conosciuto da tutti: quando passa in bicicletta si ferma a salutare i portinai, molti sono extracomunitari di religione musulmana, induista. Racconta loro di sé, della sua fede, e loro ascoltano quel ragazzino così simpatico, affabile. A pranzo fa mettere nei contenitori il cibo che avanza per portarlo ai clochard della zona. A casa, come collaboratore domestico c’è Rajesh, induista, bramino. Tra lui e Carlo nasce un’amicizia profonda racconta Rajesh: «Mi diceva che sarei stato più felice se mi fossi avvicinato a Gesù. Mi sono fatto battezzare cristiano perché è stato lui che mi ha contagiato e folgorato con la sua profonda fede, la sua carità e la sua purezza. L’ho sempre considerato fuori dal normale perché un ragazzo così giovane, così bello e così ricco normalmente preferisce fare una vita diversa». Ma per Carlo i soldi non si possono sprecare. Con i risparmi compra un sacco a pelo per il barbone che vede quando va a messa in Santa Maria Segreta, oppure li dona ai Cappuccini di viale Piave, che servono i pranzi per i senzatetto.

Nell’estate 2006, in vacanza, Carlo chiede alla mamma: «Secondo te, devo farmi sacerdote?». La donna risponde semplicemente: «Lo capirai da solo. È Dio che te lo farà capire»

Carlo ripete: « Morirò giovane ». Nell’ottobre del 2006 si ammalò , apparentemente sembrò solo una semplice influenza, si trattava però di una leucemia fulminante. La madre racconta: « Quando è morto ho avuto la sensazione che fosse morto da santo: ha affrontato la malattia sempre con il sorriso, mai un lamento, sostenuto dalla luce della fede, non aveva paura. Diceva: “Muoio felice perché non ho mai sprecato un minuto della mia vita in cose che non piacciono a Dio”. Era sereno. Quando si è ammalato era molto consapevole: “Io da qui non esco vivo, ma ti darò tanti figli”, mi rassicurava. Pochi mesi prima di ammalarsi si era filmato e diceva che quando sarebbe arrivato a 70 chili era destinato a morire. Effettivamente è morto pesando 70 chili ». Pochi giorni prima aveva detto ai genitori: «Offro le sofferenze che dovrò patire al Signore per il Papa e per la Chiesa, per non fare il Purgatorio ed andare diritto in Paradiso». Le sofferenze arrivano. Ma all’infermiera che gli domanda come si sente risponde: «Bene. C’è gente che sta peggio. Non svegli la mamma che è stanca e si preoccuperebbe di più». Chiede l’Unzione degli infermi. Muore il 12 ottobre 2006. In occasione della traslazione della sua salma, avvenuta lo scorso anno, nel santuario della spogliazione di Assisi, il corpo é stato trovato incorrotto come è successo con altri Santi famosi, quale ad esempio S.Rita da Cascia.

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